Summa Teologica - III |
In 3 Sent., d. 20, q. 1, a. 4, sol. 2, ad 1; C. G., IV, c. 55, ad 17; Comp. Theol., c. 228; In Matth., c. 27; In Ioan., c. 3, lect. 2; c. 12, lect. 5
Pare non conveniente che Cristo morisse in croce.
1. La realtà deve corrispondere alla figura.
Ma nei sacrifici dell'antico Testamento, che prefiguravano Cristo, gli animali venivano uccisi con la spada e quindi bruciati col fuoco.
Quindi Cristo non doveva subire la crocifissione, ma piuttosto essere sacrificato con la spada, o con il fuoco.
2. Il Damasceno [ De fide orth. 1,11; 3,20 ] afferma che Cristo non doveva subire « passioni degradanti ».
Ma la morte di croce è quanto mai degradante e obbrobriosa, per cui a Cristo vengono riferite le parole [ Sap 2,20 ]: « Condanniamolo alla morte più ignominiosa ».
Quindi Cristo non avrebbe dovuto subire la morte di croce.
3. A Cristo viene applicata l'espressione evangelica [ Mt 21,9 ]: « Benedetto colui che viene nel nome del Signore ».
Ma la morte di croce era una morte di maledizione, secondo le parole [ Dt 21,23 ]: « È maledetto da Dio chi pende dal legno ».
Perciò non era conveniente che Cristo subisse la crocifissione.
S. Paolo [ Fil 2,8 ] afferma: « Cristo si è fatto obbediente fino alla morte, e alla morte di croce ».
Fu convenientissimo che Cristo subisse la morte di croce.
Primo, per dare un esempio di virtù.
Scrive infatti S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 25 ]: « La sapienza di Dio si è umanata per darci un esempio che ci spinga a vivere rettamente.
Ora, rientra nella rettitudine non temere le cose che non sono da temersi.
Ma ci sono degli uomini che, sebbene non temano la morte in se stessa, hanno tuttavia orrore di certi generi di morte.
Perciò, affinché nessun genere di morte spaventasse l'uomo che vive rettamente, fu necessario mostrarlo con la croce di Cristo: poiché fra tutti i generi di morte nessuno era più esecrabile e terribile ».
Secondo, perché questo genere di morte era il più indicato per soddisfare al peccato dei nostri progenitori, che consistette nel mangiare il frutto dell'albero proibito, contro il precetto di Dio.
Era perciò conveniente che per soddisfare a questo peccato Cristo accettasse di essere inchiodato all'albero della croce, come per restituire quanto Adamo aveva sottratto, secondo le parole del Salmista [ Sal 70,5 ]: « Restituivo allora quanto non avevo rapito ».
Da cui l'affermazione di S. Agostino [ Serm. supp. 32 ]: « Adamo trasgredì il precetto prendendo il frutto dall'albero, ma tutto ciò che Adamo venne allora a perdere, Cristo lo ricuperò sulla croce ».
Terzo, perché come dice il Crisostomo [ Hom. 2 De cruce et latr. ], « con la sua crocifissione su un alto legno Cristo volle purificare anche l'aria.
Inoltre la terra stessa fu in grado di sentire tale beneficio, essendo stata purificata dal fluire del sangue dal suo costato ».
E a commento delle parole evangeliche [ Gv 3,14 ]: « È necessario che il Figlio dell'Uomo venga innalzato », leggiamo [ Teofilatto, In Ioh. 3,14 ]: « Sentendo parlare di innalzamento devi intendere la sua sospensione in alto per santificare l'aria, mentre aveva santificato la terra camminando su di essa ».
Quarto, perché morendo sulla croce Cristo, come spiega il Crisostomo [ Atanasio, De incarn. Verbi 25 ], prepara per noi la scala del cielo.
Da cui le parole riferite nel Vangelo [ Gv 12,32s ]: « Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutto a me ».
Quinto, perché la crocifissione si addice all'universalità della salvezza di tutto il mondo.
Infatti S. Gregorio Nisseno [ In Christi resurr. 1 ] spiega che « la figura della croce, diramando dal centro verso le quattro estremità, sta a significare la virtù e la sollecitudine universale di colui che volle pendere da essa ».
