Summa Teologica - I-II |
II-II, q. 23, a. 6, ad 1; In 4 Sent., d. 33, q. 3, a. 3
Pare che le virtù morali siano superiori a quelle intellettuali.
1. È certo migliore ciò che è più necessario e duraturo.
Ora, le virtù morali sono « più durature delle discipline » [ Arist., Ethic. 1,10 ], cioè delle virtù intellettuali; e sono anche più necessarie alla vita umana.
Esse quindi vanno preferite alle virtù intellettuali.
2. Rientra nella definizione della virtù « rendere buono chi la possiede » [ cf. q. 55, a. 3, s.c. ].
Ma un uomo viene detto buono per le virtù morali, non già per quelle intellettuali, se si eccettua la prudenza.
Perciò le virtù morali sono migliori di quelle intellettuali.
3. Il fine è superiore ai mezzi ad esso ordinati.
Ora, secondo Aristotele [ Ethic. 6,12 ] « la virtù morale rettifica l'intenzione del fine, mentre la prudenza rettifica la scelta dei mezzi ».
Quindi le virtù morali sono superiori alla prudenza, che è la virtù intellettuale in campo morale.
Le virtù morali, come nota Aristotele [ Ethic. 1,13 ], sono in un soggetto che è razionale per partecipazione; invece le virtù intellettuali risiedono in un soggetto razionale per essenza.
Ma la facoltà razionale per essenza è superiore alle facoltà razionali per partecipazione.
Quindi le virtù intellettuali sono superiori alle virtù morali.
Una cosa può essere superiore o inferiore [ a un'altra ] in due maniere: puramente e semplicemente oppure sotto un certo aspetto.
Infatti nulla impedisce che una cosa sia puramente e semplicemente superiore a un'altra, come « il filosofare rispetto all'arricchirsi », e tuttavia non lo sia sotto un certo aspetto, cioè « per chi è in necessità » [ cf. Arist., Topic. 3,2 ].
Ora, ogni cosa viene considerata per se stessa, ossia puramente e semplicemente , quando è considerata nella sua natura specifica.
D'altra parte abbiamo già visto [ q. 54, a. 2; q. 60, a. 1 ] che la virtù deriva la sua specie dall'oggetto.
Quindi di per sé è superiore quella virtù che ha un oggetto più alto.
Ora, è evidente che l'oggetto della ragione è più nobile di quello dell'appetito: poiché la ragione conosce le cose nella loro universalità, mentre l'appetito tende verso le cose nella loro esistenza concreta e particolare.
Perciò puramente e semplicemente le virtù intellettuali, che danno compimento alla ragione, sono superiori alle virtù morali, che perfezionano l'appetito.
Se però si considerano le virtù in ordine all'atto, allora è superiore la virtù morale che perfeziona l'appetito, il quale ha il compito di muovere le altre potenze all'atto, come si è spiegato in precedenza [ q. 9, a. 1 ].
- E poiché la virtù deriva il suo nome dall'essere principio di un qualche atto, essendo la perfezione di una potenza, ne segue che la nozione di virtù spetta più alle virtù morali che a quelle intellettuali; sebbene assolutamente parlando le virtù intellettuali siano abiti superiori.
1: Le virtù morali sono più durature di quelle intellettuali in quanto vengono esercitate in cose riguardanti la vita ordinaria.
È chiaro però che l'oggetto delle scienze, formato di princìpi necessari e immutabili, è più duraturo dell'oggetto delle virtù morali, costituito di azioni particolari da compiere.
- Il fatto poi che le virtù morali siano più necessarie alla vita non dimostra che sono superiori in senso assoluto, ma solo in questo senso relativo.
Anzi, le virtù intellettuali speculative, per il fatto che non sono ordinate ad altro come mezzi al fine, si rivelano superiori.
Infatti ciò si verifica perché con esse in qualche modo viene iniziata in noi la beatitudine, che consiste nella contemplazione della verità, come si è visto in precedenza [ q. 3, a. 6 ].
2. Un uomo viene detto buono in senso assoluto in forza delle virtù morali e non in forza di quelle intellettuali per il fatto che, come si è spiegato [ q. 56, a. 3 ], si deve all'appetito la mozione delle altre potenze ai loro atti.
Per cui ciò dimostra soltanto che le virtù morali sono superiori sotto un certo aspetto.
3. La prudenza guida le virtù morali non soltanto scegliendo i mezzi, ma anche prestabilendo il fine.
Ora, il fine di ogni virtù morale consiste nel raggiungere il giusto mezzo nella propria materia: e questo giusto mezzo viene determinato secondo la retta ragione della prudenza, come insegna Aristotele [ Ethic. 2,6; 6,13 ].
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