Summa Teologica - I-II |
In 2 Sent., d. 27, q. 1, a. 4, ad 3; a. 6; In Hebr., c. 6, lect. 3
Pare che uno possa meritare di risorgere dopo un peccato.
1. L'uomo può meritare ciò che può essere chiesto a Dio secondo giustizia.
Ora, secondo S. Agostino, nulla si chiede a Dio più giustamente della riparazione dopo la colpa, secondo le parole del Salmo [ Sal 71,9 ]: « Non abbandonarmi quando declinano le mie forze ».
Quindi l'uomo può meritare di risorgere dopo il peccato.
2. Le opere personali giovano a chi le compie più che agli altri.
Eppure uno in qualche modo può meritare per gli altri la riparazione dopo il peccato, come pure la prima grazia.
Perciò a maggior ragione può meritare per sé di risorgere dopo il peccato.
3. Chi è stato in grazia per un certo tempo, con le opere buone compiute ha meritato la vita eterna, come risulta evidente dalle conclusioni precedenti [ a. 2; q. 109, a. 5 ].
Ma uno non può raggiungere la vita eterna se non viene rinnovato dalla grazia.
Quindi egli deve aver meritato anche il ravvedimento futuro mediante la grazia.
Sta scritto [ Ez 18,24 ]: « Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette l'iniquità, tutte le opere giuste da lui fatte saranno dimenticate ».
Quindi non gli gioveranno più nulla i meriti precedenti per poter risorgere.
E così nessuno può meritare di risorgere dopo un'eventuale caduta.
Nessuno può meritare a se stesso il ravvedimento dopo una caduta futura, né a rigore di giustizia, né per una certa convenienza.
Non può meritarlo a rigore di giustizia perché il merito rigoroso dipende dalla mozione della grazia divina, mozione che viene a cessare col peccato successivo.
Per cui tutti i benefici che uno poi riceve da Dio per giungere al ravvedimento non cadono sotto il merito, dato che la mozione della grazia antecedente non si estende ad essi.
Inoltre il merito di convenienza con cui si merita per altri la prima grazia viene impedito dal raggiungere il suo effetto a motivo dell'ostacolo del peccato in colui per cui si vuole meritare.
Molto di più quindi è compromessa l'efficacia di questo merito se l'ostacolo si trova sia in chi merita, sia in colui per il quale si intende meritare.
E nel nostro caso i due ostacoli si assommano nella stessa persona.
Quindi in nessun modo uno può meritare a se stesso di risorgere dopo un peccato.
1. Il desiderio di risorgere dopo un'eventuale caduta, come pure l'analoga preghiera, sono detti giusti perché tendono alla giustizia.
Tuttavia essi non fanno appello alla giustizia come altrettanti meriti, ma fanno solo appello alla misericordia.
2. Uno può meritare per altri con un merito di convenienza la prima grazia perché non ci sono ostacoli, almeno dalla parte di chi merita.
Ostacoli che invece insorgono quando uno si allontana dalla giustizia dopo avere avuto il merito della grazia.
3. Alcuni ritennero che, eccettuato l'atto finale della grazia, uno non merita mai la vita eterna in senso assoluto, ma solo in maniera condizionale, se persevera.
- Ma questa opinione è irragionevole: poiché spesso l'atto della grazia finale è meno meritorio degli atti precedenti, per la depressione dovuta alla malattia.
Perciò si deve ritenere che qualsiasi atto di carità merita la vita eterna in senso assoluto, ma il peccato successivo impedisce al merito precedente di raggiungere il suo effetto: come anche le cause fisiche non raggiungono i loro effetti per qualche ostacolo che sopraggiunge.
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