Summa Teologica - I-II |
II-II, q. 141, a. 4; In 4 Sent., d. 49, q. 3, a. 5, sol. 2; De Malo, q. 14, a. 4, ad 1
Pare che i piaceri del tatto non siano superiori a quelli degli altri sensi.
1. Il piacere più grande sembra essere quello la cui esclusione fa cessare tutte le gioie.
Ora, tale è il godimento della vista, poiché sta scritto in Tobia [ Tb 5,10 ]: « Che gioia posso ancora avere? Sono un uomo cieco; non vedo la luce del cielo ».
Quindi il piacere della vista è il massimo dei piaceri sensibili.
2. Come dice il Filosofo [ Ethic. 1,8; Reth. 1,11 ], « ognuno trova piacevole ciò che ama ».
Ma « fra tutti gli altri sensi si ama maggiormente la vista » [ Met. 1,1 ].
Quindi il piacere annesso alla vista è il più grande.
3. Il principio dell'amicizia voluttuosa è soprattutto la vista.
Ma la causa di tale amicizia è il piacere.
Quindi il piacere più grande si trova nel vedere.
Il Filosofo [ Ethic. 3,10 ] insegna che i piaceri più intensi sono quelli del tatto.
Come si è già detto [ q. 25, a. 2, ad 1; q. 27, a. 4, ad 1 ], ogni cosa è oggetto di piacere in quanto è oggetto di amore.
Ora i sensi, come dice Aristotele [ Met. 1,1 ], sono amati per due motivi: per la conoscenza e per l'utilità.
Quindi il piacere sensibile può derivare dall'una e dall'altra cosa.
Ma poiché apprendere la conoscenza stessa come un bene è proprio dell'uomo, i piaceri della prima categoria, cioè quelli che si risolvono nella conoscenza, sono propri dell'uomo, mentre i piaceri dei sensi connessi con l'utilità sono comuni a tutti gli animali.
Se quindi parliamo del piacere dei sensi che si risolve nella conoscenza, è chiaro che il godimento del vedere è superiore a quello degli altri sensi.
- Se invece parliamo del piacere che nasce dall'utilità, allora il piacere più grande è quello del tatto.
Infatti l'utilità sul piano sensibile si desume in ordine alla conservazione della natura animale.
Ora, i dati sensibili del tatto sono i più prossimi coefficienti di questa funzione o utilità: poiché il tatto ha per oggetto ciò che è costitutivo dell'animale, cioè il caldo, il freddo e altre simili cose.
Per cui i piaceri del tatto sono superiori, come più prossimi al fine.
E questo è anche il motivo per cui tutti gli altri animali, i quali non hanno il piacere dei sensi che per l'utilità annessa, negli altri sensi non provano piacere se non in ordine ai dati sensibili del tatto: come infatti scrive Aristotele [ Ethic. 3,10 ], « i cani non hanno piacere nell'odorare le lepri, ma nel mangiarle; e il leone non ha piacere nell'udire il bue che muggisce, ma nel divorarlo ».
Se poi uno volesse confrontare il piacere del tatto, che è quello più grande per l'utilità, con quello della vista, che è il più grande per la conoscenza, troverà che il piacere del tatto è assolutamente parlando più grande di quello della vista, considerato nell'ambito del piacere sensibile.
È evidente infatti che i dati naturali sono quelli preminenti in ogni ordine di cose.
Ora, tali sono i piaceri del tatto, a cui sono ordinati i desideri naturali del cibo, della sessualità e altre cose simili.
- Se però consideriamo il godimento della vista in quanto l'occhio serve all'intelletto, allora questi godimenti sono superiori, per lo stesso motivo per cui i piaceri di ordine intellettuale sono superiori a quelli sensibili.
1. Come si è detto sopra [ a. 3 ], la gioia sta a indicare il piacere dell'anima, il quale spetta soprattutto alla vista.
Ma il piacere naturale appartiene in massimo grado al tatto.
2. La vista, come dice Aristotele [ nello stesso luogo ], è sommamente amata « per la conoscenza, poiché ci rivela molte differenze delle cose ».
3. Il piacere causa l'amore carnale in maniera diversa dalla vista.
Infatti il piacere, specialmente quello del tatto, è causa finale dell'amicizia voluttuosa; la vista invece ne è causa come principio del moto: poiché mediante la vista viene a imprimersi [ nel soggetto ] l'immagine della realtà amata, che suscita l'amore e il desiderio del suo godimento.
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