Summa Teologica - II-II |
Infra, q. 189, a. 5; In 4 Sent., d. 32, q. 1, a. 4; d. 38, q. 1, a. 1, sol. 3; Contra Retr., c. 12
Pare che le persone sottoposte al potere di altri non siano impedite dal fare voti.
1. Un vincolo minore deve cedere a un vincolo superiore.
Ora, l'obbligo per cui una persona è sottoposta a un uomo è un vincolo inferiore al voto, con cui essa si obbliga verso Dio.
Perciò coloro che sono sottoposti al potere di altri non sono impediti dal fare voti.
2. I figli sono soggetti al potere del padre.
Eppure essi possono professare in una data religione anche contro la volontà dei genitori.
Quindi uno non è impedito dal fare voti per il fatto che è sottoposto al potere di altri.
3. Fare è più che promettere.
Ma i religiosi sottoposti al potere dei loro prelati possono, senza il loro permesso, fare determinate cose: p. es. dire dei salmi, o fare delle astinenze.
A maggior ragione quindi essi possono promettere a Dio simili cose facendone voto.
4. Chiunque fa ciò che non può fare commette peccato.
Ora, i sottoposti nel fare voti non peccano: poiché non c'è mai stata una proibizione del genere.
Quindi secondo il diritto essi possono fare dei voti.
Nel libro dei Numeri [ Nm 30,4ss ] viene comandato che « se una donna avrà fatto un voto al Signore mentre è ancora in casa del padre, durante la sua giovinezza », non è tenuta al voto se il padre non vi acconsente.
E lo stesso si dice [ Nm 30,7ss ] per la donna sposata.
Quindi per gli stessi motivi neppure le altre persone soggette all'altrui potere possono obbligarsi con voto.
Il voto, come si è detto [ a. 1 ], è una promessa fatta a Dio.
Ora, nessuno può obbligarsi stabilmente a una cosa che è soggetta al potere di un altro, ma solo a quanto ricade in suo potere.
D'altra parte chi è sottoposto a un altro, rispetto alle cose in cui è sottoposto non ha la facoltà di fare ciò che vuole, ma dipende dal volere altrui.
Quindi non può obbligarsi stabilmente con un voto a cose in cui dipende da un altro, senza il consenso del proprio superiore.
1. Come sopra [ a. 2 ] si è visto, la promessa che si fa a Dio non può avere per oggetto se non atti virtuosi.
Ma che un uomo offra a Dio cose che appartengono a un altro è un atto contrario alla virtù, come si è visto [ q. 86, a. 3 ].
Quindi il voto non può obbligare fermamente quando un sottoposto promette ciò che ricade sotto il dominio di un altro, a meno che la promessa non sia condizionata al suo consenso.
2. Giunto agli anni della pubertà un uomo di libera condizione può disporre di se stesso nelle cose che riguardano la sua persona: p. es. può obbligarsi con voto alla vita religiosa, o a contrarre matrimonio.
Egli però non può disporre liberamente dell'economia familiare.
Per cui in questo campo non può fare voti che siano valevoli senza il consenso paterno.
- Lo schiavo poi, essendo sotto il dominio del padrone anche per le azioni strettamente personali, non può obbligarsi con voto alla vita religiosa, con la quale verrebbe a sottrarsi al dominio del padrone.
3. Il religioso nell'operare dipende dal suo prelato secondo le norme di una data regola.
Perciò, anche se nel momento può fare qualcosa, quando non viene impegnato in altro dal suo superiore, tuttavia nessun voto da lui fatto ha stabilità senza il consenso del superiore: poiché non c'è un momento in cui il sottoposto non possa venire impiegato in qualcosa da parte del superiore.
Come neppure è valevole il voto di una fanciulla che vive in casa se non c'è l'approvazione del padre; né quello della moglie senza il consenso del marito.
4. Sebbene il voto di coloro che sono sottoposti all'altrui potere non sia valido senza l'approvazione dei superiori, essi tuttavia non peccano facendo il voto: poiché in tale atto è sottintesa la condizione richiesta, cioè se sarà gradito ai superiori, o non vi sarà da parte loro opposizione.
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