Summa Teologica - I-II |
Infra, q. 104, a. 3; q. 107, a. 2, ad 1; II-II, q. 93, a. 1; In 4 Sent., d. 1, q. 2, a. 5, sol. 3, 4; In Rom., c. 14, lect. 1; In Gal., c. 2, lect. 3; c. 5, lect. 1; In Coloss., c. 2, lect. 4
Pare che dopo la passione di Cristo si possano osservare le cerimonie legali senza peccato mortale.
1. Non è da credere che gli Apostoli abbiano peccato mortalmente dopo aver ricevuto lo Spirito Santo: infatti per la sua pienezza essi furono « rivestiti di potenza dall'alto » [ Lc 24,49 ].
Ma gli Apostoli osservarono le cerimonie legali dopo la discesa dello Spirito Santo: S. Paolo infatti circoncise Timoteo [ At 16,3 ], e dietro consiglio di S. Giacomo « prese con sé quegli uomini e il giorno seguente, fatta insieme con loro la purificazione, entrò nel tempio per comunicare il compimento dei giorni della purificazione, quando sarebbe stata presentata l'offerta per ciascuno di loro » [ At 21,26 ].
Perciò i precetti legali possono essere osservati dopo la passione di Cristo senza peccato mortale.
2. Evitare i contatti con i gentili rientrava nelle cerimonie della legge.
Ora, il primo pastore della Chiesa si attenne a questa norma, come riferisce S. Paolo [ Gal 2,12 ]: « Essendo venuti alcuni da parte di Giacomo, Pietro cominciò a evitare i pagani, e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi ».
Quindi si possono osservare le cerimonie legali dopo la passione di Cristo senza commettere peccato.
3. I comandi degli Apostoli non portarono certo gli uomini al peccato.
Ma proprio con un decreto degli Apostoli fu stabilito che i gentili osservassero certe cerimonie legali: infatti nella Scrittura [ At 15,28s ] si legge: « Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi alcun altro obbligo all'infuori di queste cose necessarie: astenervi dalle carni immolate agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dall'impudicizia ».
Quindi le cerimonie legali possono essere osservate senza peccato dopo la passione di Cristo.
L'Apostolo [ Gal 5,2 ] ammonisce: « Se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla ».
Ora, solo il peccato mortale impedisce il giovamento da parte di Cristo.
Quindi la pratica della circoncisione e delle altre cerimonie è peccato mortale, dopo la passione di Cristo.
Tutte le cerimonie sono altrettante professioni di quella fede che costituisce il culto interiore di Dio.
Ora, l'uomo può professare la sua fede interiore con gli atti e con le parole: e in entrambi i casi, se professa delle falsità, pecca mortalmente.
Ora, sebbene la fede che noi abbiamo di Cristo sia identica a quella che di lui avevano i Patriarchi, tuttavia, poiché essi precedettero Cristo mentre noi siamo a lui posteriori, la medesima fede viene espressa con verbi differenti.
Essi infatti dicevano [ Is 7,14 ]: « Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio »; usavano cioè verbi al futuro; noi invece ci serviamo del passato per esprimere la stessa cosa, dicendo che « concepì e partorì ».
E similmente le cerimonie dell'antica legge indicavano il Cristo che doveva ancora nascere e patire, mentre i nostri sacramenti lo indicano già nato e immolato.
Come quindi peccherebbe mortalmente chi adesso, nel professare la fede, dicesse che Cristo deve nascere, cosa che gli antichi invece dicevano con tutta pietà e verità, così peccherebbe mortalmente chi osservasse ancora le cerimonie che gli antichi osservavano con pietà e con fede.
E ciò corrisponde a quanto scrive S. Agostino [ Contra Faustum 19,16 ]: « Ormai non c'è più la promessa che Cristo deve nascere, patire e risorgere, come quei sacramenti in qualche modo ricordavano, ma c'è l'annunzio che egli è nato, ha patito ed è risorto, come dichiarano apertamente i sacramenti usati dai cristiani ».
1. Sull'argomento S. Girolamo e S. Agostino ebbero opinioni differenti.
Infatti S. Girolamo [ In Gal 2,11ss; Epist. 112 ] distingue due sole epoche.
Un'epoca anteriore alla passione di Cristo, in cui le norme legali non erano né morte, poiché conservavano la loro obbligatorietà e il loro potere espiatorio, né mortifere, poiché quanti vi erano fedeli non peccavano.
Però subito dopo la passione di Cristo esse cominciarono a essere non solo morte, cioè prive di valore e di obbligatorietà, ma anche mortifere: cosicché peccava mortalmente chiunque le osservava.
Per cui egli diceva che gli Apostoli non osservarono mai realmente le cerimonie legali dopo la passione, ma vi si attennero solo per una pia simulazione, per non scandalizzare i giudei e per non impedire la loro conversione.
Simulazione da non intendersi nel senso che essi non compissero realmente tali atti, ma nel senso che non li compivano quali cerimonie legali: come se uno, p. es., si facesse circoncidere non per adempiere l'obbligo legale, ma per igiene.
