Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se la speranza si trovi nei beati

I-II, q. 67, aa. 4, 5; In 3 Sent., d. 26, q. 2, a. 5, sol. 1, 2; d. 31, q. 2, a. 1, sol. 2, 3

Pare che la speranza si trovi nei beati.

Infatti:

1. Cristo fin dall'inizio del suo concepimento fu un perfetto comprensore.

Ma egli aveva la speranza: poiché stando alla Glossa [ interlin. ] sono attribuite a lui quelle parole del Salmo [ Sal 31,2 ]: « In te, Signore, ho sperato ».

Quindi nei beati ci può essere la speranza.

2. Come è un bene arduo il conseguimento della beatitudine, così lo è pure la sua continuazione.

Ma gli uomini prima di raggiungere la beatitudine ne hanno la speranza.

Perciò, dopo aver raggiunto la beatitudine, possono sperarne la continuazione.

3. Con la virtù della speranza uno può sperare la beatitudine non solo per sé, ma anche per gli altri, come si è detto [ q. 17, a. 3 ].

Ora, i beati che sono nella patria sperano la beatitudine per gli altri: diversamente non pregherebbero per loro.

Quindi nei beati ci può essere la speranza.

4. Alla beatitudine dei santi appartiene non soltanto la gloria dell'anima, ma anche quella del corpo.

Ma le anime dei santi che sono nella patria aspettano ancora la gloria del corpo, come appare dalle parole dell'Apocalisse [ Ap 6,9ss ] e di S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12,35.68 ].

Quindi nei beati ci può essere la speranza.

In contrario:

Scrive l'Apostolo [ Rm 8,24 ]: « Ciò che è visto non è più speranza ».

Ma i beati godono della visione di Dio.

Quindi in essi non esiste la speranza.

Dimostrazione:

Eliminato ciò che dà la specie a una cosa la specie svanisce, e la cosa non può rimanere identica: come se eliminiamo la forma di un corpo fisico, esso non rimane della medesima specie.

Ora, come si è detto sopra [ q. 17, aa. 5,6 ], la speranza riceve la specie dal suo oggetto principale, al pari delle altre virtù.

Ma il suo oggetto principale è la beatitudine eterna in quanto è raggiungibile con l'aiuto di Dio, come sopra [ q. 17, a. 2 ] si è dimostrato.

Poiché dunque il bene arduo raggiungibile è oggetto della speranza solo in quanto futuro, quando la beatitudine non è ormai più futura, ma presente, la virtù della speranza non può più sussistere.

E così la speranza, come pure la fede, viene a cessare nella patria; e né l'una né l'altra possono trovarsi nei beati.

Analisi delle obiezioni:

1. Cristo, pur essendo comprensore e quindi beato a motivo della fruizione di Dio, tuttavia era simultaneamente viatore per la passibilità della natura assunta.

Perciò allora egli poteva sperare la gloria dell'impassibilità e dell'immortalità.

Non però in modo da avere la virtù della speranza, la quale ha come oggetto primario non la gloria del corpo, ma piuttosto la fruizione di Dio.

2. La beatitudine dei santi è detta vita eterna perché nel godimento di Dio essi partecipano in qualche modo dell'eternità divina, che trascende tutti i tempi.

Quindi la continuazione della beatitudine non ammette distinzioni di presente, passato e futuro.

Perciò i beati non hanno la speranza di questa continuazione della beatitudine, ma ne hanno la realtà stessa: poiché non c'è l'aspetto di cosa futura.

3. Mentre dura la virtù della speranza, uno spera la beatitudine per sé e per gli altri con una medesima speranza.

Una volta però svanita nei beati la speranza con la quale speravano la propria beatitudine, essi continuano a sperare la beatitudine altrui non con la virtù della speranza, ma con l'amore di carità.

Come anche chi ha la carità di Dio ama con essa anche il prossimo, e tuttavia uno può amare il prossimo senza avere la virtù della carità, con un qualche amore di altro genere.

4. Essendo la speranza una virtù teologale avente Dio per oggetto, l'oggetto principale di essa è la gloria dell'anima, che consiste nella fruizione di Dio, e non la gloria del corpo.

- Inoltre la glorificazione del corpo, sebbene si presenti come cosa ardua rispetto alla natura umana, non è più tale per chi possiede la gloria dell'anima.

Sia perché la gloria del corpo è qualcosa di minimo a confronto della gloria dell'anima, sia anche perché chi ha la gloria dell'anima possiede già la causa sufficiente della gloria del corpo.

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