Summa Teologica - II-II |
I-II, q. 76, a. 4, ad 2, 4; q. 77, a. 7; In 2 Sent., d. 22, q. 2, a. 2, ad 2; De Malo, q. 15, a. 2, ad 9; In 3 Ethic., lect. 11
Pare che l'ubriachezza non scusi dal peccato.
1. Il Filosofo [ Ethic. 3,5 ] scrive che « l'ubriaco merita una doppia punizione ».
Perciò l'ubriachezza non scusa, ma piuttosto aggrava il peccato.
2. Un peccato non risulta scusato da un altro peccato, bensì aggravato.
Ma l'ubriachezza è un peccato.
Quindi essa non scusa dal peccato.
3. Il Filosofo [ Ethic. 7,3 ] afferma che la ragione umana, come è legata dall'ubriachezza, così lo è anche dalla concupiscenza.
Ma la concupiscenza non scusa dal peccato.
Quindi neppure l'ubriachezza.
Come insegna S. Agostino [ Contra Faustum 22, cc. 43,44 ], Lot va scusato dall'incesto a motivo dell'ubriachezza.
Nell'ubriachezza, come si è visto [ a. 1 ], bisogna distinguere due cose: la menomazione che ne deriva e l'atto che la precede.
Dal lato della menomazione che ne deriva, e che consiste nell'offuscamento della ragione, l'ubriachezza porta a scusare il peccato, poiché causa l'involontarietà dovuta all'ignoranza, o incoscienza.
- Invece in rapporto all'atto antecedente bisogna distinguere: poiché se da tale atto l'ubriachezza è derivata senza peccato, allora le mancanze successive sono del tutto esenti da colpa: e così pare che sia accaduto nel caso di Lot [ Gen 19,30ss ].
Se invece l'atto precedente era colpevole, allora uno non è scusato totalmente dai peccati che ne derivano, i quali sono resi volontari dalla volontarietà dell'atto antecedente: in quanto cioè nell'intraprendere un'azione illecita uno viene a cadere in un altro peccato.
Tuttavia il peccato successivo risulta diminuito, come è diminuita anche la volontarietà.
Per cui S. Agostino [ Contra Faustum 22,44 ] afferma che « Lot fu colpevole non secondo la gravità dell'incesto, ma secondo quella dell'ubriachezza ».
1. Il Filosofo non dice che l'ubriaco merita una punizione più grave, ma che merita « una doppia punizione », poiché commette due peccati.
Oppure si può rispondere che egli parla secondo la legge di un certo Pittaco [ cf. Polit. 2,9 ], il quale aveva stabilito che « se gli ubriachi avessero colpito qualcuno fossero puniti più degli altri, in quanto più facili all'ingiuria ».
E in questo, dice Aristotele [ ib. ], egli « badava più all'utilità », cioè all'efficacia della repressione, « che alla compassione necessaria verso gli ubriachi », per il fatto cioè che non sono padroni di sé.
2. L'ubriachezza, come si è detto [ nel corpo ], scusa dal peccato non in quanto è un peccato, ma per la menomazione che la accompagna.
3. La concupiscenza non paralizza totalmente la ragione come l'ubriachezza: a meno che non sia tale da far perdere il senno.
E tuttavia la passione della concupiscenza diminuisce il peccato: essendo meno grave peccare per debolezza che per malizia.
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