Summa Teologica - II-II |
Contra Retr., cc. 8, 9, 10
Pare che non sia lodevole entrare in religione senza prima ricorrere al consiglio di molti e senza una lunga deliberazione.
1. L'Apostolo Giovanni [ 1 Gv 4,1 ] scrive: « Non prestate fede a ogni ispirazione, ma mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio ».
Ma talora il proposito di entrare in religione non è da Dio: poiché spesso esso si dissolve con l'abbandono della vita religiosa, mentre nella Scrittura [ At 5,38s ] si legge: « Se questa impresa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerla ».
Quindi l'entrata in religione deve essere preceduta da un esame accuratissimo.
2. Sta scritto [ Pr 25,9 ]: « Discuti la tua causa con il tuo vicino ».
Ora, la causa più importante per un uomo è il cambiamento di stato.
Perciò non si deve entrare in religione senza aver prima trattato la cosa con gli amici.
3. Il Signore [ Lc 14,28ss ] riferisce la parabola di « un uomo il quale, volendo costruire una torre, si siede prima a calcolare la spesa, per vedere se ha i mezzi per portarla a compimento » e non sentirsi rinfacciare: « Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro ».
Ora, l'occorrente per edificare, secondo S. Agostino [ Epist. 243 ], « non è altro che la rinunzia a quanto si possiede ».
Ma spesso capita che molti non sono capaci di questo; e lo stesso si dica delle altre osservanze della vita religiosa.
Il che viene prefigurato nella Scrittura [ 1 Sam 17,39 ] dal fatto che « Davide non riusciva a camminare con le armi di Saul, non essendovi abituato ».
Perciò uno non deve entrare in religione se non dopo lunga deliberazione, e dopo aver sentito il parere di molti.
Nel Vangelo [ Mt 4,20 ] si legge che Pietro e Andrea, alla chiamata del Signore, « lasciata la barca, subito lo seguirono ».
E il Crisostomo [ In Mt hom. 14 ] spiega: « Cristo ci chiede un'obbedienza tale da non attardarci neppure un istante ».
Una lunga deliberazione e il parere di molti sono necessari nelle imprese gravi e incerte, come nota il Filosofo [ Ethic. 3,3 ]; ma in quelle che sono certe e determinate la deliberazione non è richiesta.
Ora, nell'entrata in religione si possono considerare tre cose.
Primo, il fatto in se stesso.
E allora è certo che abbracciare la vita religiosa è un bene migliore; e chi in senso oggettivo ne dubitasse offenderebbe Cristo, a cui risale questo consiglio.
Da cui le parole di S. Agostino [ Serm. 100 ]: « Sei chiamato dall'Oriente » cioè da Cristo, « e ti rivolgi all'occidente », cioè all'uomo mortale e fallibile.
Secondo, l'entrata in religione può essere considerata in rapporto alle forze di chi sta per entrarvi.
E anche da questo lato non vi sono incertezze: poiché chi abbraccia la vita religiosa non confida di poter perseverare con le sue forze, ma spera nell'aiuto di Dio, secondo le parole di Isaia [ Is 40,31 ]: « Quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi ».
Se però ci fosse qualche impedimento particolare, come la cattiva salute, il peso dei debiti o altre cose del genere, allora si richiede la deliberazione e il consiglio di persone da cui si possa sperare un aiuto e non un impedimento.
Poiché sta scritto [ Sir 37,10 Vg ]: « Con l'uomo irreligioso tratta di santità, e con l'ingiusto di giustizia », e ciò ironicamente, per dire il contrario.
Infatti il testo prosegue: « Non ti appoggiare a costoro per nessun consiglio; ma tratta spesso con il santo ».
Comunque in tutto ciò non si richiedono lunghe deliberazioni.
Da cui le parole di S. Girolamo [ Epist. 53 ]: « Affrettati, ti prego; e stando sulla barca legata alla riva non indugiare a sciogliere la gomena, ma tagliala ».
Terzo, si può considerare la maniera di abbracciare la vita religiosa, e quale ordine scegliere.
E anche qui si può ricorrere al consiglio di chi non pone ostacoli.
1. La raccomandazione di « mettere alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio », vale per le cose dubbie.
Come quanti sono già nella vita religiosa possono dubitare se i postulanti sono mossi dallo Spirito di Dio o si presentano simulando: per cui questi vanno provati, per vedere se sono mossi da uno spirito buono.
Ma dalla parte di chi si presenta alla vita religiosa non c'è dubbio che il proposito di entrare in religione viene dallo Spirito di Dio, a cui è riservato il compito di « guidare l'uomo sulla retta strada » [ Sal 143,10 ].
