Summa Teologica - I-II |
II-II, q. 10, a. 2; In 2 Sent., d. 41, q. 2, a. 2; De Malo, q. 7, a. 6
Pare che la volontà non possa essere sede del peccato.
1. Dionigi [ De div. nom. 4 ] insegna che « il male è estraneo alla volontà e all'intenzione ».
Ma il peccato si presenta come un male.
Quindi non può trovarsi nella volontà.
2. La volontà ha per oggetto il bene, o il bene apparente.
Ma nel volere il bene la volontà non pecca; volere poi il bene apparente, che non è un vero bene, più che della volontà è un difetto delle facoltà conoscitive.
Quindi in nessun modo il peccato può risiedere nella volontà.
3. Come insegna il Filosofo [ Phys. 2,7 ], la causa efficiente e quella materiale non coincidono, per cui non possono essere identici il soggetto e la causa efficiente del peccato.
Ma la volontà è la causa efficiente del peccato: infatti, come scrive S. Agostino [ De lib. arb. 3,1.47 ], « la volontà è la prima causa dell'atto peccaminoso ».
Perciò non può esserne il soggetto.
S. Agostino [ Retract. 19 ] insegna che « si pecca e si vive rettamente mediante la volontà ».
Come si è già visto [ q. 21, a. 1; q. 71, aa. 1,6 ], il peccato è un atto.
Ora, tra gli atti ce ne sono di quelli che si esplicano sulla materia esterna, come bruciare o segare; e questi atti hanno come materia, o soggetto, la cosa su cui passa l'azione: infatti il Filosofo [ Phys. 3,3 ] scrive che « il moto è l'atto del soggetto mobile provocato dal soggetto motore ».
Ci sono invece degli atti che non passano nella materia esterna, ma rimangono nell'agente, come il desiderare e il conoscere: e di tale natura sono tutte le azioni morali, siano esse atti di virtù o di peccato.
Perciò è necessario che la sede propria dell'atto peccaminoso sia la potenza che ne è il principio.
E poiché le azioni morali hanno il carattere di atti volontari, secondo le spiegazioni date in precedenza [ q. 1, a. 1; q. 18, aa. 6,9 ], ne segue che la volontà, essendo il principio degli atti volontari, sia buoni che cattivi, è il principio anche dei peccati.
Perciò il peccato ha come sede propria la volontà.
1. Si dice che il male è estraneo alla volontà dato che questa non lo persegue sotto l'aspetto di male.
Siccome però certi mali sono beni apparenti, la volontà di fatto persegue talora qualche male.
E in questo modo il peccato può risiedere nella volontà.
2. Se il difetto delle facoltà conoscitive non dipende per nulla dalla volontà, allora è escluso qualsiasi peccato, sia nella volontà che nelle potenze conoscitive: come è evidente nel caso dell'ignoranza invincibile.
Perciò rimane stabilito che anche un difetto di ordine conoscitivo, se dipende dalla volontà, va imputato a peccato.
3. L'argomento addotto vale per le cause efficienti che esplicano i loro atti sulla materia esterna, e che muovono non se stesse, bensì altre cose.
Ma nella volontà avviene il contrario.
Perciò l'argomento non vale.
Indice |