Essendo però poco conveniente che gli Apostoli nascondessero, per paura di scandalizzare, cose riguardanti la verità della morale e del dogma, e che usassero la simulazione in cose attinenti alla salvezza dei fedeli, con più ragione S. Agostino [ Epist. 82,2.4 ] distinse tre epoche.
Una prima precedente alla passione di Cristo, in cui le cerimonie legali non erano né mortifere né morte.
Una seconda invece posteriore alla promulgazione del Vangelo, in cui le cerimonie legali sono morte e mortifere.
Una terza infine intermedia, cioè includente il periodo fra la passione di Cristo e la divulgazione del Vangelo: in essa le cerimonie legali erano morte, poiché non avevano più alcun valore, e nessuno era più tenuto a osservarle, ma non erano mortifere, poiché i cristiani convertiti dal giudaismo potevano osservarle lecitamente, purché non ponessero in esse la loro speranza al punto di reputarle necessarie alla salvezza, come se la fede cristiana fosse stata incapace di giustificare senza di esse.
Per quelli poi che si convertivano dal paganesimo non c'era alcun motivo di osservarle.
E così S. Paolo circoncise Timoteo, che era nato da un'ebrea, mentre non volle circoncidere Tito, che era nato da genitori pagani.
Così dunque lo Spirito Santo non volle che agli ebrei fosse proibita subito l'osservanza delle cerimonie legali allo stesso modo in cui erano interdetti ai convertiti dal paganesimo i loro riti, per mostrare la differenza esistente tra l'uno e l'altro rito.
Infatti i riti pagani venivano ripudiati in quanto assolutamente illeciti, mentre i riti della legge antica, istituiti da Dio allo scopo di prefigurare Cristo, venivano a cessare solo in quanto ormai adempiuti nella passione di Cristo.
2. Secondo S. Girolamo [ l. cit. ], Pietro si sarebbe sottratto ai gentili fingendo, onde evitare lo scandalo dei Giudei, di cui era l'Apostolo.
Per cui in ciò non avrebbe peccato in alcun modo.
E Paolo lo avrebbe ripreso allo stesso modo con una finzione, onde evitare lo scandalo dei gentili, di cui era l'Apostolo.
Ma S. Agostino [ Epist. 82,2.4 ] riprova questa spiegazione: poiché S. Paolo in una Scrittura canonica, cioè nella lettera ai Galati, in cui sarebbe peccato credere che vi sia qualcosa di falso, afferma che Pietro « aveva torto » [ Gal 2,11 ].
Perciò realmente Pietro peccò; e S. Paolo lo riprese realmente, e non con una finzione.
Però Pietro non peccò per il fatto che osservava in tale epoca le cerimonie legali - poiché ciò era lecito a lui, che era convertito dal giudaismo -, ma perché le osservava con troppa diligenza per non scandalizzare i Giudei, provocando così lo scandalo dei gentili.
3. Alcuni ritengono che questa proibizione degli Apostoli non sia da prendersi alla lettera, ma in senso spirituale: cosicché nella proibizione del sangue si dovrebbe intendere quella dell'omicidio, nella proibizione degli animali soffocati la violenza e la rapina e in quella delle carni immolate la condanna dell'idolatria; la fornicazione sarebbe invece proibita come un male per se stessa.
Ed essi ricavano questa opinione da alcune glosse, che espongono in senso mistico tali precetti.
- Ma poiché l'omicidio e la rapina erano ritenuti peccaminosi anche presso i gentili, non sarebbe stato necessario rivolgere un precetto particolare su tali cose a quanti si erano convertiti a Cristo dal paganesimo.
Perciò altri ritengono che quei cibi furono proibiti in senso letterale, non tuttavia per favorire l'osservanza dei precetti legali, ma per mortificare la gola.
Infatti S. Girolamo [ In Ez 13 ], commentando quel passo di Ezechiele [ Ez 44,31 ]: « Qualsiasi animale morto », ecc., scrive: « Condanna quei sacerdoti che, attratti dalla gola, non rispettano queste norme riguardanti i tordi e altri uccelli consimili ».
Siccome però ci sono degli altri cibi più delicati e più atti ad attrarre la gola, non sembra che questo sia un motivo sufficiente per proibire questi cibi piuttosto che altri.
Perciò si deve rispondere, secondo una terza opinione, che queste cose furono proibite in senso letterale non per inculcare l'osservanza delle cerimonie legali, ma per favorire l'unione dei gentili e dei Giudei che dovevano convivere.
Infatti per i Giudei il sangue e gli animali soffocati erano abominevoli per l'antica loro consuetudine, mentre l'uso delle carni immolate poteva destare in essi il sospetto che i gentili tornassero così all'idolatria.
Perciò queste cose furono proibite per quell'epoca in cui si iniziava la convivenza dei gentili con i Giudei.
Ma col passare del tempo, cessata la causa, cessò anche l'effetto: una volta chiarita cioè la verità della dottrina evangelica, nella quale il Signore [ Mt 15,11 ] dichiara che « niente di quanto entra nella bocca rende impuro l'uomo », e l'Apostolo [ 1 Tm 4,4 ] afferma che « nulla è da scartarsi, se è preso con rendimento di grazie ».
- Invece la fornicazione viene proibita in modo speciale per il fatto che i gentili non la consideravano un peccato.
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