Summa Teologica - II-II |
In 4 Sent., d. 49, q. 1, a. 2, sol. 4; De Verit., q. 22, a. 1, ad 12; In Div. Nom., c. 11, lect. 3
Pare che non tutti gli esseri desiderino la pace.
1. La pace, secondo Dionigi [ De div. nom 11,1 ], è « fatta per produrre il consenso ».
Ma negli esseri privi di conoscenza non si può produrre il consenso.
Quindi tali esseri non possono desiderare la pace.
2. Il desiderio non può portarsi simultaneamente su cose contrarie.
Ora, ci sono molti che desiderano guerre e discordie.
Quindi non tutti desiderano la pace.
3. È desiderabile soltanto il bene.
Ma certa pace pare che sia cattiva: altrimenti il Signore [ Mt 10,34 ] non avrebbe detto: « Non sono venuto a portare la pace ».
Quindi non tutti gli esseri desiderano la pace.
4. Ciò che tutti desiderano non è che il sommo bene, e quindi il fine ultimo.
Ma la pace non è tutto ciò: poiché la si può avere anche nella vita presente.
Altrimenti il Signore [ Mc 9,50 ] avrebbe detto invano: « Siate in pace gli uni con gli altri ».
Quindi non tutti gli esseri desiderano la pace.
S. Agostino [ De civ. Dei 19,12 ] insegna che tutti gli esseri desiderano la pace.
E lo stesso fa Dionigi [ De div. nom. 11 ].
Per il fatto stesso che un uomo desidera una cosa desidera il suo conseguimento, e quindi la rimozione degli ostacoli che potrebbero impedirlo.
Ora, il conseguimento del bene desiderato può essere impedito da un desiderio contrario o del soggetto medesimo, o di altri: e ambedue questi desideri, come si è detto sopra [ a. prec. ], vengono eliminati dalla pace.
È quindi necessario che chiunque ha un desiderio, desideri la pace: poiché tutti coloro che desiderano tendono a conseguire con tranquillità e senza ostacoli ciò che desiderano, e in questa tranquillità consiste l'essenza della pace, che S. Agostino [ De civ. Dei 19,13 ] definisce « la tranquillità dell'ordine ».
1. La pace dice unione non solo dell'appetito intellettivo o di quello sensitivo, in cui può verificarsi il consenso, ma anche dell'appetito naturale.
Per cui Dionigi [ l. cit. ] ha scritto che « la pace è fatta per produrre il consenso e la connaturalità »: indicando nel consenso l'unione degli appetiti che derivano dalla conoscenza, e nella connaturalità l'unione degli appetiti naturali.
2. Anche chi cerca le guerre e le discordie non desidera altro che la pace, che crede di non avere.
Come infatti si è detto sopra [ a. prec., ad 1 ], non c'è pace se uno accetta l'accordo con un altro contro ciò che egli preferirebbe.
E così gli uomini cercano di rompere con la guerra la concordia in cui trovano questa carenza di pace per giungere a una pace in cui nulla ripugni alla loro volontà.
Perciò tutti quelli che combattono cercano di raggiungere con la guerra una pace più perfetta della precedente.
3. La pace consiste nella quiete e nella coesione dell'appetito.
Ora, come l'appetito può avere per oggetto il bene vero o il bene apparente, così anche la pace può essere vera o apparente.
Ma non ci può essere vera pace se non nel desiderio del bene vero: poiché qualsiasi male, anche se da un certo punto di vista è un bene e soddisfa così l'appetito, ha molte carenze che lasciano l'appetito inquieto e turbato.
Per cui la vera pace non può trovarsi che nei buoni e nel bene.
Invece la pace dei cattivi è una pace apparente e non vera.
Nella Scrittura [ Sap 14,22 ] infatti si legge: « Pur vivendo in una grande guerra di ignoranza, danno a così grandi mali il nome di pace »
4. La vera pace non ha per oggetto che il bene: come quindi esistono due tipi di bene, cioè quello perfetto e quello imperfetto, così la vera pace è duplice.
C'è una pace perfetta, che consiste nella fruizione del sommo bene, mediante la quale tutti gli appetiti si fondono quietandosi in un unico oggetto.
E questo è il fine ultimo della creatura razionale, secondo le parole del Salmo [ Sal 147,14 ]: « Ha messo pace nei tuoi confini ».
- C'è poi una pace imperfetta, che è l'unica possibile in questo mondo.
Poiché anche se i moti principali dell'anima tendono a Dio, ci sono sempre delle cose che dentro e fuori turbano questa pace.
Indice |