Summa Teologica - I-II |
Supra, q. 4, a. 1, ad 3; infra, q. 34, a. 1, ad 1; II-II, q. 15, a. 3; q. 53, a. 6; In 4 Sent., d. 49, q. 3, a. 5, sol. 1, ad 4
Pare che il piacere non intralci l'uso della ragione.
1. La quiete è di massimo giovamento per il debito uso della ragione: per cui Aristotele [ Phys. 7,3 ] scrive che « sedendo e riposando l'anima diviene saggia e prudente »; e la Scrittura [ Sap 8,16 ] aggiunge: « Ritornato a casa, riposerò vicino a lei », cioè vicino alla sapienza.
Ma il piacere è una specie di quiete.
Quindi non intralcia, ma piuttosto favorisce l'uso della ragione.
2. Cose che non risiedono nel medesimo soggetto, anche se contrarie, non si intralciano a vicenda.
Ora, il piacere risiede nella parte appetitiva, mentre l'uso della ragione è nella parte conoscitiva.
Quindi il piacere non intralcia l'uso della ragione.
3. Una cosa che è ostacolata da un'altra, in qualche modo viene a essere trasmutata da essa.
Ora, l'uso della facoltà conoscitiva non è mosso dal piacere, ma piuttosto muove il piacere: infatti è causa di piacere.
Quindi il piacere non ostacola l'uso della ragione.
Il Filosofo [ Ethic. 6,5 ] insegna che « il piacere guasta il giudizio della prudenza ».
Come scrive Aristotele [ Ethic. 10,5 ], « i godimenti favoriscono le operazioni loro proprie e ostacolano quelle estranee ».
Ci sono dunque dei piaceri derivanti dallo stesso atto della ragione, come il godimento del contemplare o del ragionare.
E questo godimento non intralcia, ma favorisce l'uso della ragione: poiché le cose che piacciono vengono compiute con più attenzione [ cf. q. 4, a. 1, ad 3 ], e l'attenzione aiuta l'operazione.
Invece i piaceri del corpo ostacolano l'uso della ragione, per tre motivi.
Primo, a motivo della distrazione.
Poiché, come si è detto, alle cose che piacciono prestiamo molta attenzione; e quando l'attenzione si concentra su una cosa diminuisce rispetto alle altre, o se ne distoglie totalmente.
Se quindi il piacere corporale è grande, o impedisce totalmente l'uso della ragione, attirando a sé tutta l'attenzione dell'animo, oppure lo intralcia gravemente.
- Secondo, a motivo della contrarietà.
Ci sono infatti dei piaceri, specialmente quelli smodati, che sono contrari all'ordine della ragione.
E a questo proposito il Filosofo [ Ethic. 6,5 ] scrive che « i piaceri corporali guastano il giudizio discretivo della prudenza, non però il giudizio speculativo, come l'affermazione che il triangolo ha la somma degli angoli uguali a due retti »: poiché i piaceri non gli si contrappongono.
Invece la distrazione li ostacola entrambi.
- Terzo, a motivo di un certo legame: e questo perché il piacere corporale è accompagnato da un'alterazione fisiologica anche più forte che nelle altre passioni, e tanto più quanto più virulenta è l'impressione dell'oggetto presente rispetto a quella dell'oggetto assente.
E queste alterazioni fisiologiche intralciano l'uso della ragione: come è evidente nel caso degli ubriachi, nei quali l'uso della ragione è legato o impedito.
1. Il piacere corporale implica certamente la quiete dell'appetito nell'oggetto piacevole, ma tale quiete contrasta talvolta con la ragione; esso poi implica sempre un'alterazione del corpo.
E per questi due motivi ostacola l'uso della ragione.
2. Le facoltà appetitive e conoscitive sono certamente parti diverse, ma di una sola anima.
E così quando l'attenzione dell'anima si applica fortemente all'operazione dell'una, subisce un impedimento all'operazione contraria dell'altra.
3. L'uso della ragione richiede il debito uso dell'immaginazione e delle altre facoltà sensitive, che si servono di organi corporei.
Quindi esso viene ostacolato dalle alterazioni fisiologiche, per l'impedimento subito dall'immaginativa e dalle altre potenze sensitive.
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