Summa Teologica - II-II |
In 4 Sent., d. 16, q. 4, a. 1, sol. 1; In Thren., c. 4
Pare che la simulazione non sia sempre un peccato.
1. Nel Vangelo [ Lc 24,28 ] si legge che il Signore « fece come se dovesse andare più lontano ».
E S. Ambrogio [ De Abraham 1,8 ] dice che Abramo « usò con i suoi servi delle parole capziose » quando disse [ Gen 22,5 ]: « Io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi ».
Ora, fingere e usare parole capziose è proprio della simulazione.
D'altra parte non si può affermare che in Cristo e in Abramo ci sia stato il peccato.
Quindi la simulazione non è sempre peccaminosa.
2. Nessun peccato è utile.
Ma stando a S. Girolamo [ In Gal 1, su 2,11 ], « l'esempio di Jeu re di Israele [ 2 Re 10,18ss ], il quale fingendo di voler adorare gli idoli sterminò i sacerdoti di Baal, ci insegna che a tempo opportuno si deve ricorrere a un'utile simulazione ».
Di Davide poi si racconta [ 1 Sam 21,13 ] che « contraffece il suo volto dinanzi ad Achis re di Gat ».
Quindi non tutte le simulazioni sono peccato.
3. Il bene è contrario al male.
Se quindi è un peccato simulare il bene, simulare il male sarà una cosa buona.
4. Isaia [ Is 3,9 ] rivolge ad alcuni questo rimprovero: « Come Sodoma hanno ostentato il loro peccato, e non l'hanno nascosto ».
Ora, nascondere il peccato è un atto di simulazione.
Perciò talora è riprovevole non ricorrere alla simulazione.
Ma evitare un peccato non è mai riprovevole.
Quindi non sempre la simulazione è un peccato.
Nel commentare un passo di Isaia [ Is 16,14 ] la Glossa [ ord. ] afferma: « Fra i due mali, è un peccato più leggero peccare apertamente che simulare la santità ».
Ma peccare apertamente è sempre un peccato.
Quindi anche simulare.
Come si è detto [ q. 109, a. 3, ad 3 ], la virtù della veracità esige che uno si mostri all'esterno con segni sensibili quale è realmente.
Ma sono segni esterni non soltanto le parole, bensì anche i fatti.
Come quindi è contro la veracità che uno esprima con le parole ciò che non pensa, cadendo nella menzogna, così è contro la veracità che uno esprima con segni consistenti in opere o cose il contrario di ciò che egli è in se stesso, nel che consiste propriamente il peccato di simulazione.
Quindi la simulazione è una certa menzogna attuata mediante il segno dell'azione esteriore.
Ora, poco importa che uno menta con le parole o con altre opere, come sopra [ q. 110, a. 1, ad 2 ] si è detto.
Quindi, avendo noi già dimostrato [ q. 110, a. 3 ] che qualsiasi menzogna è peccaminosa, ne segue pure che qualsiasi simulazione è un peccato.
1. Come nota S. Agostino [ De quaest. Evang. 2,51 ], « non tutto ciò che fingiamo è una menzogna, ma si ha la menzogna solo quando fingiamo ciò che non significa nulla.
Quando invece la nostra finzione sta a esprimere qualcosa, non è una menzogna, bensì una figura della verità ».
E porta l'esempio delle figure letterarie, nelle quali si finge qualcosa non per asserire che la realtà è in quel modo, ma come figura di altre cose che intendiamo asserire.
Così dunque il Signore « finse di andare più lontano », poiché nel muoversi fece come uno che avesse voluto andare più lontano, per esprimere in senso figurato qualcosa: cioè che egli era lontano dalla loro fede, come spiega S. Gregorio [ In Evang. hom. 23 ]; oppure, come spiega S. Agostino [ De quaest. Evang. 2,51 ], perché essendo sul punto di allontanarsi con l'ascensione al cielo, in qualche modo sarebbe stato come trattenuto sulla terra dall'ospitalità.
- E anche Abramo si espresse in termini figurati.
Per cui S. Ambrogio [ l. cit. nell'ob. ] afferma che Abramo « disse profeticamente ciò che ignorava.
Egli infatti pensava di tornare solo, dopo l'immolazione del figlio: ma il Signore disse per bocca sua ciò che aveva predisposto ».
Per cui è evidente che nessuno dei due ricorse alla simulazione.
2. S. Girolamo usa il termine simulazione in senso lato, per un accorgimento qualsiasi.
L'alterazione poi che Davide fece del suo volto aveva un senso figurale, come spiega la Glossa [ ord. ] commentando il titolo del Salmo [ Sal 34,2 ]: «Benedirò il Signore in ogni tempo».
- Invece non è necessario scusare la simulazione di Ieu dal peccato o dalla menzogna, trattandosi di un re malvagio che non si allontanò dall'idolatria di Geroboamo [ 2 Re 10, 9.31 ].
Tuttavia egli venne lodato e temporalmente ricompensato da Dio [ 2 Re 10,30 ], non per la simulazione, ma per lo zelo col quale distrusse il culto di Baal.
3. Alcuni affermano che nessuno può fingere di essere cattivo, poiché non si può simulare di essere cattivi con delle opere buone; e se poi uno compie delle opere cattive, è cattivo.
- Ma questo argomento non persuade.
Uno potrebbe infatti simulare di essere cattivo con delle opere in se stesse non cattive, ma aventi l'apparenza del male.
Tuttavia anche questa simulazione è cattiva, sia per la menzogna, sia per lo scandalo.
Sebbene però chi finge in questo modo sia cattivo, tuttavia non diventa cattivo di quella cattiveria che finge di avere.
E poiché la simulazione è riprovevole per se stessa e non a motivo di ciò che si vuol fingere, sia che venga simulato il bene o il male, essa è sempre peccaminosa.
4. Uno mente con le parole quando esprime ciò che non è, non già quando tace ciò che è, nei casi in cui è lecito tacere.
Parimenti si ha la simulazione quando uno con dei fatti o delle cose esterne esprime ciò che non è, non già se tralascia di esprimere ciò che è.
Per cui uno può nascondere il suo peccato senza simulazione.
Ed è così che vanno intese le parole di S. Girolamo [ l. cit. in ob. 2, c. 3 ]: « Il secondo rimedio dopo il naufragio è nascondere il proprio peccato »; perché cioè gli altri non si scandalizzino.
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