Summa Teologica - I |
C. G., III, c. 108; De Malo, q. 16, a. 6
Pare che nell'intelletto dell'angelo ci possa essere la falsità.
1. La protervia rientra nella falsità.
Ma nei demoni, come afferma Dionigi [ De div. nom. 4 ], c'è una fantasia proterva.
Pare quindi che nell'intelletto dell'angelo ci possa essere la falsità.
2. La nescienza è causa di false valutazioni [ delle cose ].
Ma negli angeli, a quanto insegna Dionigi [ De cael. hier. 6,1 ], ci può essere la nescienza.
Quindi ci può essere [ anche ] la falsità.
3. Chiunque si allontana dalla verità della sapienza e ha una ragione depravata ha nel suo intelletto la falsità e l'errore.
Ora, Dionigi [ De div. nom. 7 ] attribuisce tutto ciò ai demoni.
Quindi nell'intelletto dell'angelo ci può essere la falsità.
Il Filosofo [ De anima 3,6 ] insegna che « l'intelletto è sempre vero ».
E S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 32 e 54 ] afferma che « soltanto della verità si ha intellezione ».
Ma gli angeli non possiedono altra conoscenza all'infuori di quella intellettiva.
Quindi nella conoscenza dell'angelo non vi può essere né inganno né falsità.
La vera analisi di questo problema dipende in gran parte da quello precedente.
Si è detto infatti [ a. 4 ] che l'angelo per conoscere non ha bisogno di formulare giudizi affermativi e negativi, ma gli basta intuire la quiddità delle cose.
Ora, al dire di Aristotele [ l. cit. ], l'intelletto riguardo alle quiddità è sempre nel vero, come il senso rispetto al proprio oggetto.
In noi tuttavia può insinuarsi accidentalmente l'inganno e la falsità, quando veniamo a conoscere l'essenza delle cose, a motivo di qualche composizione [ almeno implicita ]: o perché attribuiamo la definizione di una cosa a un'altra, oppure perché le parti di una definizione sono incompatibili; come se si volesse dare di una cosa questa definizione: animale quadrupede volatile ( mentre appunto non esiste un animale siffatto ).
Ma ciò accade per le cose composte, la cui definizione è desunta da elementi diversi, di cui uno funge da parte materiale rispetto all'altro.
Nell'intellezione delle quiddità semplici invece non ci può essere falsità, come insegna Aristotele [ Met. 9,10 ]: poiché tali quiddità o non sono raggiunte affatto, e allora non conosciamo nulla intorno ad esse, oppure sono conosciute come sono realmente.
Perciò nell'intelletto di qualsiasi angelo, di per sé, non ci può essere né falsità, né errore, né inganno; tuttavia ciò può accadere accidentalmente.
In modo comunque diverso da come avviene in noi.
Noi infatti raggiungiamo talora il concetto della quiddità per mezzo di giudizi affermativi e negativi, come quando ricerchiamo una definizione per esclusione, o mediante una dimostrazione.
Ora, ciò non si verifica negli angeli, poiché essi nel conoscere la quiddità di una cosa conoscono insieme tutte le proprietà che le appartengono.
È chiaro però che la quiddità di una cosa può servire di base per conoscere tutto ciò che ad essa appartiene o ripugna nell'ordine naturale, non già per conoscere ciò che dipende da una disposizione soprannaturale di Dio.
Quindi gli angeli buoni, avendo una volontà retta, dalla conoscenza della quiddità di una cosa non formulano alcun giudizio su ciò che la riguarda nell'ordine naturale se non presupponendo la disposizione divina.
E così in essi non può insinuarsi né la falsità né l'errore.
I demoni invece, avendo sottratto con volontà perversa l'intelletto alla sapienza divina, portano talora un giudizio assoluto sulle cose secondo la loro condizione naturale.
E in ciò che appartiene naturalmente ad esse non si ingannano.
Possono però ingannarsi in tutto ciò che può trovarsi in esse di soprannaturale: osservando p. es. un morto, giudicheranno che non debba più risorgere; oppure vedendo l'uomo Cristo potranno pensare che egli non sia Dio.
1. Da quanto si è detto appare evidente la risposta da darsi alle obiezioni mosse nei due sensi.
Infatti troviamo la protervia nei demoni in quanto non sono sottomessi alla sapienza divina.
- Negli angeli poi c'è la nescienza non già rispetto alle cose che si possono conoscere naturalmente, ma rispetto al soprannaturale.
- È pure evidente infine che l'intelletto è sempre nel vero quando coglie la quiddità delle cose, e non può cadere nella falsità altro che accidentalmente, quando cioè è ordinato indebitamente a qualche composizione o divisione.
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