Supplemento alla III parte |
Pare che sotto la legge mosaica fosse lecito ripudiare la moglie.
1. Non proibire, quando è possibile farlo, è un modo di acconsentire.
Ma acconsentire a una cosa illecita è un atto illecito.
Siccome dunque Mosè non proibì il ripudio della moglie [ Dt 24,1ss ], senza per questo fare peccato, poiché « la legge è santa », come dice S. Paolo [ Rm 7,12 ], sembra che il ripudio un tempo fosse lecito.
2. I profeti hanno parlato « mossi da Spirito Santo », come dice S. Pietro [ 2 Pt 1,21 ].
Ora, in Malachia [ Ml 2,16 ] si legge: « Se l'hai in odio, rimandala ».
Non potendo quindi essere illecito ciò che lo Spirito Santo ispira, sembra che il ripudio della moglie non fosse sempre illecito.
3. Il Crisostomo [ Op. imp. in Mt hom. 32 ] afferma che come gli Apostoli permisero le seconde nozze [ 1 Cor 7,39 ], così Mosè permise il libello di ripudio.
Ma le seconde nozze non sono peccaminose.
Quindi neppure il ripudio della moglie sotto la legge di Mosè.
1. Il Signore [ Mt 19,8 ] afferma che il libello di ripudio fu concesso da Mosè ai Giudei « per la durezza del loro cuore ».
Ma tale durezza non li scusava dal peccato.
Quindi non è scusabile neppure il libello di ripudio.
2. Il Crisostomo [ l. cit. ] dice che « Mosè nel dare il libello del ripudio non volle manifestare la giustizia di Dio: perché a quanti agivano secondo la legge non apparisse peccato ciò che era peccato ».
In proposito ci sono due opinioni.
Alcuni affermano che coloro i quali sotto la legge rimandavano la moglie, dandole il libello del ripudio, non erano scusati dal peccato, sebbene non incorressero in un castigo imponibile secondo la legge.
E per questo si dice che Mosè permise il libello di ripudio.
Essi distinguono così quattro tipi di permissione.
Il primo consiste nell'astenersi dal comandare: come si dice che si permette un minor bene quando non viene comandato un bene maggiore.
L'Apostolo, ad es., non comandando la verginità, permise il matrimonio [ 1 Cor 7,7ss; 1 Cor 7,25ss ].
Il secondo si ha con l'astenersi dal proibire: e in questo senso possono dirsi permessi i peccati veniali, poiché non sono [ espressamente ] proibiti.
Il terzo si riduce all'assenza di repressione: e in questo modo si dice che sono permessi da Dio tutti i peccati, in quanto egli non li impedisce, pur avendone la possibilità.
Il quarto poi sta nella mancanza di punizione.
E il libello di ripudio fu permesso appunto in questo senso: non già per raggiungere un bene maggiore, come nella dispensa riguardante la poligamia [ q. 65, a. 2 ], ma per impedire un male peggiore, ossia l'uxoricidio, al quale gli ebrei erano portati per la corruzione del loro appetito irascibile.
Allo stesso modo in cui era stato loro permesso di esercitare l'usura con gli stranieri per una certa corruzione nell'appetito concupiscibile, affinché cioè non la esercitassero con i loro fratelli [ Dt 23,19s ].
E come per una corruzione del sospetto nell'appetito razionale fu loro permesso il sacrificio della gelosia [ Nm 5,12ss ], affinché il semplice sospetto non guastasse il giudizio.
Siccome però la legge antica, sebbene non conferisse la grazia, tuttavia fu data per conoscere il peccato, come insegnano comunemente i Santi Padri, per questo altri pensano che se nel ripudiare la moglie gli Ebrei si fossero macchiati di peccato, ciò doveva essere loro indicato dalla legge o dai profeti, secondo il comando dato a Isaia [ Is 58,1 ]: « Dichiara al mio popolo i suoi delitti ».
Altrimenti sarebbero stati troppo abbandonati, se non fosse mai stato loro annunziato ciò che era necessario alla salvezza ed essi non conoscevano. Il che non può essere ammesso: poiché l'osservanza della legge, quando essa era in vigore, meritava la vita eterna.
Per cui questi altri dicono che il ripudio della moglie, pur essendo in se stesso una cosa cattiva, tuttavia per una permissione di Dio fu lecito in quel tempo.
Ed essi confermano tale opinione con l'autorità del Crisostomo [ l. cit. nel s. c. 2 ], il quale dice che il legislatore nel permettere il ripudio « tolse al peccato la sua colpevolezza ».
Ora, sebbene anche questa opinione sia probabile, tuttavia la prima è più comune.
Perciò bisogna rispondere alle obiezioni di entrambe le parti.
1. Chi potendo proibire una cosa ingiusta non la proibisce, non fa peccato se tralascia di farlo non sperando nella correzione, ma piuttosto prevedendo che la proibizione provocherebbe un male maggiore.
E così avvenne per Mosè.
Per cui egli, sostenuto dall'autorità di Dio, non proibì il libello di ripudio.
2. I profeti, ispirati dallo Spirito Santo, dicevano che si poteva rimandare la moglie non perché lo Spirito Santo lo comandava, ma perché lo permetteva, per evitare mali peggiori.
3. La somiglianza tra le due permissioni non corrisponde in tutto, ma solo rispetto alla causa: poiché entrambe furono accordate per evitare l'immoralità.
4. [ S. c. 1 ]. Sebbene non scusi dal peccato la durezza del cuore, scusa però da esso la permissione accordata per tale durezza.
Infatti certe cose che sono proibite ai sani non sono proibite ai malati; e i malati non peccano quando si servono del permesso loro accordato.
5. [ S. c. 2 ]. Un bene può essere omesso per due motivi.
Primo, per raggiungere un bene maggiore.
E allora l'omissione di quel bene viene coonestata dal bene maggiore a cui è ordinata: ed è in questo senso che Giacobbe venne onestamente dispensato dalla monogamia per il bene della prole [ Gen 30,1ss; Gen 35,22ss ].
- Secondo, per evitare un male peggiore.
E in questo caso, se la dispensa viene data con l'autorità di chi può concederla, l'omissione di quel dato bene non produce un reato, ma neppure viene coonestata.
Ed è in questo senso che sotto la legge di Mosè venne sospesa l'indissolubilità del matrimonio, per evitare cioè un male peggiore, ossia l'uxoricidio.
Per cui il Crisostomo può affermare che la permissione « tolse al peccato la sua colpevolezza ».
Sebbene infatti il ripudio rimanesse un disordine, per cui è detto peccato, tuttavia non produceva il reato della pena, né temporale né eterna: poiché veniva fatto con la dispensa da parte di Dio.
E così perdeva ogni colpevolezza.
Da cui l'altra affermazione del Crisostomo: « Fu permesso il ripudio che, pur essendo un male, tuttavia era lecito ».
Parole che i sostenitori della prima opinione spiegano nel senso che esso non implicava il reato di una pena temporale.
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