Summa Teologica - I-II |
Supra, a. 5, ad 4; infra, q. 73, a. 7; In 4 Sent., d. 16, q. 3, a. 2, sol. 3; De Malo, q. 2, aa. 6, 7
Pare che una circostanza non possa rendere l'atto specificamente buono o cattivo.
1. La specie di un atto è desunta dall'oggetto.
Ma le circostanze non sono l'oggetto.
Quindi le circostanze non possono determinare la specie dell'atto.
2. Le circostanze sono come gli accidenti dell'atto morale, secondo le spiegazioni già date [ q. 7, a. 1 ].
Ma gli accidenti non costituiscono la specie.
Quindi una circostanza non può costituire una specie del bene o del male.
3. Un'unica realtà non può avere più di una specie.
Ma un atto ha sempre più di una circostanza.
Quindi la circostanza non può rendere un atto morale specificamente buono o cattivo.
Il luogo è una circostanza.
Ora, il luogo costituisce la malizia specifica di un atto morale: infatti rubare qualcosa da un luogo sacro è un sacrilegio.
Quindi le circostanze rendono l'atto morale specificamente buono o cattivo.
Come le specie degli esseri naturali sono costituite dalle forme naturali, così le specie degli atti morali sono costituite dalle forme concepite dalla ragione nella maniera già indicata [ a. 5 ].
Ora, essendo la natura determinata a un unico effetto, e non potendo d'altra parte essere indefinito il processo naturale, è necessario giungere a una forma ultima da cui venga desunta la differenza specifica, e dopo la quale non si possano dare altre differenze specifiche.
E da ciò segue che nelle realtà naturali un elemento accidentale non può mai diventare costitutivo della specie.
Ma il processo razionale non è determinato a un unico effetto: anzi, posta una qualsiasi determinazione, si può sempre procedere oltre.
Quindi ciò che in un atto viene considerato come una circostanza aggiunta all'oggetto che ne determina la specie, può essere nuovamente considerato dalla ragione ordinante come una delle condizioni principali dell'oggetto determinante la specie dell'atto.
L'atto di prendere la roba altrui, p. es., viene specificato dal fatto che si tratta di roba altrui, il che lo specifica come furto; e se si considerano oltre a ciò il luogo e il tempo, saranno delle circostanze.
Ma poiché la ragione può disporre del luogo e del tempo e delle altre circostanze, può capitare che la condizione del luogo in rapporto all'oggetto sia vista come contraria all'ordine della ragione: la ragione, p. es., ordina che non si deve fare oltraggio al luogo sacro, per cui prendere la roba altrui da un luogo sacro aggiunge una speciale contrarietà all'ordine della ragione.
E così il luogo, che prima era considerato una circostanza, ora viene considerato come una condizione principale dell'oggetto nella sua contrarietà alla ragione.
Per cui tutte le volte che una circostanza riguarda uno speciale ordine della ragione, in senso favorevole o contrario, è necessario che essa determini la specie dell'atto morale, o in bene o in male.
1. La circostanza, in quanto dà la specie all'atto, viene considerata una condizione dell'oggetto, come si è visto [ nel corpo ], e quasi una sua differenza specifica.
2. La circostanza che rimane semplice circostanza, essendo un accidente, non può specificare; può però specificare in quanto si muta in condizione principale dell'oggetto.
3. Non ogni circostanza può rendere l'atto morale buono o cattivo, poiché non ogni circostanza implica una particolare conformità o ripugnanza con la ragione.
Per cui non è necessario che un atto si trovi in più specie per le molte circostanze, sebbene non ripugni che un atto morale si trovi in più specie morali, anche disparate, come si è visto [ a. 7, ad 1; q. 1, a. 3, ad 3 ].
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