Summa Teologica - III |
In 3 Sent., d. 15, q. 2, a. 2, sol. 3; In Is., c. 11
Pare che Cristo non avesse il dono del timore.
1. La speranza è migliore del timore, poiché l'oggetto della speranza è il bene e quello del timore il male, come si è spiegato nella Seconda Parte [ I-II, q. 40, a. 1; q. 41, a. 2; q. 42, a. 1 ].
Ma in Cristo non c'era la virtù della speranza, come si è detto sopra [ a. 4 ].
Quindi non c'era in lui neppure il dono del timore.
2. Con il dono del timore si teme o la separazione da Dio, e questo è il timore « casto », o la punizione di Dio, e questo è il timore « servile », come dice S. Agostino [ In I ep. Ioh. tract. 9 ].
Ma Cristo non temeva di separarsi da Dio con il peccato, né di essere da lui punito per una colpa propria, poiché era impossibile che egli peccasse, come si dirà in seguito [ q. 15, a. 1 ], e d'altra parte il timore dell'impossibile non esiste.
Quindi Cristo non aveva il dono del timore.
3. S. Giovanni [ 1 Gv 4,18 ] dice che « l'amore perfetto scaccia il timore ».
Ma in Cristo c'era l'amore più perfetto, secondo l'espressione dell'Apostolo [ Ef 3,19 ]: « L'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza ».
Quindi Cristo non aveva il dono del timore.
Dice Isaia [ Is 11,3 ]: « Lo Spirito del timore del Signore lo riempirà ».
Come si è detto nella Seconda Parte [ I-II, q. 42, a. 1 ], il timore riguarda due oggetti: il male che spaventa e la persona che lo può infliggere, come uno teme il re perché ha il potere di uccidere.
Ma la persona non incuterebbe timore se il suo potere non avesse un'eminenza tale per cui non gli si può resistere con facilità: infatti non temiamo ciò che possiamo agevolmente respingere.
E così una persona non viene temuta se non per la sua superiorità.
Si deve dunque concludere che Cristo aveva il timore di Dio non in quanto esso riguarda il male della separazione da Dio a motivo della colpa, né il male della punizione per la colpa, ma in quanto ha per oggetto l'eminenza stessa di Dio, in quanto cioè l'anima di Cristo era mossa dallo Spirito Santo a un sentimento di riverenza verso Dio.
Per cui sta scritto [ Eb 5,7 ] che egli in tutto « fu esaudito per la sua pietà ( reverentia ) ».
Infatti questo sentimento di riverenza verso Dio Cristo come uomo lo ebbe più di ogni altro.
Così la Scrittura gli attribuisce la pienezza del timore del Signore.
1. Gli abiti delle virtù e dei doni hanno per oggetto proprio e principale il bene; il male invece per via di conseguenza: la virtù infatti ha il compito di « rendere buona l'opera », come dice Aristotele [ Ethic. 2,6 ].
Perciò il dono del timore non ha per oggetto il male temuto, bensì l'eminenza della bontà di Dio, che ha il potere di infliggere il male.
Al contrario la speranza, come virtù, riguarda non solo l'autore del bene, ma anche il bene stesso in quanto assente.
A Cristo dunque, che già possedeva il bene perfetto della beatitudine, non si attribuisce la virtù della speranza, ma il dono del timore.
2. L'obiezione parla del timore in quanto ha per oggetto il male.
3. L'amore perfetto elimina il timore servile, che riguarda principalmente la punizione.
Ma Cristo non aveva il timore in questo senso.
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