Summa Teologica - I

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Articolo 9 - Se la ragione superiore e quella inferiore siano potenze distinte

In 2 Sent., d. 24, q. 2, a. 2; De Verit., q. 15, a. 2

Pare che la ragione superiore e quella inferiore siano potenze distinte.

Infatti:

1. Dice S. Agostino [ De Trin. 12, cc. 4,7 ] che l'immagine della Trinità si trova nella parte superiore della ragione, non in quella inferiore.

Ma le parti dell'anima non sono altro che le sue potenze.

Quindi la ragione superiore e quella inferiore sono due potenze.

2. Nessuna entità ha origine da se stessa.

Ma la ragione inferiore nasce da quella superiore, da cui è regolata e diretta.

Quindi la ragione superiore è una potenza distinta da quella inferiore.

3. Afferma il Filosofo [ Ethic. 6, cc. 1,5 ] che il « potere scientifico » dell'anima, per il quale essa conosce le verità necessarie, è un principio e una parte dell'anima ben distinta dal « potere opinativo e raziocinativo », col quale essa conosce le realtà contingenti.

E lo prova col dire che « per gli oggetti che sono di un genere differente vi è una parte dell'anima di genere differente ».

Ora, il contingente e il necessario sono cose di genere diverso, come il corruttibile e l'incorruttibile.

Siccome poi il necessario si identifica con l'eterno, e ciò che è temporale con il contingente, pare che ci sia identità tra quello che il Filosofo chiama « potere scientifico » e la parte superiore della ragione, che per S. Agostino [ De Trin. 12, c. 7.10 ] « è ordinata a contemplare e a consultare le verità eterne »; e pare pure che siano la stessa cosa ciò che il Filosofo chiama « potere raziocinativo », oppure « opinativo », e la ragione inferiore, che per S. Agostino [ De Trin. 12, c. 7.10 ] « è chiamata a ordinare le realtà temporali ».

Quindi la ragione superiore dell'anima e la ragione inferiore sono potenze distinte.

4. Dice il Damasceno [ De fide orth. 2,22 ] che « dall'immaginazione nasce l'opinione; poi la mente, che è fatta per giudicare se un'opinione è vera o falsa, discerne la verità: mente infatti deriva da metiri [ misurare ].

Si parla dunque di intelletto quando intorno alle cose si è già formato un giudizio e stabilita una vera conclusione ».

Quindi la facoltà di opinare, che è poi la ragione inferiore, è distinta dalla mente o intelletto, che potremmo chiamare ragione superiore.

In contrario:

Dice S. Agostino [ De Trin. 12,4 ] che la ragione superiore e quella inferiore non si distinguono che per le loro funzioni.

Non sono quindi due potenze.

Dimostrazione:

La ragione superiore e la ragione inferiore, come le intende S. Agostino [ De Trin. 12, c. 7.10 ], in nessun modo possono essere due potenze.

Infatti egli dice che la ragione superiore è quella « che è ordinata a contemplare e a consultare le verità eterne »: a contemplarle in quanto le considera in se stesse, a consultarle in quanto ricava da esse le regole dell'agire.

Invece la ragione inferiore è, a suo dire, la facoltà « che si applica a disporre delle realtà temporali ».

Ora, questi due tipi di realtà, le temporali e le eterne, rispetto alla nostra conoscenza si presentano in questo rapporto, che le une sono il mezzo per conoscere le altre.

Seguendo infatti la via dell'indagine, mediante le realtà temporali arriviamo alla conoscenza delle realtà eterne, secondo il detto dell'Apostolo [ Rm 1,20 ]: « Le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute »; seguendo invece la via del giudizio, mediante le verità eterne già conosciute giudichiamo delle realtà temporali, e in base ai valori eterni le ordiniamo.

Può accadere però che la nozione che è servita da mezzo, e quella che è il termine a cui siamo arrivati col suo aiuto, appartengano ad abiti diversi: come i primi princìpi indimostrabili appartengono all'abito dell'intelletto, mentre le conclusioni che ne derivano appartengono all'abito della scienza.

E così pure avviene che dai princìpi della geometria si passa a trarre delle conclusioni nel campo di un'altra scienza, p. es. della prospettiva.

- Ma la facoltà della ragione che abbraccia il medio dimostrativo e la conclusione è la medesima.

Infatti l'atto della ragione è come un movimento che passa da una conoscenza a un'altra: ora, identico deve essere il mobile che, attraversando lo spazio intermedio, giunge al termine.

Quindi la ragione superiore e quella inferiore non sono che un'unica e identica potenza.

Si distinguono però, secondo S. Agostino [ De Trin. 12, cc. 4,14 ], per le funzioni dei loro atti e in base ai loro diversi abiti: infatti alla ragione superiore è attribuita la sapienza e a quella inferiore la scienza.

Analisi delle obiezioni:

1. La parola parte può essere usata per qualsiasi specie di partizione.

Quindi si può parlare di ragione superiore e inferiore come di parti in quanto la ragione si divide secondo le diverse funzioni, non perché siano potenze distinte.

2. Si dice che la ragione inferiore deriva dalla superiore, ed è da quella regolata, perché i princìpi di cui si serve la ragione inferiore sono dedotti e regolati dai princìpi della ragione superiore.

3. Il potere « scientifico » di cui parla il Filosofo non corrisponde alla ragione superiore: poiché si trovano nozioni scientifiche necessarie anche nelle realtà temporali, di cui si occupano le scienze naturali e la matematica.

Il « potere opinativo » o « raziocinativo » poi è qualcosa di meno della ragione inferiore, poiché abbraccia solo le realtà contingenti.

Tuttavia non si deve concludere puramente e semplicemente che altra è la potenza con cui l'intelletto conosce le realtà necessarie e altra quella con cui conosce le realtà contingenti: infatti conosce le une e le altre secondo una medesima ragione di oggetto, cioè secondo la ragione di ente e di vero.

Quindi conosce perfettamente le cose necessarie, che hanno un essere perfetto nella verità, in quanto percepisce la loro essenza, e in base a quella dimostra le loro proprietà.

Conosce invece imperfettamente le realtà contingenti: appunto perché queste hanno un essere imperfetto e una verità imperfetta.

Ora, la perfezione e l'imperfezione nell'atto non possono produrre una distinzione tra le potenze.

Producono però delle differenze tra gli atti quanto al modo di agire, e indirettamente tra i princìpi degli atti e tra gli stessi abiti.

Quindi il Filosofo distinse due parti nell'anima, il « potere scientifico » e il « raziocinativo », non perché siano due potenze, ma perché si distinguono in base a un'attitudine diversa a ricevere abiti diversi, della cui diversità egli si occupa in quel luogo.

Infatti gli enti contingenti e quelli necessari, benché differiscano nel genere, tuttavia concordano nella ragione comune di ente, che è l'oggetto dell'intelletto, e alla quale essi si rapportano rispettivamente come la perfezione e l'imperfezione.

4. La distinzione del Damasceno è basata sulla diversità degli atti, non su quella delle potenze.

Infatti l'opinione indica l'atto dell'intelletto che si porta verso una proposizione col timore che sia vera la sua contraddittoria.

Giudicare invece, o misurare, è l'atto dell'intelletto che applica dei princìpi certi alla critica [ o misura ] delle tesi proposte.

Da cui il termine mente.

L'intellezione, infine, indica l'adesione del giudicante unita a una certa approvazione.

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