Lettera N° 13
Torino, 1° novembre 2013
Carissimi amici,
in prossimità della fine del corrente anno occorre che anche noi, come si fa nella gestione di ogni seria attività umana, facciamo un bilancio di come in questo anno abbiamo gestito la vita e le attività nostre, alla luce del fine per cui Dio ci ha creati e della missione affidataci dal Signore.
Per fare questo ci viene in aiuto un insegnamento che Papa Francesco ci ha proposto nell’udienza generale in piazza S. Pietro il 24 aprile 2013.
In tale insegnamento Egli, con le parole sotto riportate, ci ha presentato la fine dei tempi alla luce della Fede, dicendoci: “Nel Credo noi professiamo che Gesù « di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti ».
La storia umana ha inizio con la creazione dell'uomo e della donna a immagine e somiglianza di Dio e si chiude con il giudizio finale di Cristo.
Spesso si dimenticano questi due poli della storia, e soprattutto la fede nel ritorno di Cristo e nel giudizio finale a volte non è così chiara e salda nel cuore dei cristiani.
Gesù, durante la vita pubblica, si è soffermato spesso sulla realtà della sua ultima venuta.
Oggi vorrei riflettere su tre testi evangelici che ci aiutano a entrare in questo mistero: quello delle dieci vergini, quello dei talenti e quello del giudizio finale.
Tutti e tre fanno parte del discorso di Gesù sulla fine dei tempi, nel Vangelo di san Matteo.
Anzitutto ricordiamo che, con l'Ascensione, il Figlio di Dio ha portato presso il Padre la nostra umanità da Lui assunta e vuole attirare tutti a sé, chiamare tutto il mondo a essere accolto tra le braccia aperte di Dio, affinché, alla fine della storia, l'intera realtà sia consegnata al Padre.
C'è, però, questo "tempo immediato" tra la prima venuta di Cristo e l'ultima, che è proprio il tempo che stiamo vivendo.
In questo contesto del "tempo immediato" si colloca la parabola delle dieci vergini ( cfr. Mt 25,1-13 ).
Si tratta di dieci ragazze che aspettano l'arrivo dello Sposo, ma questi tarda ed esse si addormentano.
All'annuncio improvviso che lo Sposo sta arrivando, tutte si preparano ad accoglierlo, ma mentre cinque di esse, sagge, hanno olio per alimentare le proprie lampade, le altre, stolte, restano con le lampade spente perché non ne hanno; e mentre lo cercano, giunge lo Sposo e le vergini stolte trovano chiusa la porta che introduce alla festa nuziale.
Bussano con insistenza, ma ormai è troppo tardi, lo Sposo risponde: non vi conosco.
Lo Sposo è il Signore e il tempo di attesa del suo arrivo è il tempo che Egli dona, a tutti noi, con misericordia e pazienza, prima della sua venuta finale; è un tempo di vigilanza; tempo in cui dobbiamo tenere accese le lampade della fede, della speranza e della carità, in cui tenere aperto il cuore al bene, alla bellezza e alla verità; tempo da vivere secondo Dio, poiché non conosciamo né il giorno, né l'ora del ritorno di Cristo.
Quello che ci è chiesto è di essere preparati all'incontro - preparati a un incontro, a un bell'incontro, l'incontro con Gesù -, che significa saper vedere i segni della sua presenza, tenere viva la nostra fede con la preghiera, con i Sacramenti, essere vigilanti per non addormentarci, per non dimenticarci di Dio.
La vita dei cristiani addormentati è una vita triste, non è una vita felice.
Il cristiano deve essere felice, avere la gioia di Gesù.
Non dobbiamo addormentarci!
La seconda parabola, quella dei talenti, ci fa riflettere sul rapporto tra come impieghiamo i doni ricevuti da Dio e il suo ritorno, in cui ci chiederà come li abbiamo utilizzati ( cfr. Mt 25,14-30 ).