- E il Crisostomo [ Atanasio, l. cit. ] scrive poi che sulla croce Cristo morì « con le mani distese per attrarre con una mano il popolo dell'antico patto, e con l'altra i popoli pagani ».
Sesto, perché con questo genere di morte sono indicate le diverse virtù di Cristo.
Scrive infatti S. Agostino [ Epist. 140,26 ]: « Cristo scelse un tale genere di morte non a caso, ma per essere maestro di quella larghezza, altezza, lunghezza e profondità di cui parla l'Apostolo [ Ef 3,18 ].
La larghezza è rappresentata dal legno trasversale: il quale raffigura le opere buone, poiché su di esso sono inchiodate le mani.
La lunghezza è rappresentata dal legno verticale visibile fino a terra: esso dà il senso della stabilità e della perseveranza, ed è figura della longanimità.
L'altezza è rappresentata da quella parte della croce che si eleva al disopra della traversa, cioè sopra il capo del crocifisso: essa indica la superna attesa di coloro che vivono nella santa speranza.
E quella parte della croce che viene piantata e nascosta, sostenendo tutto il resto, sta a rappresentare la profondità della grazia gratuitamente offerta ».
E in un altro scritto [ In Ioh. ev. tract. 119 ] lo stesso S. Agostino osserva che « la croce, su cui erano affisse le membra del suppliziato, fu insieme la cattedra dalla quale il maestro insegnava ».
Settimo, perché questo genere di morte risponde a molte figure [ dell'antico Testamento ].
E lo rileva S. Agostino [ Serm. supp. 32 ], ricordando che « un'arca di legno salvò il genere umano dal diluvio universale.
Mosè poi aprì con una verga il Mar Rosso dinanzi al popolo che usciva dall'Egitto, prostrando con essa il Faraone e redimendo il popolo di Dio; e sempre Mosè, immergendo la verga stessa nell'acqua, da amara la rese dolce; e percuotendo con essa la pietra ne fece scaturire l'acqua salutare; e per vincere gli Amaleciti tenne le mani stese su di essa.
Inoltre la legge di Dio fu custodita nell'arca dell'Alleanza, che era di legno.
E tutte queste figure conducono come tanti gradini al legno della croce ».
1. L'altare degli olocausti su cui venivano offerti i sacrifici degli animali era di legno, e in ciò abbiamo la corrispondenza fra la realtà e la figura.
Ma « non è necessario », nota il Damasceno [ De fide orth. 3,26 ], « che la corrispondenza sia totale; altrimenti non avremmo una somiglianza, ma la realtà ».
- In particolare però il Crisostomo [ Atanas., l. cit. ] nota che Cristo « non ebbe tagliata la testa come S. Giovanni Battista, né fu segato a metà come Isaia, per conservare integro e indivisibile il corpo dopo la morte e togliere così ogni pretesto a chi avrebbe cercato di dividere la sua Chiesa.
- Al posto poi del fuoco materiale, ci fu nell'olocausto di Cristo il fuoco della carità.
2. Cristo rifiutò di subire quelle passioni degradanti che implicano un difetto di scienza, di grazia o di virtù, ma non quelle dovute all'ingiuria esterna: anzi, nella Scrittura [ Eb 12,2 ] si legge che « si sottopose alla croce disprezzando l'ignominia ».
3. Come dice S. Agostino [ Contra Faustum 14,4ss ], il peccato è una maledizione, per cui sono maledette la morte e la mortalità che ne derivano.
« Ora, la carne di Cristo era mortale, "essendo simile alla carne del peccato" ».
Per questo Mosè la chiama « maledetta », come anche S. Paolo la chiama « peccato », là dove dice [ 2 Cor 5,21 ]: « Colui che non aveva conosciuto il peccato, per noi fu fatto peccato », subendo cioè la pena del peccato.
« Né il senso è peggiorato dal fatto che si dice "maledetto da Dio".
Se infatti Dio non avesse in odio il peccato, non avrebbe inviato il suo Figlio a subire la morte e a distruggerla.
Confessiamo dunque che egli accettò la maledizione per noi, come per noi accettò la morte ».
Da cui le parole di S. Paolo [ Gal 3,13 ]: « Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, divenendo lui stesso maledizione ».
Indice |