Summa Teologica - II-II |
Supra, a. 1; In 4 Sent., d. 41, q. 1, a. 4, sol. 1, 2; De Malo, q. 15, a. 3
Pare che l'incesto non sia una specie distinta della lussuria.
1. Incesto suona « non casto ».
Ma alla castità si contrappone in generale la lussuria.
Quindi l'incesto non è una specie della lussuria, ma la lussuria in genere.
2. Nel Decreto [ di Graz. 2,28,1 ] si legge che « l'incesto è l'abuso di donne consanguinee o affini ».
Ma l'affinità è distinta dalla consanguineità.
Quindi l'incesto non è una specie unica della lussuria, ma una pluralità di specie.
3. Ciò che non implica un particolare disordine in se stesso non costituisce una determinata specie di peccato.
Ma l'accostarsi a donne consanguinee o affini non è in se stesso un disordine: altrimenti non sarebbe stato lecito in alcun tempo.
Quindi l'incesto non è una specie determinata della lussuria.
Le specie della lussuria si distinguono secondo le diverse condizioni delle donne di cui si abusa.
Ma l'incesto implica una speciale condizione di queste donne: poiché esso è « l'abuso di donne consanguinee o affini », come si è detto [ ob. 2 ].
Quindi l'incesto è una specie determinata della lussuria.
Bisogna ammettere, come già si è detto [ aa. 1,6 ], una specie determinata di lussuria là dove si riscontra qualcosa che ripugna all'uso legittimo della sessualità.
Ora, nel rapporto sessuale con i consanguinei o gli affini vi è tale ripugnanza per tre motivi.
Primo, poiché per natura l'uomo deve un certo onore ai genitori, e di conseguenza agli altri consanguinei, che ad essi immediatamente si riallacciano nella loro origine: cosicché presso gli antichi, come riferisce Valerio Massimo [ Dict. factorumque memorab. 2,1 ], non era ammesso che un figlio potesse fare il bagno assieme al padre, per non vedersi nudi reciprocamente.
Ora è evidente, in base a quanto detto [ q. 142, a. 4; q. 151, a. 4 ], che negli atti venerei si ha un eccesso di turpitudine che è incompatibile con l'onore: per cui gli uomini se ne vergognano più di ogni altra cosa.
È quindi sconveniente che avvengano rapporti sessuali tra simili persone.
E a questo motivo pare accennare quel testo del Levitico [ Lv 18,7 ]: « È tua madre: non scoprirai la sua nudità ».
E la stessa cosa dice poi per gli altri parenti.
Secondo, perché i consanguinei devono necessariamente convivere.
Per cui se gli uomini non venissero distolti da questi rapporti sessuali, si offrirebbero loro continue occasioni; e così i loro animi sarebbero snervati dalla lussuria.
Per questo nell'antica legge viene proibito in modo particolare il rapporto sessuale con tutte le persone con cui si deve convivere.
Il terzo motivo sta nel fatto che altrimenti si impedirebbe il moltiplicarsi delle amicizie: poiché quando uno prende per sposa un'estranea si rende amici tutti i consanguinei di lei, come se fossero suoi consanguinei.
Da cui le parole di S. Agostino [ De civ. Dei 15,16 ]: « Una norma rettissima di carità invita gli uomini, per i quali la concordia è utile e onorabile, a moltiplicare i loro legami di parentela: un solo uomo non dovrebbe concentrarli troppo in se stesso, ma dovrebbe ripartirli tra soggetti differenti ».
Aristotele [ Polit. 2,1 ] poi aggiunge un quarto motivo affermando che se l'uomo, il quale già naturalmente ama le proprie consanguinee, vi aggiungesse l'amore proprio dell'atto sessuale, si avrebbe una passione eccessiva e un incentivo massimo alla libidine; il che è incompatibile con la castità.
Perciò è evidente che l'incesto è una specie determinata della lussuria.
1. L'abuso dei consanguinei provocherebbe la più grave corruzione della castità: sia per le facili occasioni, sia per l'eccesso della passione amorosa, come si è detto [ nel corpo ].
Per cui tale abuso viene detto per antonomasia incesto.
2. Una persona diviene affine per la consanguineità di un proprio congiunto.
Poiché dunque l'una cosa deriva dall'altra, la consanguineità e l'affinità producono un disordine dello stesso genere.
3. Nei rapporti sessuali fra congiunti ci sono delle cose disoneste e ripugnanti in se stesse secondo la ragione naturale, come l'accoppiamento tra genitori e figli, la cui cognazione è immediata: i figli infatti devono onorare per natura i loro genitori.
E il Filosofo [ De animal. 9,47 ] racconta che un cavallo, essendo stato spinto con inganno all'accoppiamento con la madre, per l'orrore andò a gettarsi da sé in un precipizio: poiché persino certi animali sentono una naturale riverenza verso i genitori.
Invece nelle altre persone che hanno una cognazione non immediata, ma in forza dei genitori, non si riscontra di per sé un disordine evidente: e così la convenienza o la sconvenienza varia secondo le abitudini, e secondo la legge umana o divina.
Essendo infatti l'uso della sessualità ordinato al bene comune, come si è detto [ a. 2 ], esso soggiace alla legge.
Per cui S. Agostino [ De civ. Dei 15,16 ] scrive che « il rapporto carnale tra fratelli e sorelle, quanto più fu antico per una stretta necessità, tanto più fu ritenuto in seguito condannabile per il divieto della religione ».
Indice |