E il fatto che alcuni tornino indietro non dimostra che quel proposito non era da Dio.
Infatti non tutto ciò che è da Dio è indistruttibile: altrimenti le creature corruttibili non sarebbero da Dio, come dicono i Manichei, e parimenti anche quelli che hanno la grazia non potrebbero perderla, il che è un'altra eresia.
È invece indissolubile « il consiglio di Dio » mediante il quale egli volle che ci fossero delle realtà corruttibili e mutevoli, secondo le parole di Isaia [ Is 46,10 ]: « Il mio consiglio resta valido, io compirò ogni mia volontà ».
Perciò il proposito di abbracciare la vita religiosa non ha bisogno di prove, per sapere se viene da Dio: poiché la Glossa [ interlin. ], a proposito dell'esortazione di S. Paolo [ 1 Ts 5,21 ]: « Esaminate ogni cosa », nota che « le cose certe non hanno bisogno di essere discusse ».
2. Come « la carne », secondo S. Paolo [ Gal 5,17 ], « ha desideri contrari allo spirito », così anche gli amici carnali sono spesso contrari al progresso spirituale, secondo le parole del profeta [ Mi 7,6 ]: « I nemici dell'uomo sono quelli di casa sua ».
Per questo S. Cirillo [ In Lc ], commentando quel passo evangelico [ Lc 9,61 ]: « Lascia che mi congedi da quelli di casa », afferma: « Chiedendo di congedarsi da quelli di casa costui mostrò di essere ancora diviso: poiché informare i parenti e consultare gente contraria al bene rivela un uomo tiepido e pronto a tornare indietro.
Per questo il Signore gli disse: "Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio".
Infatti guarda indietro chi cerca dilazioni, con la scusa di tornare a casa e di consultarsi con i parenti ».
3. La costruzione della torre sta a indicare la perfezione della vita cristiana, e la rinunzia ai propri beni è l'occorrente per tale costruzione.
Ora, nessuno dubita né delibera per sapere se vuole avere l'occorrente, o se possa costruire la torre avendo l'occorrente, ma ciò che è oggetto di deliberazione è solo la disponibilità dell'occorrente.
Così dunque non c'è da deliberare se uno debba rinunziare a tutto ciò che possiede, o se così facendo possa raggiungere la perfezione, ma resta solo da deliberare se quanto uno fa sia veramente un « rinunziare a quello che possiede » [ Lc 14,33 ]: poiché senza la rinuncia, ossia senza l'occorrente, uno « non può », come dice subito dopo il testo, « essere discepolo di Cristo », cioè edificare la torre.
Ora, la paura di coloro che temono di non poter raggiungere la perfezione abbracciando la vita religiosa è irragionevole.
Scrive infatti S. Agostino [ Conf. 8,11.25 ]: « Da quella parte ove tenevo volta la faccia, trepidante di fare il passo, mi si mostrava la casta dignità della continenza, improntata a serena e pudìca allegrezza, che con oneste lusinghe mi invitava ad andare senza dubbiezze, stendendo, per accogliermi e abbracciarmi, le pie mani, colme di buoni esempi.
C'erano fanciulli e fanciulle, giovani innumerevoli e persone di ogni età, vedove austere, vergini anziane.
E mi guardava con un invitante sorriso per farmi coraggio, come per dirmi: Tu non potrai fare ciò che hanno fatto questi e queste?
Forse che questi e queste hanno in loro stessi la capacità, e non nel Signore loro Dio?
Perché questa tua alternanza di propositi e di esitazioni?
Gettati in lui.
Non aver paura: egli non si ritirerà per farti cadere.
Gettati senza esitare, egli ti accoglierà e ti guarirà ».
Il confronto poi con Davide non è a proposito.
Poiché le armi di Saul, secondo la Glossa [ interlin. ], sono « i sacramenti ingombranti dell'antica legge ».
Invece la vita religiosa è « il giogo soave di Cristo » [ Mt 11,30 ]; poiché, come scrive S. Gregorio [ Mor. 4,33 ], « che cosa di grave impone sul nostro collo colui che ci comanda di fuggire tutti i desideri che ci turbano, e ci esorta a fuggire le strade faticose del mondo? ».
E a coloro che prendono sopra di sé questo giogo soave egli promette il ristoro del godimento di Dio, e l'eterno riposo dell'anima [ Mt 11,28s ].
Al quale riposo ci conduca colui che ce l'ha promesso, Gesù Cristo nostro Signore, che è al di sopra di tutte le cose, Dio benedetto nei secoli.
Amen.
Indice |