Summa Teologica - III |
In 4 Sent., d. 12, q. 1, a. 2, sol. 5; C. G., IV, c. 66; In 1 Cor., c. 11, lect. 4
Pare che le specie sacramentali non possano nutrire.
1. S. Ambrogio [ De sacram. 5,4 ] scrive: « Non è questo un pane che finisce nel nostro corpo, ma è il pane della vita eterna che alimenta la sostanza della nostra anima ».
Ora, ogni cosa che nutre finisce nel nostro corpo.
Quindi questo pane non nutre.
E la stessa cosa vale per il vino.
2. « Ci nutrono le cose stesse che costituiscono il nostro essere », dice Aristotele [ De gen. et corr. 2,8 ].
Ma le specie sacramentali sono accidenti, i quali non possono costituire l'uomo, non essendo l'accidente parte della sostanza.
Quindi le specie sacramentali non possono nutrire.
3. Il Filosofo [ De anima 2,4 ] afferma che « l'alimento nutre in quanto è una sostanza, fa invece crescere in quanto è dotato di una certa quantità ».
Ma le specie sacramentali non sono una sostanza.
Quindi non possono nutrire.
L'Apostolo [ 1 Cor 11,21 ] parlando di questo sacramento scrive: « E così uno ha fame, mentre l'altro è ubriaco », e la Glossa [ ord. ] commenta: « Rimprovera coloro che dopo la celebrazione del sacro mistero e la consacrazione del pane e del vino si riprendevano le proprie offerte, e senza farne parte agli altri le consumavano da soli, fino al punto di ubriacarsi ».
Ora, ciò non sarebbe potuto accadere se le specie sacramentali non nutrissero.
Quindi le specie sacramentali nutrono.
L'attuale quesito non presenta obiezioni dopo la risposta data a quello precedente.
Come infatti dice Aristotele [ l. cit. ], in tanto il cibo nutre in quanto viene mutato nella sostanza di chi si alimenta.
Ma abbiamo già detto [ a. 5 ] che le specie sacramentali possono convertirsi in una sostanza che viene da esse generata.
Ora, per la stessa ragione per cui possono convertirsi in cenere e in vermi, possono convertirsi nel corpo umano.
È dunque chiaro che nutrono.
L'opinione di alcuni poi, secondo la quale esse non nutrirebbero in senso proprio convertendosi nel corpo umano, ma ristorando e sostenendo tramite un certo influsso sui sensi, come l'odore del cibo può ristorare e l'odore del vino inebriare, risulta falsa in base all'esperienza sensibile.
Infatti un simile ristoro non è durevole per l'uomo, il cui corpo ha bisogno di compensare le sue continue perdite.
E invece l'uomo potrebbe sostenersi a lungo consumando in grande quantità ostie e vino consacrati.
E così pure non si può ammettere l'opinione di chi dice che le specie sacramentali nutrono mediante la forma sostanziale del pane e del vino, la quale rimarrebbe.
Sia perché essa non rimane, come si è dimostrato sopra [ q. 75, a. 6 ].
- Sia perché nutrire non è compito della forma, ma piuttosto della materia, la quale riceve la forma di chi si nutre e perde quella dell'alimento.
Per cui Aristotele [ l. cit. ] osserva che il cibo è all'inizio dissimile, mentre alla fine è simile.
1. Dopo la consacrazione si può parlare di pane, in questo sacramento, in due sensi.
Primo, indicando come pane le specie del pane, che mantengono il nome della sostanza precedente: e così si esprime S. Gregorio nell'omelia di Pasqua [ Lanfranco, De corp. et sang. Dom. 20 ].
Secondo, si può chiamare pane lo stesso corpo di Cristo, che è un pane mistico « disceso dal cielo ».
Perciò quando S. Ambrogio dice che « questo pane non finisce nel nostro corpo », usa il termine pane nel secondo senso: poiché il corpo di Cristo non si converte nel corpo dell'uomo, ma ristora il suo spirito.
Non si tratta quindi di pane nel primo senso indicato.
2. Le specie sacramentali, sebbene non siano tra gli elementi costitutivi del corpo umano, tuttavia si convertono in essi, come si è detto [ nel corpo ].
3. Le specie sacramentali, pur non essendo una sostanza, hanno tuttavia le virtù della sostanza, come si è detto [ a. 3, ad 3; a. 5, ad 2].
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