Summa Teologica - III |
In 3 Sent., d. 14, q. 1, a. 2, sol. 1; De Verit., q. 20, aa. 4, 5; Comp. Theol., c. 216; In 1 Tim., c. 6, lect. 3
Pare che l'anima di Cristo avesse e abbia la comprensione del Verbo, o dell'essenza divina.
1. S. Isidoro [ Sent. 1,3 ] dice che « la Trinità è nota solo a se stessa e all'uomo assunto ».
Quindi l'uomo assunto ha in comune con la santa Trinità la conoscenza che questa ha di se stessa.
Ma tale conoscenza è comprensiva.
Quindi l'anima di Cristo comprende l'essenza divina.
2. Unirsi a Dio nell'unione ipostatica è più che unirsi a lui nella visione.
Ma secondo S. Giovanni Damasceno [ De fide orth. 3,6 ] « tutta la divinità in una delle persone si è unita alla natura umana in Cristo ».
Tanto più dunque l'anima di Cristo vede tutta la natura divina.
Perciò l'anima di Cristo comprende l'essenza divina.
3. « Ciò che compete al Figlio di Dio per natura, compete al Figlio dell'Uomo per grazia », come dice S. Agostino [ De Trin. 1,13.28 ].
Ma comprendere l'essenza divina spetta al Figlio di Dio per natura.
Quindi spetta per grazia al Figlio dell'Uomo.
E così l'anima di Cristo ha per grazia la comprensione del Verbo.
S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 15 ] dice che « comprendere è racchiudere nei propri limiti ».
Ma l'essenza divina non ha i limiti dell'anima umana, e la supera all'infinito.
Quindi l'anima di Cristo non ha la comprensione del Verbo.
Come risulta da quanto detto sopra [ q. 2, a. 1 ], le due nature si unirono nella persona di Cristo lasciando distinte le proprietà di ciascuna, per cui secondo il Damasceno [ De fide orth. 3,3 ] « l'increato rimase increato e il creato si tenne entro i limiti della creatura ».
Ora, è impossibile che una creatura abbia la comprensione totale dell'essenza divina, come si è spiegato nella Prima Parte [ q. 12, a. 7 ], poiché l'infinito non può essere contenuto dal finito.
Quindi l'anima di Cristo in nessun modo ha la comprensione totale dell'essenza divina.
1. L'uomo assunto viene a partecipare della conoscenza che la Trinità divina ha di se stessa non a motivo della comprensione, ma perché ha una conoscenza molto superiore a quella delle altre creature.
2. Neppure nell'unione personale la natura umana comprende il Verbo di Dio o l'essenza divina, poiché sebbene questa nell'unica persona del Figlio si sia unita tutta alla natura umana, tuttavia la divinità non rimase per questo come circoscritta da essa.
Per cui dice S. Agostino scrivendo a Volusiano [ Epist. 137,2 ]: « Voglio che tu lo sappia: la dottrina cristiana non insegna che Dio si è calato nella carne in modo da abbandonare o perdere il governo dell'universo, o in modo da concentrarlo in quel minuscolo corpo ».
Parimenti anche l'anima di Cristo vede tutta l'essenza di Dio, ma non la comprende, poiché non la vede totalmente, cioè così perfettamente come è visibile, secondo quanto abbiamo spiegato nella Prima Parte [ q. 12, a. 7 ].
3. La frase di S. Agostino va intesa della grazia dell'unione, a motivo della quale tutto ciò che viene detto del Figlio di Dio secondo la sua natura divina viene detto del Figlio dell'Uomo, in forza dell'identità del supposito.
E in base a ciò possiamo veramente dire che il Figlio dell'Uomo comprende l'essenza divina: non però con la sua anima, ma con la sua natura divina.
E sotto questo aspetto si può anche dire che il Figlio dell'Uomo è Creatore.
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