Summa Teologica - II-II |
Supra, q. 25, a. 9; In 3 Sent., d. 30, q. 1, a. 2
Pare che non siamo tenuti a pregare per i nemici.
1. Come dice S. Paolo [ Rm 15,4 ], « tutto ciò che è stato scritto, è stato scritto per nostro ammaestramento ».
Ora, nella Sacra Scrittura vengono riportate molte imprecazioni contro i nemici.
Nei Salmi [ Sal 6,11 ] infatti si legge: « Arrossiscano e tremino i miei nemici, confusi indietreggino all'istante ».
Anche noi dunque dobbiamo pregare contro i nemici, piuttosto che in loro favore.
2. La vendetta ottenuta sui nemici ridonda a loro danno.
Eppure i Santi chiedono una simile vendetta, come si legge nell'Apocalisse [ Ap 6,10 ]: « Fino a quando non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra? ».
Per cui anche si rallegrano della vendetta sugli empi, secondo l'espressione del Salmo [ Sal 58,11 ]: « Il giusto godrà nel vedere la vendetta ».
Perciò non si deve pregare per i nemici, ma piuttosto contro di essi.
3. Le azioni di un uomo non devono essere in contrasto con le sue preghiere.
Ma in certi casi gli uomini combattono lecitamente i nemici: altrimenti tutte le guerre sarebbero illecite, contro quanto abbiamo dimostrato [ q. 40, a. 1 ].
Quindi non siamo tenuti a pregare per i nemici.
Nel Vangelo [ Mt 5,44 ] si legge: « Pregate per i vostri persecutori ».
Pregare per gli altri, come sopra [ a. prec. ] si è detto, appartiene alla carità.
Perciò come siamo tenuti ad amare i nemici, così siamo tenuti a pregare per loro.
Ora, nel trattato sulla carità abbiamo già visto [ q. 25, aa. 8,9 ] in che modo siamo tenuti ad amare i nostri nemici: siamo tenuti cioè ad amare in essi la natura, non la colpa; per cui amarli in generale è di precetto, mentre amarli in particolare non è di precetto, se non come predisposizione dell'animo: cioè nel senso che saremmo disposti ad amare il nemico in modo speciale e ad aiutarlo qualora capitassero dei casi di necessità, oppure se chiedesse perdono; amare invece di un amore speciale i nemici e aiutarli a prescindere da questi casi particolari è proprio dei perfetti.
Parimenti dunque è stretto dovere non escludere i nemici dalle preghiere generali che facciamo per gli altri.
Invece pregare in modo speciale per essi è di consiglio e non di precetto, salvo casi particolari.
1. Le imprecazioni che riscontriamo nella Sacra Scrittura si possono spiegare in quattro modi.
Primo, nel senso che « i profeti sono soliti predire il futuro a modo di imprecazione », come nota S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 1,21.69 ].
- Secondo, in quanto talora Dio manda ai peccatori dei mali temporali per correggerli.
- Terzo, nel senso che tali richieste non sono rivolte contro le persone, ma contro il regno del peccato: cioè affinché con la correzione dell'uomo venga distrutto il peccato.
- Quarto, conformando la propria volontà alla giustizia di Dio relativamente alla dannazione di chi persevera nel peccato.
2. Come scrive S. Agostino nello stesso libro [ De serm. Dom. in monte 1,22.73 ], « la vendetta dei martiri consiste nella rovina del regno del peccato, sotto la cui tirannide essi hanno tanto sofferto ».
- Oppure, come dice altrove [ De quaest. Vet. et Novi Test. 68 ], « essi chiedono di essere vendicati non con una preghiera espressa, ma con il loro stato: come il sangue di Abele faceva sentire il suo grido dalla terra ».
- Della rivincita poi essi si rallegrano non per la vendetta in se stessa, ma per la divina giustizia.
3. È lecito combattere i nemici per distoglierli dai peccati: cosa che ridonda al bene loro e degli altri.
E così pure è lecito chiedere per essi nella preghiera dei mali temporali perché si ravvedano.
In tal modo dunque la preghiera e l'azione non sono in contrasto.
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