Summa Teologica - I-II |
Pare che possa esistere una virtù morale senza alcuna passione.
1. Quanto più una virtù morale è perfetta, tanto più vince le passioni.
Una volta quindi giunta alla sua perfezione deve essere totalmente priva di passioni.
2. Una cosa è perfetta quando è lontana dal suo contrario, ed è priva di ciò che la inclina verso di esso.
Ma le passioni inclinano al peccato, che è il contrario della virtù: infatti S. Paolo [ Rm 7,5 ] le chiama « passioni peccaminose ».
Quindi le virtù perfette escludono del tutto le passioni.
3. Mediante la virtù, al dire di S. Agostino [ De mor. Eccl. cc. 6,11,13 ], ci rendiamo conformi a Dio.
Ma Dio compie tutto senza passione.
Quindi una virtù perfettissima è incompatibile con qualsiasi passione.
Aristotele [ Ethic. 1,8 ] nota che « non c'è un uomo giusto il quale non goda di un'azione giusta ».
Ma la gioia è una passione.
Perciò la giustizia non può esistere senza una passione.
E molto meno le altre virtù.
Se chiamiamo passioni gli affetti disordinati, come facevano gli Stoici [ cf. a. 2 ], allora è chiaro che la virtù perfetta deve essere senza passioni.
- Se invece chiamiamo passioni tutti i moti dell'appetito sensitivo, allora è evidente che le virtù morali aventi nelle passioni la loro materia non possono esistere senza di esse.
E la ragione è che altrimenti la virtù morale renderebbe l'appetito sensitivo del tutto inerte.
Ora, non è compito delle virtù privare dei loro atti le potenze sottoposte alla ragione, ma le virtù hanno piuttosto il compito di promuoverne l'esercizio per eseguire il comando della ragione.
Come quindi la virtù ordina le membra del corpo agli atti esterni dovuti, così ordina l'appetito sensitivo ai moti rispettivi ben ordinati.
Le virtù morali invece che riguardano non le passioni, ma le operazioni [ della volontà ], possono anche essere senza passioni ( tale è, p. es., la virtù della giustizia ): poiché esse applicano la volontà al proprio atto, che non è una passione.
Tuttavia l'atto della giustizia è seguito da una gioia, nella volontà almeno, che non è una passione, ma che se aumenta per la perfezione della giustizia ridonderà fino all'appetito sensitivo, in base alla dipendenza del moto delle facoltà inferiori da quello delle facoltà superiori, secondo quanto abbiamo già visto [ q. 17, a. 7; q. 24, a. 3 ].
E per tale ridondanza quanto più una virtù è perfetta, tanto più causa la passione.
1. La virtù vince le passioni disordinate; quelle ben regolate invece le produce.
2. Le passioni portano al peccato se sono disordinate, non se sono moderate.
3. In ogni essere il bene va considerato secondo la condizione della sua natura.
Ora, in Dio e negli angeli non esiste, come invece esiste nell'uomo, l'appetito sensitivo.
Perciò il ben operare di Dio e degli angeli è del tutto senza passione, come è anche senza il concorso del corpo; invece il ben operare dell'uomo è accompagnato dalle passioni, come anche dall'aiuto del corpo.
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