Summa Teologica - III

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Articolo 8 - Se la penitenza debba durare fino al termine della vita

Infra, a. 9, ad 1; In 4 Sent., d. 14, q. 1, a. 4, sol. 1; d. 17, q. 2, a. 4, sol. 1

Pare che la penitenza non debba durare fino al termine della vita.

Infatti:

1. La penitenza è ordinata alla cancellazione del peccato.

Ma il penitente consegue subito la remissione dei peccati, poiché sta scritto [ Ez 18,21 ]: « Se il malvagio farà penitenza di tutti i peccati commessi, vivrà e non morrà ».

Quindi non è necessario prolungare la penitenza.

2. Fare penitenza si addice allo stato dei principianti.

Ma da questo stato si deve passare a quello dei proficienti, e quindi a quello dei perfetti.

Perciò l'uomo non deve fare penitenza fino al termine della vita.

3. Come negli altri sacramenti, così anche in questo si devono osservare le norme della Chiesa.

Ora, secondo i canoni il tempo della penitenza è determinato: nel senso cioè che chi ha commesso questo o quel peccato faccia quei dati anni di penitenza.

Quindi la penitenza non va estesa fino al termine della vita.

In contrario:

S. Agostino [ De vera et falsa poenit. 13 ] afferma: « Che ci resta da fare, se non piangere in questa vita?

Se infatti cessasse il dolore, verrebbe a cessare la penitenza.

E se la penitenza cessa, che ci rimane del perdono? ».

Dimostrazione:

Esistono due tipi di penitenza: l'interna e l'esterna.

La penitenza interna consiste nel dolersi per il peccato commesso.

E questa penitenza deve durare fino al termine della vita.

Uno cioè deve sempre avere il dispiacere di aver peccato: se infatti ne provasse piacere, per ciò stesso incorrerebbe nel peccato, e perderebbe il frutto del perdono.

Ora, il dispiacere causa dolore in colui che è capace di provarlo, come è il caso dell'uomo in questa vita.

- Dopo questa vita invece i santi non sono più soggetti al dolore, per cui avranno dispiacere dei peccati commessi senza alcuna tristezza, secondo le parole di Isaia [ Is 65,16 ]: « Saranno dimenticate le tribolazioni antiche ».

La penitenza esterna invece mostra i segni esterni del dolore, fa confessare oralmente i propri peccati al sacerdote che deve assolvere e ne accetta la soddisfazione secondo il suo arbitrio.

E questa penitenza non è necessario che duri fino al termine della vita, ma basta che duri fino a un tempo determinato, secondo la gravità della colpa.

Analisi delle obiezioni:

1. La vera penitenza non solo elimina le colpe passate, ma preserva anche dai peccati futuri.

Sebbene quindi l'uomo nel primo istante della vera penitenza ottenga la remissione dei peccati passati, tuttavia si richiede che in lui perseveri la penitenza, perché non ricada nel peccato.

2. Praticare la penitenza interna accompagnata da quella esterna appartiene allo stato dei principianti, cioè di coloro che si sono convertiti recentemente dal peccato, ma la penitenza interna permane anche nei proficienti e nei perfetti, secondo le parole del Salmo [ Sal 84,6 Vg ]: « Ha disposto le ascensioni del suo cuore nella valle delle lacrime ».

Per cui anche S. Paolo [ 1 Cor 15,9 ] diceva: « Non sono degno di essere chiamato Apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio ».

3. Quelle determinazioni di tempo vengono fissate ai penitenti solo per gli atti esterni della penitenza.

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