Summa Teologica - II-II |
I-II, q. 58, a. 3, ad 2; III, q. 7, a. 2, ad 3; In 3 Sent., d. 33, q. 3, a. 2, sol. 1, ad 1
Pare che la continenza non sia una virtù.
1. Una specie non si contrappone mai al proprio genere.
Invece troviamo in Aristotele [ Ethic. 7,1 ] che la continenza si contrappone alla virtù in una certa divisione.
Quindi la continenza non è una virtù.
2. Nessuno pecca esercitando una virtù: poiché, secondo S. Agostino [ De lib. arb. 2,19.51 ], « della virtù nessuno usa malamente ».
Invece uno può peccare contenendosi: p. es. se desidera fare del bene e si trattiene dal farlo.
Quindi la continenza non è una virtù.
3. Nessuna virtù ritrae dalle cose lecite, ma solo dalle illecite.
Ora, la continenza ritrae dalle cose lecite: infatti la Glossa [ interlin. su Gal 5,23 ] afferma che con la continenza uno « si astiene anche dalle cose lecite ».
Quindi la continenza non è una virtù.
Ogni abito lodevole è una virtù.
Ma tale è appunto la continenza: poiché Andronico [ De affect. ] scrive che « la continenza è un abito che non si lascia vincere dal piacere ».
Perciò la continenza è una virtù.
Il termine continenza ha diverse accezioni.
Alcuni per continenza intendono l'astensione da ogni piacere sessuale: per cui l'Apostolo [ Gal 5,23 ] affianca la continenza alla castità.
Se è presa dunque in questo senso, allora la continenza perfetta e principale è la verginità, e in secondo luogo viene la vedovanza.
E in questa accezione vale per la continenza ciò che sopra [ q. 152, a. 3 ] abbiamo detto a proposito della verginità, che è appunto una virtù.
Altri invece ritengono che la continenza sia la facoltà di resistere alle cattive concupiscenze che si scatenano con violenza.
Ed è in questo senso che parla di essa Aristotele [ Ethic. 7, cc. 1,9 ], e anche Cassiano [ Coll. Patrum 12,10 ].
Così intesa la continenza ha un aspetto di virtù, in quanto la ragione è fatta per resistere alle passioni, tuttavia non raggiunge la perfetta natura di una virtù morale, la quale esige la sottomissione alla ragione dello stesso appetito sensitivo, così da impedire l'insorgere in esso di passioni violente contrarie alla ragione.
Per cui il Filosofo [ Ethic. 4,9 ] afferma che « la continenza non è una virtù, ma una certa mescolanza », in quanto cioè possiede certi elementi della virtù, ma è mancante di altri.
- Prendendo tuttavia il termine virtù nel senso di qualsiasi principio lodevole di operazione, possiamo dire che la continenza è una virtù.
1. Il Filosofo contrappone la continenza alla virtù poiché la considera dal lato in cui non ne raggiunge la perfezione.
2. L'uomo è propriamente ciò che è in forza alla ragione.
Per questo si dice che uno si tiene in se stesso in quanto sta a ciò che si addice alla ragione.
Ma ciò che appartiene alla perversità della ragione non si addice alla ragione.
Per cui è davvero continente solo chi si attiene a ciò che è conforme alla retta ragione, non invece chi segue la ragione perversa.
Ora, alla retta ragione si contrappongono le cattive concupiscenze, come alla ragione perversa si contrappongono i buoni desideri.
Perciò è veramente e propriamente continente colui che persiste nel seguire la retta ragione astenendosi dalle prave concupiscenze, non invece chi persiste nel seguire la ragione perversa respingendo i buoni desideri; il quale deve dirsi piuttosto ostinato nel male.
3. La Glossa nel testo accennato parla della continenza secondo la prima accezione, in quanto cioè essa significa una virtù allo stato perfetto, la quale non solo si astiene dalle cose illecite, ma anche da certi beni di ordine inferiore, per attendere totalmente ai beni più perfetti.
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