Summa Teologica - I-II |
In 2 Ethic., lect. 3
Pare che le virtù morali non siano compatibili con le passioni.
1. Scrive il Filosofo [ Topic. 4,5 ] che « è mite chi non sente la passione; è invece paziente chi la sente e non si lascia trasportare da essa ».
E lo stesso vale per tutte le virtù morali.
Quindi tutte le virtù morali escludono le passioni.
2. La virtù, dice Aristotele [ Phys. 7,3 ], è una buona disposizione dell'anima, come la salute lo è del corpo: infatti Cicerone [ Tusc. disp. 4,13 ] scrive che « la virtù sembra essere la salute dell'anima ».
Invece egli chiama le passioni « malattie dell'anima ».
Ma la salute è incompatibile con le malattie.
Quindi anche le virtù sono incompatibili con le passioni.
3. Le virtù morali richiedono il perfetto uso della ragione anche nei casi singolari.
Ma ciò viene impedito dalle passioni: infatti il Filosofo [ Ethic. 6,5 ] insegna che « i piaceri distruggono il giudizio [ concreto ] della prudenza »; e Sallustio [ Catil. 51 ] aggiunge che « l'animo non percepisce facilmente il vero quando intervengono quei sentimenti », cioè le passioni dell'animo.
Quindi le virtù morali non sono compatibili con le passioni.
Scrive S. Agostino [ De civ. Dei 14,6 ]: « Se la volontà è cattiva, questi moti saranno cattivi », cioè i moti delle passioni; « se invece è buona, non solo saranno innocenti, ma addirittura lodevoli ».
Ora, nessun atto lodevole è incompatibile con le virtù morali.
Quindi le virtù morali non escludono le passioni, ma possono coesistere con esse.
Sull'argomento, come riferisce S. Agostino [ De civ. Dei 9,4 ], gli Stoici e i Peripatetici erano in disaccordo.
Infatti gli Stoici ritenevano che le passioni non possano trovarsi nel sapiente, ossia nel virtuoso, mentre i Peripatetici, la cui setta risale ad Aristotele, ritenevano che le virtù morali fossero compatibili con le passioni moderate, come ricorda ancora S. Agostino [ De civ. Dei 9,4 ].
Però questo contrasto, come nota lo stesso S. Agostino [ De civ. Dei 9,4 ], era più di parole che di concetti.
Infatti gli Stoici non distinguevano l'appetito intellettivo, che è la volontà, dall'appetito sensitivo, che si divide in irascibile e concupiscibile: quindi non potevano distinguere le passioni dagli altri affetti dell'uomo che non sono passioni fondandosi, come i Peripatetici, sulla distinzione dell'appetito sensitivo da quello intellettivo, cioè dalla volontà, ma solo basandosi sul fatto che chiamavano passioni gli affetti contrastanti con la ragione.
Ora questi, se sono dovuti a una deliberazione, non possono trovarsi in un uomo saggio o virtuoso.
Se però nascono all'improvviso possono verificarsi anche nella persona virtuosa: poiché, come diceva Aulo Gellio, stando alla citazione di S. Agostino [ De civ. Dei 9,4 ], « non è in nostro potere che talora non turbino l'animo le apparizioni interiori che si dicono fantasie; e quando queste provengono da eventi temibili, necessariamente commuovono l'animo della persona saggia, in modo che questa risulta alquanto spaventata dal timore, o rattristata dal dolore, sotto la spinta di passioni che in qualche modo prevengono il compito della ragione, senza che ciò sia approvato o acconsentito ».
Se quindi denominiamo passioni gli affetti disordinati, questi non possono esistere nella persona virtuosa nel senso che si acconsenta ad essi dopo la deliberazione, come dicevano gli Stoici.
Se invece denominiamo passioni tutti i moti dell'appetito sensitivo, allora le passioni possono esistere nella persona virtuosa, in quanto sono subordinate alla ragione.
Per cui Aristotele [ Ethic. 2,3 ] afferma che « alcuni non si esprimono bene nel considerare le virtù come certe impassibilità e quieti, poiché ne parlano in senso assoluto »; mentre dovrebbero affermare che sono stati di quiete in rapporto a quelle passioni che nascono « come non si deve, e quando non si deve ».
1. Il Filosofo riporta questo esempio, come molti altri nei suoi libri di logica, seguendo non l'opinione propria, ma quella altrui.
Ora, qui abbiamo l'opinione degli Stoici, per i quali le virtù sarebbero senza le passioni dell'anima.
Opinione che il Filosofo [ l. cit. ] esclude, affermando che le virtù non sono stati di impassibilità.
- Tuttavia si potrebbe anche rispondere che il mite non sente le passioni nel senso di passioni disordinate.
2. L'argomento addotto, e tutti gli altri di Cicerone, valgono per le passioni in quanto stanno a indicare degli affetti disordinati.
3. Se nell'anima predomina con il consenso una passione antecedente, essa impedisce la deliberazione e il giudizio della ragione.
Se invece la passione è conseguente, e quasi comandata dalla ragione, allora favorisce l'esecuzione di ciò che la ragione comanda.
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