Summa Teologica - II-II

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Articolo 3 - Se l'avarizia si contrapponga alla liberalità

De Malo, q. 13, a. 1; In 4 Ethic., lectt. 1, 3, 5

Pare che l'avarizia non si contrapponga alla liberalità.

Infatti:

1. Il Crisostomo [ In Mt hom. 15 ], spiegando quel passo evangelico [ Mt 5,6 ]: « Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia », afferma che ci sono due specie di giustizia, una « generale » e l'altra « speciale », a cui si contrappone l'avarizia.

E l'affermazione si trova anche in Aristotele [ Ethic. 5, cc. 1,2 ].

Quindi l'avarizia non si contrappone alla liberalità.

2. Il peccato di avarizia consiste nel fatto che uno passa la misura nelle cose possedute.

Ma tale misura viene fissata dalla giustizia.

Quindi l'avarizia si contrappone direttamente alla giustizia, e non alla liberalità.

3. La liberalità è una virtù che, secondo il Filosofo [ Ethic. 2,7; 4,1 ], tiene il giusto mezzo tra due vizi contrari.

L'avarizia invece, come egli ritiene [ Ethic. 5,1 ], non ha un vizio contrario che le si opponga.

Quindi l'avarizia non si contrappone alla liberalità.

In contrario:

Sta scritto [ Qo 5,9 ] che « l'avaro mai si sazia di danaro, e chi ama la ricchezza non ne trae profitto ».

Ma essere insaziabili di danaro e amarlo disordinatamente è l'opposto della liberalità, che tiene il giusto mezzo nella brama delle ricchezze.

Quindi l'avarizia si contrappone alla liberalità.

Dimostrazione:

L'avarizia implica due tipi di disordine rispetto alle ricchezze.

Primo, direttamente nell'acquisto e nella conservazione di esse: come quando uno acquista il danaro oltre i limiti del dovuto rubando i beni altrui, o non restituendoli.

E così si contrappone alla giustizia.

Ed è in questo senso che parla dell'avarizia quel passo di Ezechiele [ Ez 22,27 ]: « I suoi capi in mezzo ad essa sono come lupi rapaci pronti a spargere il sangue e a perseguire il guadagno con avarizia ».

Secondo, l'avarizia implica un disordine nell'affetto interiore relativo alle ricchezze: in quanto cioè uno ama o desidera troppo il danaro, o troppo si compiace di esso, anche se non vuol prendere la roba altrui.

E in questo senso l'avarizia si contrappone alla liberalità la quale, come si è visto [ q. 117, a. 2, ad 1; a. 3, ad 3; a. 6 ], regola tale affetto.

Ed è così che dell'avarizia parla S. Paolo in quel testo [ 2 Cor 9,5 ]: « Organizzino questa offerta già promessa perché essa sia pronta come una vera offerta, e non come un atto di avarizia »; « cioè rammaricandosi di avere dato, o dando troppo poco », come spiega la Glossa [ interlin. ].

Analisi delle obiezioni:

1. Il Crisostomo e il Filosofo parlano dell'avarizia presa nel primo senso.

Invece l'avarizia presa nell'altro senso viene chiamata da Aristotele [ Ethic. 2,7 ] « illiberalità ».

2. La giustizia fissa nelle ricchezze la misura del dare e dell'avere in rapporto al debito legale: in modo cioè che uno non prenda né ritenga la roba d'altri.

Invece la liberalità ne fissa la misura secondo ragione principalmente in rapporto agli affetti interiori, e conseguentemente in rapporto agli atti esterni dell'acquisto, della conservazione e dell'uso del danaro in quanto derivano dagli affetti interiori, in base non al debito legale, ma a quello morale, che si fonda sulla regola della ragione.

3. L'avarizia in quanto si contrappone alla giustizia non ha un vizio contrario: poiché l'avarizia in tal caso consiste nel possedere più del giusto, al che si contrappone il possedere meno del giusto, che non è una colpa, ma una pena.

Invece all'avarizia quale vizio contrario alla liberalità si contrappone il vizio della prodigalità.

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