Summa Teologica - II-II |
In 4 Sent., d. 33, q. 1, a. 3, sol. 2; C. G., III, c. 122; De Malo, q. 15, a. 2, ad 11 sqq.; Expos. in Decal., c. De Sexto Praecepto; Quodl., 3, q. 5, a. 2; 8, q. 6, a. 5
Pare che la semplice fornicazione non sia un peccato mortale.
1. Le cose elencate nella medesima enumerazione sono da considerarsi alla pari.
Ora, la fornicazione venne enumerata assieme a pratiche che non sono peccati mortali; si legge infatti [ At 15,29 ]: « Astenetevi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla fornicazione »; cose queste di cui l'uso non costituisce un peccato mortale, stando alle parole di S. Paolo [ 1 Tm 4,4 ]: « Nulla è da scartarsi, quando lo si prende con rendimento di grazie ».
Perciò la fornicazione non è un peccato mortale.
2. Nessun peccato mortale può essere comandato da Dio.
Ma a Osea [ Os 1,2 ] il Signore comandò: « Va, prenditi in moglie una prostituta e abbi figli di fornicazione ».
Quindi la fornicazione non è un peccato mortale.
3. Nella Scrittura non è mai riferito un peccato mortale senza che venga biasimato.
Invece la semplice fornicazione degli antichi Patriarchi viene riferita nella Scrittura senza rimproveri: come si legge di Abramo [ Gen 16,4 ] che si accostò alla sua schiava Agar; di Giacobbe [ Gen 30,5.9 ] che si unì con le schiave delle sue mogli Balam e Zelfa; e ancora di Giuda [ Gen 38,15ss ] che si unì con Tamar, da lui creduta una meretrice.
Quindi la fornicazione semplice non è un peccato mortale.
4. Tutti i peccati mortali vanno contro la carità.
Ma la fornicazione semplice non è contro la carità: né quanto all'amore di Dio, non essendo essa un peccato diretto contro Dio, né quanto all'amore del prossimo, poiché con essa non si fa torto a nessuno.
Quindi la fornicazione semplice non è un peccato mortale.
5. Ogni peccato mortale conduce alla perdizione eterna.
Non così invece la fornicazione semplice: poiché spiegando quel passo di S. Paolo [ 1 Tm 4,8 ]: « La pietà è utile a tutto », S. Ambrogio [ Ambrosiaster, in 1 Tm ] afferma: « Tutto l'insegnamento di Cristo si riduce alla misericordia e alla pietà.
Chi è fedele in questo, anche se soccombe alle attrattive della carne, senza dubbio sarà punito, ma non perirà ».
Quindi la fornicazione semplice non è un peccato mortale.
6. S. Agostino [ De bono coniug. 16.18 ] ha scritto che « l'unione sessuale è per la vita del genere umano ciò che è il cibo per la vita del corpo ».
Ma non ogni disordine nel mangiare è un peccato mortale.
Perciò neppure ogni unione sessuale disordinata.
E ciò vale soprattutto per la fornicazione semplice, che è la meno grave delle specie elencate.
1. In Tobia [ Tb 4,13 ] si legge: « Tieniti lontano da ogni fornicazione, e non ti permettere mai di commettere un crimine con una che non sia tua moglie ».
Ora, il termine crimine implica un peccato mortale.
Quindi la fornicazione e ogni unione sessuale fuori del matrimonio è un peccato mortale.
2. Solo il peccato mortale esclude dal regno dei cieli.
Ma tale è l'effetto della fornicazione, come risulta da quel testo di S. Paolo [ Gal 5,19ss ] in cui, dopo aver elencato la fornicazione assieme ad altri peccati, conclude: « Chi compie queste cose non erediterà il regno di Dio ».
Perciò la fornicazione semplice è un peccato mortale.
3. Nel Decreto [ di Graz. 2,22,1,17 ] si legge: « Devono sapere che allo spergiuro va imposto un castigo pari a quello dell'adulterio, della fornicazione, dell'omicidio volontario e degli altri vizi criminali ».
Quindi la fornicazione semplice è un peccato criminale, cioè mortale.
Si deve ritenere senza alcun dubbio che la fornicazione semplice è un peccato mortale, sebbene la Glossa [ ord. ] nel commentare un passo del Deuteronomio [ Dt 23,17 ] dica: « Proibisce di praticare le meretrici, la cui turpitudine è veniale ».
Infatti non si deve leggere veniale, ma venale, il che è proprio delle meretrici.
Per chiarire la cosa si deve notare che sono mortali tutti i peccati commessi direttamente contro la vita dell'uomo.
Ora, la fornicazione implica un disordine che nuoce alla vita di chi può nascere da un simile atto.
Vediamo infatti che tutti quegli animali nei quali per l'educazione della prole si richiede la cura del maschio e della femmina non praticano l'unione sessuale occasionale, ma quella del maschio con una data femmina, una o più di una: come è evidente nel caso di tutti gli uccelli.
Diverso è invece il caso degli animali in cui la sola femmina basta ad allevare i piccoli, nei quali c'è l'accoppiamento occasionale, come avviene nei cani e in altri animali del genere.
Ora, è evidente che per educare un uomo non si richiede soltanto la cura della madre, che deve allattarlo, ma ancora di più quella del padre, che deve istruirlo e difenderlo, e provvederlo di beni sia interni che esterni.
