Summa Teologica - II-II |
In 3 Sent., d. 25, q. 2, a. 2, sol. 1
Pare che la fede non possa essere in uno più grande che in un altro.
1. La grandezza di un abito dipende dai suoi oggetti.
Ma chi ha la fede crede tutte le verità di fede: poiché, come si è visto [ a prec. ], chi mancasse in una sola perderebbe totalmente la fede.
Quindi la fede non può essere in uno maggiore che in un altro.
2. Le cose che si trovano a un massimo non ammettono gradazioni.
Ma la ragione formale della fede si trova a un massimo: poiché per la fede si richiede che l'uomo aderisca alla prima verità più che a ogni altra cosa.
Quindi nella fede non ci sono gradazioni.
3. La fede sta alla conoscenza di ordine gratuito come l'intelletto dei primi princìpi sta alla conoscenza naturale: poiché gli articoli della fede sono, come si è visto [ q. 1, a. 7 ], i primi princìpi di tale conoscenza.
Ora, l'intelletto dei primi princìpi è uguale in tutti gli uomini.
Quindi la fede è uguale in tutti i fedeli.
In una virtù dove si riscontrano piccolezza e grandezza ci deve essere anche il più e il meno.
Ma questo è appunto il caso della fede: infatti il Signore disse a Pietro [ Mt 14,31 ]: « O uomo di poca fede, perché hai dubitato? »; e alla donna [ cananea ] [ Mt 15,28 ]: « Donna, davvero grande è la tua fede ».
Quindi la fede può essere in uno più grande che in un altro.
Come si disse sopra [ I-II, q. 52, aa. 1, 2; q. 112, a. 4 ], la grandezza di un abito può essere desunta da due cose: dall'oggetto o dalla partecipazione del soggetto.
Ora, l'oggetto della fede può essere considerato sotto due aspetti: primo, dal lato della ragione formale; secondo, dal lato delle verità materialmente proposte ai credenti.
Ora, l'oggetto formale della fede è unico e semplice, non essendo altro che la prima verità, come sopra [ q. 1, a. 1 ] si è dimostrato.
Perciò da questo lato la fede non ha variazioni nei credenti, ma è in tutti della medesima specie, secondo le spiegazioni date [ q. 4, a. 6 ].
Invece le verità materialmente proposte a credere sono molteplici: e possono essere accolte in maniera più o meno esplicita.
E da questo lato un uomo può credere esplicitamente più cose di un altro.
Perciò in uno ci può essere una fede più grande in base all'esplicitazione dei dogmi.
Se invece si considera la fede dal lato della partecipazione del soggetto, allora ciò può accadere in due modi.
Infatti l'atto della fede emana dall'intelletto e dalla volontà, come si è visto sopra [ a. 2; q. 1, a. 4; q. 2, a. 1, ad 3; a. 9; q. 4, aa. 1,2 ].
Perciò la fede in un uomo può essere maggiore: primo, per quanto riguarda l'intelletto, per una maggiore certezza e fermezza; secondo, per quanto riguarda la volontà, per una maggiore prontezza, devozione o fiducia.
1. Certamente chi rinnega con pertinacia uno dei dogmi della fede è privo dell'abito della fede, però chi non li crede tutti in maniera esplicita, ma è disposto a farlo, conserva la fede.
E così dal lato dell'oggetto uno può avere una fede maggiore di un altro, credendo più cose di lui in maniera esplicita, come si è spiegato [ nel corpo ].
2. È essenziale alla fede preferire la prima verità a ogni altra cosa.
Però tra coloro che le concedono questa preferenza alcuni si sottomettono con più certezza o devozione di altri.
E così la fede in alcuni è maggiore che in altri.
3. L'intelletto dei primi princìpi accompagna la stessa natura umana, che si trova in tutti ugualmente.
La fede invece accompagna il dono della grazia, che non si trova in tutti ugualmente, come si è spiegato in precedenza [ I-II, q. 112, a. 4 ].
Perciò il paragone non regge.
- E inoltre alcuni conoscono meglio di altri la virtualità dei primi princìpi, per una maggiore capacità intellettuale.
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