Summa Teologica - II-II |
In 4 Sent., d. 38, q. 1, a. 2, sol. 3; Quodl., 3, q. 7, a. 1
Pare che i voti non diventino solenni con il conferimento degli ordini sacri e la professione di una regola determinata.
1. Come si è già visto [ a. 1 ], il voto è una promessa fatta a Dio.
Ora, le cose che vengono compiute esteriormente per dare solennità all'atto non interessano Dio, ma gli uomini.
Esse quindi sono elementi accidentali del voto.
Perciò tali solennità non possono essere condizioni proprie del voto.
2. Un elemento che incide sulla struttura di una cosa deve potersi attribuire a tutto ciò in cui tale cosa si riscontra.
Ora, sono molte le opere che possono essere materia di voto e che tuttavia non riguardano né l'ordine sacro, né una regola determinata: come il voto di fare un pellegrinaggio, o altro del genere.
Quindi la solennità relativa al conferimento degli ordini sacri e alla professione di una regola determinata non incide sulla natura del voto.
3. Dire voto solenne è come dire voto pubblico.
Ma in pubblico si possono fare molti altri voti oltre a quello che viene emesso nel ricevere gli ordini sacri e nel professare una data regola.
Anzi, questi ultimi possono essere fatti anche in forma privata.
Perciò tali voti non sono gli unici voti solenni.
Solo questi voti impediscono il matrimonio e dirimono il matrimonio già contratto, il che è l'effetto dei voti solenni, come vedremo nella Terza Parte [ Suppl., q. 53, a. 3 ].
Ciascuna cosa riceve la solennità che la sua natura richiede: altra infatti è la solennità riservata al giuramento delle nuove reclute della milizia, consistente in schieramenti e apparati di cavalli, di armi e di soldati, e altra è la solennità delle nozze, che consiste nell'apparato degli sposi e nel convegno dei loro familiari.
Ora, il voto è una promessa fatta a Dio.
Quindi la solennità dei voti va riscontrata in qualcosa di spirituale riguardante Dio: cioè in una spirituale benedizione o consacrazione che per istituzione apostolica viene impartita nella professione di una regola determinata, e che secondo Dionigi [ De eccl. hier. 6,2,3 ] viene immediatamente dopo il conferimento degli ordini sacri.
E la ragione di ciò sta nel fatto che le solennità non vengono accordate se non quando uno si dedica totalmente a un dato compito: infatti non si hanno le solennità delle nozze se non nella celebrazione del matrimonio, quando ciascuno dei coniugi consegna all'altro il dominio sul proprio corpo.
Parimenti si ha la solennità del voto quando uno col ricevere gli ordini sacri viene applicato al ministero sacro; oppure quando, con la professione di una regola determinata, entra nello stato di perfezione mediante la rinunzia al mondo e alla propria volontà.
1. La solennità di cui parliamo non riguarda soltanto gli uomini, ma anche Dio, inquantoché implica una consacrazione o una benedizione spirituale di cui Dio è causa, anche se l'uomo funge da ministro; poiché sta scritto [ Nm 6,27 ]: « Così porranno il mio nome sugli Israeliti, e io li benedirò ».
Per questo i voti solenni hanno presso Dio un'obbligatorietà più grave dei voti semplici; e pecca più gravemente chi li trasgredisce.
- L'affermazione poi che « il voto semplice non obbliga presso Dio meno di quello solenne » [ Decretales 4,6,6 ] va intesa nel senso che i trasgressori sia dell'uno che dell'altro peccano mortalmente.
2. La solennità viene riservata per consuetudine non ad azioni singole, ma all'ingresso in un nuovo stato, come si è detto [ nel corpo ].
Perciò quando oggetto del voto sono azioni particolari, come un pellegrinaggio o un digiuno, a tale voto non va attribuita alcuna solennità, ma questa va riservata al voto col quale uno si dedica totalmente al ministero o al servizio di Dio; il quale voto, nella sua universalità, abbraccia molte opere particolari.
3. Per il fatto di essere emessi in pubblico i voti possono avere una certa solennità umana, ma non quella spirituale e divina, che hanno invece i voti ricordati, anche se vengono emessi davanti a poche persone.
Per cui una cosa sono i voti pubblici e un'altra i voti solenni.
Indice |