Perciò è contro la natura dell'uomo l'unione sessuale occasionale, ed è invece necessaria l'unione dell'uomo con una determinata donna, con la quale egli deve convivere non per un certo tempo, ma a lungo, o anche per tutta la vita.
E da ciò deriva che è naturale per i maschi della specie umana la preoccupazione della certezza della loro prole, poiché ad essi incombe il dovere di educarla.
Ma questa certezza verrebbe tolta se venisse praticata l'unione sessuale occasionale.
- Ora, questa scelta di una data donna prende il nome di matrimonio.
Ed è per questo che si dice che esso è di diritto naturale.
Ma poiché l'unione sessuale è ordinata al bene comune di tutto il genere umano, e i beni comuni sono oggetto delle determinazioni della legge, come si è visto sopra [ I-II, q. 90, a. 2 ], è evidente che questa unione dell'uomo e della donna denominata matrimonio va determinata da qualche legge.
Di questo argomento però parleremo nella Terza Parte di quest'opera, quando trattereremo del sacramento del matrimonio [ Suppl., q. 41 ].
- Siccome quindi la fornicazione è un'unione sessuale occasionale, avvenendo fuori del matrimonio, essa è contraria al bene della prole.
Quindi è un peccato mortale.
E poco importa che qualcuno nel commettere fornicazione con una donna provveda poi efficacemente all'educazione della prole.
Poiché le disposizioni della legge vanno date secondo ciò che accade ordinariamente, e non secondo ciò che può accadere in qualche caso.
1. La fornicazione fu enumerata [ dagli Apostoli ] con quelle altre pratiche non perché fosse alla pari con esse quanto alla colpevolezza, ma perché alla pari con esse poteva provocare un dissidio fra i Giudei e i Gentili, e impedire la loro concordia.
Poiché presso i Gentili, per la corruzione della ragione naturale, la fornicazione semplice non era considerata illecita, mentre i Giudei, istruiti dalla legge divina, la reputavano illecita.
Invece le altre cose ricordate in quel testo erano in abominio presso i Giudei in quanto abituati alle osservanze legali.
Perciò gli Apostoli le proibirono non perché intrinsecamente illecite, ma perché ritenute abominevoli dai Giudei, come si è detto anche sopra [ I-II, q. 103, a. 4, ad 3 ].
2. La fornicazione è peccato in quanto è contraria alla retta ragione.
Ma la ragione umana è retta in quanto è regolata dalla volontà di Dio, che è la regola prima e suprema.
Perciò quanto l'uomo compie per volontà di Dio, obbedendo ai suoi comandi, non è contro la retta ragione, sebbene sia contro l'ordine consueto della ragione: come del resto non è contro natura un fatto miracoloso compiuto dalla potenza divina, sebbene sia contro il corso ordinario della natura.
Come quindi non peccò Abramo [ Gen 22 ] nel voler uccidere il suo figlio innocente, poiché obbediva a Dio, sebbene in se stessa questa cosa sia ordinariamente contro la rettitudine della ragione umana, così non peccò Osea nel fornicare per comando di Dio.
Anzi, tale unione a rigore non può neppure dirsi fornicazione, sebbene sia così chiamata in rapporto alla norma comune.
Da cui le parole di S. Agostino [ Conf. 3,8 ]: « Quando Dio comanda una cosa contro le usanze o le decisioni di chicchessia, sebbene ciò non sia stato mai fatto, bisogna farlo ».
E aggiunge: « Come infatti tra i poteri umani quello superiore può comandare all'inferiore, così Dio può comandare a tutti ».
3. Abramo e Giacobbe si accostarono alle loro ancelle senza commettere fornicazione, come vedremo in seguito nel trattato sul matrimonio [ cf. Suppl. q. 65, a. 5, ad 2 ].
- Giuda invece non va necessariamente scusato dal peccato, poiché fu responsabile anche della vendita di suo fratello Giuseppe [ Gen 37,27 ].
4. La fornicazione semplice è contraria all'amore verso il prossimo precisamente perché, come si è spiegato [ nel corpo ], il suo atto generativo è incompatibile col bene della prole che ne potrebbe nascere.
5. Chi soccombe alle attrattive della carne è liberato dalla perdizione eterna grazie alle opere di bene inquantoché con tali opere si predispone a ricevere la grazia del pentimento, e inquantoché soddisfa con tali opere ai peccati commessi.
Non invece nel senso che perseverando impenitente nei peccati della carne fino alla morte possa essere liberato grazie alle opere di misericordia.
6. Un uomo può essere generato da un solo rapporto sessuale.
Perciò il disordine di tale rapporto, che impedisce il bene dell'eventuale prole, è un peccato mortale nel suo genere, e non soltanto per il disordine della concupiscenza.
Invece un solo pasto non basta a impedire tutto il bene di un individuo umano: perciò un atto di gola non è nel suo genere un peccato mortale.
Lo sarebbe però se uno a ragion veduta prendesse un cibo capace di cambiare tutta la sua condizione di vita, come nel caso di Adamo [ Gen 2,17 ].
- Inoltre non è vero che la fornicazione sia il più piccolo dei peccati di lussuria.
Infatti è meno grave il rapporto sessuale tra coniugi motivato dalla libidine.
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