Summa Teologica - II-II

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Articolo 9 - Se la giustizia abbia per oggetto le passioni

In 3 Sent., d. 33, q. 3, a. 4, sol. 1; 4, d. 15, q. 1, a. 1, sol. 2, ad 2; In 5 Ethic., lectt. 1, 3

Pare che la giustizia abbia per oggetto le passioni.

Infatti:

1. Il Filosofo [ Ethic. 2,3 ] dice che « le virtù morali riguardano i piaceri e le tristezze ».

Ma i piaceri e le tristezze sono passioni, come si è visto nel trattato sulle passioni [ I-II, q. 23, a. 4; q. 31, a. 1; q. 35, a. 1 ].

Perciò la giustizia, essendo una virtù morale, ha per oggetto le passioni.

2. La giustizia regola le azioni riguardanti gli altri.

Ma queste azioni non possono essere regolate se non vengono regolate le passioni, poiché il disordine in questi atti deriva dal disordine delle passioni: infatti si arriva all'adulterio per la concupiscenza dei piaceri venerei, e al furto per l'amore sregolato del danaro.

Quindi è necessario che la giustizia abbia per oggetto le passioni.

3. La giustizia particolare riguarda i doveri verso gli altri come la giustizia legale.

Ma la giustizia legale ha per oggetto le passioni: altrimenti non si estenderebbe a tutte le virtù, alcune delle quali manifestamente riguardano le passioni.

Quindi la giustizia riguarda le passioni.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 5,1 ] afferma che essa ha per oggetto gli atti esterni.

Dimostrazione:

La giusta Analisi del quesito può essere raggiunta in due modi.

Primo, partendo dal soggetto della giustizia, che è la volontà, i cui moti o atti non sono passioni, come si è visto [ I-II, q. 22, a. 3; q. 59, a. 4 ], poiché vengono denominati passioni solo i moti dell'appetito sensitivo.

Perciò la giustizia non ha per oggetto le passioni come la temperanza e la fortezza, che risiedono nell'irascibile e nel concupiscibile.

- Secondo, partendo dalla materia.

Poiché la giustizia riguarda i doveri verso gli altri.

Ora, noi non veniamo ordinati immediatamente verso gli altri dalle passioni, che sono interne.

Perciò la giustizia non ha per oggetto le passioni.

Analisi delle obiezioni:

1. Non è detto che qualsiasi virtù morale riguardi i piaceri e le tristezze come materia propria: infatti la fortezza ha per oggetto i timori e le audacie.

Ogni virtù morale è invece ordinata al piacere e alla tristezza come a fini concomitanti: poiché secondo il Filosofo [ Ethic. 7,11 ] « il piacere e la tristezza sono il fine principale, in vista del quale consideriamo ogni cosa buona o cattiva ».

E sotto questo aspetto tali passioni appartengono anche alla giustizia: poiché, ancora secondo Aristotele [ Ethic. 1,8 ], « chi non gode delle azioni giuste non è giusto ».

2. Le azioni esterne stanno in mezzo, in qualche modo, tra le realtà esterne, che ne costituiscono la materia, e le passioni interiori, che ne sono i princìpi.

Ora, capita qualche volta che ci sia una mancanza da un lato senza che vi sia dall'altro: come quando uno prende la roba altrui non per il desiderio di possederla, ma per fare un danno; oppure, al contrario, quando uno desidera la roba altrui senza però volerla rubare.

Perciò la regolazione delle nostre azioni in quanto queste hanno il loro termine nelle realtà esterne appartiene alla giustizia; in quanto invece esse nascono dalle passioni appartiene alle altre virtù morali, che hanno per oggetto le passioni.

Perciò il furto è contrastato dalla giustizia in quanto incompatibile con l'uguaglianza da rispettare nelle cose esterne, e dalla liberalità in quanto derivante dal desiderio smodato delle ricchezze.

Siccome però le azioni esterne non ricevono la specie dalle passioni interiori, ma piuttosto dalle realtà esterne che ne sono l'oggetto, ne viene che di per sé le azioni esterne sono materia più della giustizia che delle altre virtù morali.

3. Il bene comune è il fine delle singole persone che vivono in una collettività, come il bene del tutto è il fine di ciascuna delle sue parti.

Il bene però di un individuo non è il fine di un altro.

Perciò la giustizia legale, che è ordinata al bene comune, può estendersi alle stesse passioni interne, che ordinano in qualche modo l'uomo in se stesso, più della giustizia particolare, che dispone al bene di un altro individuo.

Sebbene anche la giustizia legale si estenda alle altre virtù principalmente per le loro operazioni esterne: cioè in quanto, come dice Aristotele [ Ethic. 5,1 ], « la legge comanda di compiere le opere dei forti, quelle dei temperanti e quelle dei mansueti ».

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