Summa Teologica - II-II |
In 4 Sent., d. 15, q. 2, a. 1, sol. 3
Pare che dare l'elemosina non sia un atto di carità.
1. Un atto di carità non può sussistere senza la carità.
Ma l'elargizione dell'elemosina ci può essere anche senza la carità, come dice S. Paolo [ 1 Cor 13,3 ]: « Se anche distribuissi tutte le mie sostanze, ma non avessi la carità », ecc.
Quindi fare l'elemosina non è un atto di carità.
2. L'elemosina viene enumerata tra le opere riparatrici, secondo le parole di Daniele [ Dn 4,24 ]: « Sconta i tuoi peccati con l'elemosina ».
Ma la riparazione è un atto di giustizia.
Perciò fare l'elemosina non è un atto di carità, ma di giustizia.
3. Offrire un sacrificio a Dio è un atto di latria.
Ora, stando alle parole di S. Paolo [ Eb 13,16 ], fare l'elemosina è offrire un sacrificio a Dio: « Non scordatevi della beneficenza e di far parte dei vostri beni agli altri, perché di tali sacrifici il Signore si compiace ».
Quindi fare l'elemosina non è un atto di carità, ma piuttosto di latria.
4. Il Filosofo [ Ethic. 4,1 ] insegna che dare qualcosa per il bene è un atto di liberalità.
Ma ciò avviene specialmente nell'elargizione delle elemosine.
Perciò fare l'elemosina non è un atto di carità.
Sta scritto [ 1 Gv 3,17 ]: « Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l'amore di Dio? ».
Gli atti esterni vanno riferiti a quella virtù a cui appartiene il movente che spinge a compiere tali atti.
Ora, il movente che spinge a fare l'elemosina è l'intenzione di soccorrere chi è in necessità: infatti alcuni [ Alb. Magno, In 4 Sent. 15,15 ], nel definire l'elemosina, affermano che essa è « un'azione con la quale si dà per compassione qualcosa a un indigente, per amore di Dio ».
Ora, questo movente appartiene alla misericordia, come si è visto [ q. 30, a. 4 ].
Per cui è evidente che fare l'elemosina è propriamente un atto di misericordia.
E ciò risulta anche dal termine stesso: infatti in greco esso deriva da misericordia, come il latino miseratio.
E poiché la misericordia, come si è visto [ q. 30, a. 2; a. 3, ob. 3 ], è un effetto della carità, ne segue che fare l'elemosina è un atto di carità dettato dalla misericordia.
1. Un atto può appartenere a una virtù in due modi.
Primo, materialmente: come è un atto di giustizia fare cose giuste.
E questo atto può essere senza la virtù: molti infatti, spinti dalla ragione naturale, dal timore o dalla speranza di acquistare qualcosa, compiono cose giuste senza avere l'abito della giustizia.
Secondo, qualcosa può essere un'azione virtuosa formalmente: come è un atto di giustizia l'azione giusta compiuta come la compie il giusto, cioè con prontezza e con gioia.
E in questo senso un atto di virtù non può sussistere senza la virtù.
- Perciò dare l'elemosina materialmente può sussistere senza la carità, ma fare l'elemosina formalmente, cioè per amore di Dio, con prontezza e con tutte le altre doti necessarie, non può concepirsi senza la carità.
2. Nulla impedisce che un atto che appartiene formalmente a una data virtù possa essere attribuito a un'altra virtù che lo comanda e lo ordina al proprio fine.
E in questo modo l'elemosina viene enumerata tra le opere riparatrici: in quanto la compassione per chi soffre è ordinata a riparare una colpa.
- In quanto poi viene ordinata a placare Dio ha l'aspetto di sacrificio, e così viene comandata dalla virtù di latria.
3. È così risolta anche la terza obiezioni.
4. Il fare elemosina appartiene alla liberalità in quanto la liberalità elimina gli ostacoli di tale atto che potrebbero derivare da un amore eccessivo per le ricchezze, che rende alcuni troppo attaccati al danaro che possiedono.
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