Summa Teologica - II-II

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Articolo 7 - Se siamo tenuti a pregare per gli altri

In 4 Sent., d. 15, q. 4, a. 4, sol. 3

Pare che non siamo tenuti a pregare per gli altri.

Infatti:

1. Nel pregare dobbiamo uniformarci al modello che il Signore ci ha proposto.

Ora, nel Padre Nostro formuliamo delle domande per noi, non per gli altri, dicendo per es.: « Dacci oggi il nostro pane quotidiano »; e così per le altre domande.

Quindi non dobbiamo pregare per gli altri.

2. La preghiera è fatta per essere esaudita.

Ma una delle condizioni richieste per essere esauditi è che uno preghi per se stesso; a proposito infatti di quelle parole evangeliche [ Gv 16,23 ]: « Qualunque cosa chiederete al Padre nel mio nome, egli ve la concederà », S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 102 ] spiega: « Tutti saranno esauditi quando pregheranno per se stessi, non già per tutti.

Per questo non dice semplicemente: "la concederà", bensì: "ve la concederà" ».

Perciò è evidente che non dobbiamo pregare per gli altri, ma soltanto per noi.

3. Per gli altri c'è la proibizione di pregare se sono cattivi, poiché si legge in Geremia [ Ger 7,16 ]: « Tu dunque non pregare per questo popolo, e non insistere presso di me, perché non ti ascolterò ».

Per i buoni poi non è necessario, poiché le preghiere che essi fanno per se stessi sono esaudite.

Quindi pare che non siamo tenuti a pregare per gli altri.

In contrario:

Sta scritto [ Gc 5,16 ]: « Pregate gli uni per gli altri, per essere guariti ».

Dimostrazione:

Come si è ricordato sopra [ a. prec. ], nel pregare siamo tenuti a chiedere quello che siamo tenuti a desiderare.

Ora, noi dobbiamo desiderare il bene non solo per noi, ma anche per gli altri: ciò infatti rientra nei doveri di carità che siamo tenuti a esercitare verso il prossimo, come è evidente dalle cose già dette [ q. 25, aa. 1, 12; q. 27, a. 2; q. 31, a. 1 ].

Perciò la carità esige che noi preghiamo per gli altri.

Da cui le parole del Crisostomo [ Op. imp. in Mt hom. 14 ]: « A pregare per se stessi costringe la necessità, mentre a farlo per gli altri stimola la carità fraterna.

Ora, presso Dio la preghiera raccomandata dalla carità fraterna è più gradita di quella mossa dalla necessità ».

Analisi delle obiezioni:

1. Come spiega S. Cipriano [ De orat. Dom. ], « noi non diciamo "Padre mio", ma "nostro", non "dammi", ma "dacci", proprio perché il Maestro dell'unità non ha voluto che si facesse la preghiera in forma privata, cioè pregando ognuno soltanto per se stesso.

Volle infatti che ciascuno pregasse per tutti, così come lui stesso portò nella sua unica persona il peso di tutti ».

2. Pregare per sé è una condizione necessaria non già per il merito, ma per l'efficacia sicura nell'impetrare.

Capita infatti talora che la preghiera fatta per gli altri non impetri [ la grazia ], anche se è fatta con pietà, con perseveranza e per cose relative alla salvezza [ eterna ], a causa dell'impedimento esistente dalla parte dell'interessato.

In Geremia [ Ger 15,1 ] infatti si legge: « Anche se Mosè e Samuele si presentassero davanti a me, io non mi piegherei verso questo popolo ».

Tuttavia la preghiera rimane meritoria per chi prega mosso dalla carità.

Infatti a proposito delle parole del Salmo [ Sal 36,13 ]: « Riecheggiava nel mio petto la mia preghiera », la Glossa commenta: « cioè sebbene essa non abbia loro giovato, io tuttavia non ho perduto la mia mercede ».

3. Si deve pregare sia per i peccatori, perché si convertano, sia per i giusti, perché perserverino e progrediscano nella virtù.

Tuttavia quelli che pregano non vengono esauditi per tutti i peccatori, ma per alcuni: vengono infatti esauditi per i predestinati, non già per coloro di cui Dio ha previsto la morte eterna.

Come anche la correzione fraterna ha effetto sui predestinati, e non invece sui futuri reprobi, poiché sta scritto [ Sir 7,14 Vg ]: « Nessuno può raddrizzare ciò che Dio ha fatto curvo ».

Per cui S. Giovanni [ 1 Gv 5,16 ] ammoniva: « Se uno vede il proprio fratello commettere un peccato che non conduce alla morte, preghi e Dio gli darà la vita: si intende a coloro che commettono un peccato che non conduce alla morte ».

Perciò, come a nessuno finché vive si deve negare il beneficio della correzione fraterna, poiché non possiamo distinguere i predestinati dai riprovati, secondo l'insegnamento di S. Agostino [ De corr. et gratia 15.46 ], così a nessuno si deve negare il suffragio della preghiera.

E si deve pregare anche per i giusti, per tre motivi.

Primo, perché le preghiere collettive sono esaudite più facilmente.

Per cui la Glossa [ P. Lomb. di Ambr. ], commentando le parole di S. Paolo [ Rm 15,30 ]: « Aiutatemi nelle vostre preghiere », afferma: « Giustamente l'Apostolo chiede ai fratelli più umili di pregare per lui.

Poiché i molti, anche se minimi, quando sono uniti insieme diventano grandi: e le preghiere collettive è impossibile che non ottengano » ( quello si intende che è ottenibile ).

- Secondo, affinché siano molti a ringraziare Dio dei benefici concessi ai giusti, e che ridondano a vantaggio di un gran numero di persone: come è evidente nel caso a cui accenna l'Apostolo scrivendo ai Corinzi [ 2 Cor 1,11 ].

- Terzo, affinché le anime grandi non si insuperbiscano, considerando che hanno bisogno delle preghiere delle persone più umili.

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