Summa Teologica - I-II

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Articolo 4 - Se la volontà possa essere mossa da una causa esterna

I, q. 105, a. 4; q. 106, a. 2; q. 111, a. 2; Infra, q. 80, a. 1; q. 109, a. 2, ad 1; C. G., III, c. 89; De Verit., q. 22, a. 9; De Malo, q. 6; Quodl., 1, q. 4, a. 2

Pare che la volontà non possa essere mossa da cause esterne.

Infatti:

1. Il moto della volontà è un moto volontario.

Ma è nella natura delle realtà volontarie, come di quelle naturali, il derivare da un principio intrinseco.

Quindi il moto della volontà non deriva da un principio estrinseco.

2. La volontà è incompatibile con la violenza, come si è dimostrato [ q. 6, a. 4 ].

Ma il fatto violento si definisce: « Ciò che ha al di fuori il suo principio » [ Arist., Ethic. 3,1 ].

Quindi la volontà non può subire una mozione da parte di una realtà esterna.

3. Ciò che è già mosso efficacemente da un motore non ha bisogno di altre mozioni.

Ma la volontà muove già efficacemente se stessa.

Quindi non è mossa da un principio esterno.

In contrario:

La volontà, come si è visto [ a. 1 ], viene mossa dall'oggetto.

Ma l'oggetto della volontà può essere una realtà esterna presentata ai sensi.

Quindi la volontà può essere mossa da qualcosa di esterno.

Dimostrazione:

È evidente che la volontà può essere mossa da qualcosa di esterno quanto alla sua mozione da parte dell'oggetto.

Ma anche quanto all'esercizio dell'atto è necessario porre l'intervento di una causa esterna nella sua mozione.

Infatti ogni agente che è in atto e talvolta è in potenza ha bisogno di una mozione.

Ora, è evidente che la volontà comincia a volere qualcosa che prima non voleva.

È quindi necessario che sia mossa a volere da parte di qualche agente.

Infatti, come si è detto [ a. 3 ], la volontà muove se stessa, in quanto volendo il fine porta se stessa a volere le cose ordinate al fine.

Ma non può far questo senza una deliberazione: quando infatti uno desidera la guarigione comincia a pensare come conseguire lo scopo, e mediante tale pensiero arriva a comprendere che può essere sanato dal medico, e allora vuole il medico.

Ma poiché non ha sempre voluto in modo attuale la guarigione, è necessario che abbia iniziato a desiderarla sotto la spinta di un altro movente.

E se la volontà si fosse mossa da se stessa a volere questo, allora bisognerebbe che lo avesse fatto con un'altra deliberazione, presupponendo così un'altra volizione.

Ma qui non si può retrocedere all'infinito.

Quindi è necessario affermare che la volontà emette il suo primo moto volitivo sotto l'influsso di un motore estrinseco, come conclude Aristotele in un capitolo dell'Etica Eudemica [ 7,14 ].

Analisi delle obiezioni:

1. È nella natura dell'atto volontario di avere il suo principio dall'interno, ma non è necessario che tale principio intrinseco sia un primo principio non mosso da altro.

Quindi, sebbene il moto volontario abbia il suo principio prossimo all'interno, tuttavia il suo primo principio è al di fuori.

Come del resto è al di fuori il primo principio del moto naturale, quello cioè che muove la natura.

2. Per la nozione di violenza non basta che la causa di essa sia esterna, ma è necessario aggiungere: « senza che il paziente vi apporti alcun contributo » [ Arist., l. cit. nell'ob. ].

Ora, ciò non avviene quando la volontà è mossa da un principio estrinseco: poiché è essa che vuole, pur essendo mossa da altro.

Questa mozione sarebbe invece una violenza se fosse contraria al moto della volontà.

Ma ciò nel caso nostro è assurdo: poiché allora la volontà dovrebbe volere e non volere la stessa cosa.

3. La volontà, per certe cose e nel proprio ambito, cioè come agente immediato, muove efficacemente se stessa; ma non può muovere se stessa in tutto, come si è dimostrato [ nel corpo ].

Quindi ha bisogno di essere mossa da altro come dal primo motore.

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