Summa Teologica - II-II |
Pare che l'avarizia non sia un vizio capitale.
1. Essa si contrappone alla liberalità, di cui non rispetta il giusto mezzo, e alla prodigalità, che è il vizio contrario.
Ma la liberalità non è tra le virtù principali, e neppure la prodigalità è un vizio capitale.
Quindi neppure l'avarizia può essere considerata un vizio capitale.
2. Come si è spiegato sopra [ I-II, q. 84, aa. 3, 4 ], sono capitali quei vizi che hanno per oggetto i fini principali, a cui sono subordinati i fini degli altri vizi.
Ma questo non è il caso dell'avarizia: poiché le ricchezze non hanno natura di fine, bensì di mezzi ordinati al fine, come insegna Aristotele [ Ethic. 1,5 ].
Quindi l'avarizia non è un vizio capitale.
3. S. Gregorio [ Mor. 15,25 ] ha scritto che « l'avarizia deriva ora dall'orgoglio e ora dal timore.
Infatti alcuni si abbandonano all'avarizia temendo che venga loro a mancare il necessario.
Altri invece estendono la brama verso la roba altrui per il fatto che vogliono apparire più potenti ».
Perciò l'avarizia, invece di essere un vizio capitale rispetto ad altri vizi, deriva piuttosto da essi.
S. Gregorio [ Mor. 31,45 ] mette l'avarizia tra i vizi capitali.
Come si è già spiegato [ I-II, q. 83, aa. 3-4 ], un vizio è detto capitale per la sua priorità su altri vizi in ordine al fine; il quale per la sua particolare appetibilità spinge l'uomo a compiere molti atti buoni o cattivi.
Ora, il fine più appetibile è la beatitudine, o felicità, che è il fine ultimo della vita umana, come sopra [ I-II, q. 1, a. 8, s. c. ] si è dimostrato.
Perciò più una cosa partecipa le condizioni della felicità e più è appetibile.
Ma una delle condizioni della felicità è di soddisfare pienamente: altrimenti essa non potrebbe acquietare l'appetito quale ultimo fine.
Ora, sono le ricchezze che promettono al massimo questa soddisfazione, dice Boezio [ De consol. 3, pr. 3 ].
E il Filosofo [ Ethic. 5,5 ] ne dà la ragione dicendo che « il danaro ci serve di garanzia per ottenere qualsiasi cosa »; e nell'Ecclesiaste [ Qo 10,19 Vg ] si legge che « tutto ubbidisce al danaro ».
Quindi l'avarizia, che consiste nella brama del danaro, è un vizio capitale.
1. La virtù si attua secondo la ragione, il vizio invece secondo l'inclinazione dell'appetito sensitivo.
Ora, la ragione e l'appetito sensitivo non hanno in comune un identico oggetto principale di riferimento.
Per cui non è detto che un vizio capitale corrisponda a una virtù principale, o cardinale.
Sebbene quindi la liberalità non sia una virtù cardinale, non avendo per oggetto uno dei beni principali della ragione, tuttavia l'avarizia è un vizio principale, poiché ha di mira il danaro, che gode di una certa preminenza fra gli altri beni sensibili, per i motivi indicati [ nel corpo ].
- La prodigalità invece non è ordinata a un fine appetibile in maniera preminente, ma deriva piuttosto da una mancanza di criterio.
Per cui il Filosofo [ Ethic. 4,1 ] può dire che il prodigo è più vano che cattivo.
2. Il danaro è ordinato ad altre cose come al suo fine, ma in quanto può servire ad acquistare tutti i beni sensibili contiene virtualmente in qualche modo ogni altra cosa.
Per cui ha una certa somiglianza con la felicità, come si è spiegato [ nel corpo ].
3. Secondo le spiegazioni date in precedenza [ q. 36, a. 4, ad 1 ], nulla impedisce che un vizio capitale nasca talora da altri vizi, purché a sua volta ne dia origine ad altri.
Indice |