Summa Teologica - II-II |
Pare che il giudizio non sia un atto di giustizia.
1. Il Filosofo [ Ethic. 1,3 ] insegna che « ciascuno giudica bene ciò che conosce »: quindi il giudizio pare appartenere alla facoltà conoscitiva.
Ma la facoltà conoscitiva riceve la sua perfezione dalla prudenza.
Perciò il giudizio appartiene più alla prudenza che alla giustizia, la quale, come si è visto [ q. 58, a. 4 ], risiede nella volontà.
2. L'Apostolo [ 1 Cor 2,15 ] scrive che « l'uomo spirituale giudica ogni cosa ».
Ma un uomo diventa spirituale specialmente con la virtù della carità, la quale « è stata riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato » [ Rm 5,5 ].
Quindi il giudizio appartiene più alla carità che alla giustizia.
3. A ogni virtù appartiene il retto giudizio sulla propria materia: poiché, secondo il Filosofo [ Ethic. 3,4 ], « in ogni cosa il virtuoso è regola e misura ».
Per cui il giudizio non appartiene alla giustizia più di quanto appartenga alle altre virtù morali.
4. Il giudizio è un compito esclusivo dei giudici, mentre gli atti della giustizia si riscontrano in tutti i giusti.
Siccome quindi non sono giusti soltanto i giudici, pare che il giudizio non sia un atto proprio della giustizia.
Nel Salmo [ Sal 94,15 ] si legge: « Fino a che la giustizia si concreti nel giudizio ».
Il giudizio indica propriamente l'atto del giudice come tale.
Giudice infatti suona ius dicens, cioè uno che dichiara il diritto.
Ora il diritto, come si è visto [ q. 57, a. 1 ], è l'oggetto della giustizia.
Quindi il giudizio, stando al suo primo significato, implica la definizione o determinazione del giusto, ossia del diritto.
Il fatto però che uno sappia ben definire quanto riguarda le azioni virtuose deriva propriamente dall'abito della virtù: come chi è casto sa determinare rettamente ciò che riguarda la castità.
E così il giudizio, che implica la retta determinazione del giusto o del diritto, appartiene propriamente alla giustizia.
Per cui il Filosofo [ Ethic. 5,4 ] afferma che gli uomini « ricorrono al giudice come a una giustizia animata ».
1. Il termine giudizio, che nel suo primo significato sta a indicare la retta determinazione del diritto, fu esteso poi a indicare la determinazione retta di qualsiasi altra cosa, sia nell'ordine speculativo che nell'ordine pratico.
In tutti i casi però il retto giudizio esige due elementi.
Primo, la facoltà che deve direttamente proferire il giudizio.
E da questo lato il giudizio è un atto della ragione: infatti l'atto di dire o di definire appartiene alla ragione.
L'altro elemento è invece la disposizione di chi giudica, dalla quale dipende la sua idoneità a ben giudicare.
E da questo lato nelle cose relative alla giustizia il giudizio procede dalla giustizia, come nelle cose relative alla fortezza procede dalla fortezza.
Così dunque il giudizio è un atto della giustizia in quanto da questa dipende l'inclinazione a ben giudicare, ma è un atto della prudenza in quanto questa lo proferisce.
Per cui anche la synesis, che è una parte integrante della prudenza, viene considerata « bene giudicativa », come sopra si è detto [ q. 51, a. 3 ].
2. L'uomo spirituale riceve dall'abito della carità l'inclinazione a giudicare rettamente di ogni cosa secondo le leggi divine, proferendo il suo giudizio mediante il dono della sapienza: precisamente come il giusto lo proferisce mediante la virtù della prudenza secondo le regole del diritto.
3. Le altre virtù regolano l'uomo in se stesso, mentre la giustizia regola l'uomo in rapporto agli altri, come si è detto [ q. 58, a. 2 ].
Ora, uno è padrone delle cose che appartengono a lui, non di quelle che appartengono agli altri.
E così in ciò che riguarda le altre virtù si richiede solo il giudizio della persona virtuosa, giudizio in senso lato, come si è visto [ ad 1 ], mentre in materia di giustizia si richiede anche il giudizio di un superiore, « il quale possa fare da arbitro e stendere la mano su entrambi » [ Gb 9,33 ].
Per questo il giudizio appartiene più alla giustizia che a qualsiasi altra virtù.
4. In chi comanda la giustizia si trova come virtù architettonica o magistrale, quasi nell'atto di imporre e di prescrivere il diritto, mentre nei sudditi si trova come virtù esecutrice e subordinata.
Per cui il giudizio, che implica la determinazione del diritto, o del giusto, appartiene alla giustizia secondo che questa si trova in maniera più eccellente in chi comanda.
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