Summa Teologica - II-II |
Supra, q. 57, a. 4; I-II, q. 113, a. 1; In 5 Ethic., lect. 17
Pare che la giustizia non sia sempre verso gli altri.
1. L'Apostolo [ Rm 3,22 ] afferma che « la giustizia di Dio si attua per mezzo della fede in Gesù Cristo ».
Ma la fede non si definisce come rapporto di un uomo con altri uomini.
Quindi neppure la giustizia.
2. Secondo S. Agostino [ De mor. Eccl. 1,15.25 ] spetta alla giustizia, in quanto consistente nella sottomissione a Dio, « di comandare bene a tutte le altre cose che sono sottomesse all'uomo ».
Ora, all'uomo è sottoposto anche l'appetito sensitivo, poiché sta scritto [ Gen 4,7 ]: « Il tuo appetito », cioè l'appetito peccaminoso, « ti sarà sottoposto e tu potrai dominarlo ».
Perciò la giustizia ha il compito di dominare anche i propri appetiti.
Quindi la giustizia è anche verso se stessi.
3. La giustizia di Dio è eterna.
Ora, non è esistito un essere coeterno a Dio.
Quindi non è essenziale alla giustizia di essere verso gli altri.
4. Come hanno bisogno di essere rettificate le azioni che riguardano gli altri, così ne hanno bisogno anche le azioni riguardanti noi stessi.
Ma le azioni sono rettificate dalla giustizia, come si legge [ Pr 11,5 ]: « La giustizia dell'uomo onesto ne raddrizzerà le vie ».
Quindi la giustizia non riguarda soltanto i doveri verso gli altri, ma anche quelli verso se stessi.
Cicerone [ De off. 1,7 ] afferma che « la giustizia è la regola che mantiene la società degli uomini tra loro, e la loro comunanza di vita ».
Perciò la giustizia è solo per i doveri verso gli altri.
La nozione stessa di giustizia esige un riferimento ad altri, poiché il suo nome medesimo, come si è detto [ q. 57, a. 1 ], implica uguaglianza: nulla infatti è uguale a se stesso, ma ad altre cose.
E poiché la giustizia, come si è notato [ I-II, q. 60, a. 2; q. 61, a. 3; q. 113, a. 1 ], ha il compito di rettificare gli atti umani, è necessario che l'alterità richiesta dalla giustizia sia un'alterità di più persone capaci di agire.
Infatti le azioni, propriamente parlando, appartengono al supposito e al tutto, non già alle parti e alle varie forme, o potenze: propriamente parlando infatti non è la mano che percuote, ma l'uomo mediante la mano; e così, propriamente, non è il calore che riscalda, ma il fuoco mediante il calore.
Tuttavia queste espressioni vengono usate in un certo senso figurato.
Dunque la giustizia propriamente detta richiede la distinzione dei suppositi: quindi è soltanto di un uomo verso un altro.
Tuttavia in senso figurato si possono considerare i diversi princìpi operativi di un medesimo uomo, p. es. la ragione, l'irascibile e il concupiscibile, come se fossero altrettanti soggetti operativi distinti.
E così metaforicamente si può parlare della giustizia di un uomo verso se stesso, in quanto la ragione comanda all'irascibile e al concupiscibile e questi obbediscono alla ragione, e genericamente in quanto a ogni facoltà umana viene attribuito ciò che le conviene.
Per cui il Filosofo [ Ethic. 5,11 ] chiama « metaforica » questa giustizia.
1. La giustizia che si attua in noi mediante la fede è quella che determina la giustificazione del peccatore, la quale consiste nel debito ordine delle varie parti dell'anima, come si è visto sopra [ I-II, q. 113, a. 1 ] parlando della giustificazione.
Ma ciò è proprio della giustizia presa in senso metaforico, che può trovarsi anche in uno che fa vita solitaria.
2. È così risolta anche la seconda obiezioni.
3. La giustizia di Dio è eterna in quanto è eterno il suo volere e il suo proposito: e ciò forma il costitutivo principale della giustizia.
Sebbene nei suoi effetti essa non sia eterna: poiché nulla è coeterno a Dio.
4. Le azioni umane riguardanti noi stessi sono già efficacemente rettificate con la rettificazione delle passioni mediante le altre virtù morali.
Invece le azioni che riguardano gli altri hanno bisogno di una rettificazione speciale, non solo in rapporto al soggetto che le compie, ma anche in rapporto a colui verso il quale sono dirette.
E così per esse c'è una virtù speciale, che è appunto la giustizia.
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