Summa Teologica - II-II

Indice

Articolo 3 - Se la speranza si trovi nei dannati

Pare che nei dannati ci sia la speranza.

Infatti:

1. Il diavolo è dannato e capo dei dannati, come risulta da quelle parole evangeliche [ Mt 25,41 ]: « Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli ».

Ma nel diavolo non manca la speranza, poiché sta scritto [ Gb 40,28 Vg ]: « La sua speranza lo deluderà ».

Perciò pare che i dannati abbiano la speranza.

2. La speranza, come la fede, può essere formata e informe.

Ma la fede informe può trovarsi nei demoni e nei dannati, come appare da quelle parole di S. Giacomo [ Gc 2,19 ]: « I demoni credono e tremano ».

Quindi nei dannati ci può essere anche la speranza informe.

3. Dopo la morte nessuno può acquistare un merito o un demerito che non avesse già in vita, poiché sta scritto [ Qo 11,3 ]: « Se un albero cade a sud o a nord, là dove cade rimane ».

Ma molti di quelli che si dannano hanno avuto in vita la speranza, senza mai disperare.

Perciò avranno la speranza anche nella vita futura.

In contrario:

La speranza causa la gioia, secondo l'espressione di S. Paolo [ Rm 12,12 ]: « Lieti nella speranza ».

Ora, i dannati non sono nella gioia, bensì nel dolore e nel pianto, poiché sta scritto [ Is 65,14 ]: « I miei servi giubileranno per la gioia del cuore, voi griderete per il dolore del cuore, urlerete per la tortura dello spirito ».

Quindi la speranza non si trova nei dannati.

Dimostrazione:

Come il concetto di beatitudine implica il quietarsi della volontà, così il concetto di pena implica la ripugnanza di essa alla volontà.

Ma ciò che non è conosciuto non può né acquietare né contrariare la volontà.

Per cui S. Agostino [ De Gen. ad litt. 11,17.22 ] afferma che gli angeli nel loro stato primitivo non potevano essere né beati prima della confermazione [ in grazia ], né infelici prima del peccato, non essendo a conoscenza del loro destino.

Infatti per una vera e perfetta beatitudine si richiede che uno sia certo della sua perpetua durata.

Altrimenti la volontà non potrebbe acquietarsi.

Parimenti, dato che la durata perpetua della dannazione fa parte della pena dei dannati, essa non sarebbe un vero castigo se la volontà non ne sentisse la ripugnanza: il che sarebbe impossibile se uno non conoscesse la perpetuità della propria dannazione.

E così la condizione di infelicità dei dannati implica la conoscenza del fatto che essi sono nell'impossibilità di evadere la pena e di raggiungere la beatitudine: per cui si legge [ Gb 15,22 ]: « Non crede di potersi sottrarre alle tenebre ».

È quindi evidente che essi non possono concepire la beatitudine quale bene possibile, come neppure i beati possono concepirla quale bene futuro.

Perciò nei beati e nei dannati non ci può essere la speranza.

Essa può invece trovarsi nei viatori, sia in questa vita che nel purgatorio: poiché costoro possono concepire la beatitudine come un bene futuro raggiungibile.

Analisi delle obiezioni:

1. Si può rispondere con S. Gregorio [ Mor. 33,20 ] che l'affermazione vale non per il diavolo ma per i suoi adepti, la cui speranza sarà frustrata.

Oppure, se viene intesa del diavolo stesso, va riferita alla speranza con la quale egli conta di ottenere la vittoria sui santi, come paiono indicare le parole precedenti [ v. 18 Vg ]: « Ha fiducia che il Giordano si riversi nella sua bocca ».

Ma questa non è la speranza di cui parliamo.

2. Come insegna S. Agostino [ Enchir. 8.23 ], « la fede ha per oggetto cose buone e cattive, cose passate, presenti e future, cose proprie e cose altrui; invece la speranza si limita alle cose buone future riguardanti il soggetto ».

Perciò nei dannati ci può essere la fede informe, ma non la speranza: poiché i doni di Dio non sono per essi raggiungibili nel futuro, ma del tutto assenti.

3. L'assenza della speranza non aggrava il demerito nei dannati, come non accresce il merito dei beati la sua scomparsa, ma queste due cose avvengono in seguito al mutamento di stato.

Indice