Summa Teologica - I-II |
In 1 Sent., d. 46, q. 1, a. 2, ad 4; In 2 Sent., d. 36, q. 1, a. 3; De Malo, q. 1, a. 4, ad 1 sqq.; In Rom., c. 1, lect. 7
Pare che un peccato non possa essere punizione di altri peccati.
1. Le punizioni, come spiega il Filosofo [ Ethic. 10,9 ], sono state introdotte per riportare gli uomini al bene della virtù.
Ma il peccato non riporta l'uomo al bene, bensì al suo contrario.
Quindi un peccato non può essere punizione di altri peccati.
2. Le pene giuste, dice S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 82 ], vengono da Dio.
Ma il peccato non viene da Dio, ed è ingiusto.
Quindi un peccato non può essere la pena di un altro peccato.
3. È essenziale alla punizione l'essere contro la volontà.
Invece la colpa è volontaria, come si è dimostrato [ q. 74, aa. 1,2 ].
Quindi una colpa non può essere punizione di altri peccati.
S. Gregorio [ In Ez hom. 11 ] insegna che certi peccati sono punizioni di altri.
Parlando [ delle proprietà ] di un peccato si può distinguere ciò che è essenziale da ciò che è accidentale.
Ora, essenzialmente considerata una colpa non può mai essere la punizione di altre colpe.
Poiché il peccato è visto nella sua essenza in quanto promana dalla volontà: è così infatti che ha natura di colpa.
Invece il concetto stesso di pena implica che essa sia contro volontà, come si è spiegato nella Prima Parte [ q. 48, a. 5 ].
Perciò è evidente che, a rigore di termini, in nessun modo un peccato può essere la punizione di un altro peccato.
Accidentalmente considerato invece un peccato può essere la pena di altri peccati in tre modi.
Primo, quale removens prohibens [ togliendo cioè l'ostacolo che impediva la colpa ].
Ci sono infatti delle cause che spingono al peccato, come le passioni, le tentazioni diaboliche e altre cose del genere, che vengono impedite dalla grazia divina, che però è sottratta a causa del peccato.
Essendo quindi la sottrazione della grazia una pena inflitta da Dio, come sopra [ q. 79, a. 3 ] si è visto, ne segue che per accidens anche il peccato successivo può essere considerato una punizione.
E in questo senso l'Apostolo [ Rm 1,24 ] scrive: « Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore », che sono le passioni; in quanto cioè gli uomini, privi del soccorso della grazia divina, sono vinti dalle passioni.
E sotto questo aspetto il peccato è sempre la punizione di un peccato precedente.
Secondo, a motivo dell'atto in se stesso, che può implicare afflizione: il che avviene sia negli atti interni, come è evidente per l'ira e l'invidia, sia negli atti esterni, come nel caso di chi si espone a fatiche e a gravi danni per compiere l'atto peccaminoso, secondo l'espressione della Scrittura [ Sap 5,7 ]: « Ci siamo stancati nelle vie del male ».
- Terzo, a motivo dei suoi effetti: nel senso cioè che un peccato può essere detto punizione per gli effetti che lo accompagnano.
E in queste due ultime maniere un peccato è punizione non solo di una colpa precedente, ma anche di se stesso.
1. Il fatto stesso che alcuni sono puniti da Dio con la permissione di certi loro peccati è ordinato al bene della virtù.
E talora persino al bene di coloro che peccano: quando cioè questi risorgono dal peccato più cauti e più umili.
In ogni modo ciò avviene sempre a emendazione degli altri, i quali, vedendo il prossimo cadere di peccato in peccato, si trattengono maggiormente dal peccare.
- Se poi consideriamo la cosa in rapporto agli altri due aspetti, allora è chiaro che la pena è ordinata all'emendazione, poiché lo stesso patire fatica e danno peccando è fatto apposta per ritrarre l'uomo dalla colpa.
2. Il ragionamento vale se si considera il peccato nella sua essenza.
3. Lo stesso si dica della terza obiezioni.
Indice |