Conosciamo bene la parabola: prima della partenza, il padrone consegna a ogni servo alcuni talenti, che sono antiche monete, affinché siano utilizzati bene durante la sua assenza.
Al primo ne consegna cinque, al secondo due e al terzo uno.
Nel periodo di assenza, i primi due servi moltiplicano i loro talenti, mentre il terzo preferisce sotterrare il proprio e consegnarlo intatto al padrone.
Al suo ritorno, il padrone giudica il loro operato: loda i primi due, mentre il terzo viene cacciato fuori nelle tenebre, perché ha tenuto nascosto per paura il talento, chiudendosi in se stesso.
Un cristiano che si chiude in se stesso, che nasconde tutto quello che il Signore gli ha dato, è un cristiano? … non è cristiano!
É un cristiano che non ringrazia Dio per tutto quello che gli ha donato!
Questo ci dice che l'attesa del ritorno del Signore è il tempo dell'azione - noi siamo nel tempo dell'azione -, il tempo in cui mettere a frutto i doni di Dio non per noi stessi, ma per Lui, per la Chiesa, per gli altri, il tempo in cui cercare sempre di far crescere il bene nel mondo.
E in particolare in questo tempo di crisi, oggi, è importante non chiudersi in se stessi, sotterrando il proprio talento, le proprie ricchezze spirituali, intellettuali, materiali, tutto quello che il Signore ci ha dato, ma aprirsi, essere solidali, essere attenti all'altro.
Nella piazza, ho visto che ci sono molti giovani: è vero, questo?
Ci sono molti giovani? Dove sono?
A voi, che siete all'inizio del cammino della vita, chiedo: Avete pensato ai talenti che Dio vi ha dato?
Avete pensato a come potete metterli a servizio degli altri?
Non sotterrate i talenti!
Scommettete su ideali grandi, quegli ideali che allargano il cuore, quegli ideali di servizio che renderanno fecondi i vostri talenti.
La vita non ci è data perché la conserviamo gelosamente per noi stessi, ma ci è data perché la doniamo.
Cari giovani, abbiate un animo grande!
Non abbiate paura di sognare cose grandi!
Infine, una parola sul brano del giudizio finale, in cui viene descritta la seconda venuta del Signore, quando Egli giudicherà tutti gli esseri umani, vivi e morti ( cfr. Mt 25,31-46 ).
L'immagine utilizzata dall'evangelista è quella del pastore che separa le pecore dalle capre.
Alla destra sono posti coloro che hanno agito secondo la volontà di Dio, soccorrendo il prossimo affamato, assetato, straniero, nudo, malato, carcerato - ho detto "straniero": penso a tanti stranieri che sono qui nella diocesi di Roma: cosa facciamo per loro? - mentre alla sinistra vanno coloro che non hanno soccorso il prossimo.
Questo ci dice che noi saremo giudicati da Dio sulla carità, su come lo avremo amato nei nostri fratelli, specialmente i più deboli e bisognosi.
Certo, dobbiamo sempre tenere ben presente che noi siamo giustificati, siamo salvati per grazia, per un atto di amore gratuito di Dio che sempre ci precede; da soli non possiamo fare nulla.
La fede è anzitutto un dono che noi abbiamo ricevuto.
Ma per portare frutti, la grazia di Dio richiede sempre la nostra apertura a Lui, la nostra risposta libera e concreta.
Cristo viene a portarci la misericordia di Dio che salva.
A noi è chiesto di affidarci a Lui, di corrispondere al dono del suo amore con una vita buona, fatta di azioni animate dalla fede e dall'amore.
Cari fratelli e sorelle, guardare al giudizio finale non ci faccia mai paura; ci spinga piuttosto a vivere meglio il presente.
Dio ci offre con misericordia e pazienza questo tempo affinché impariamo ogni giorno a riconoscerlo nei poveri e nei piccoli, ci adoperiamo per il bene e siamo vigilanti nella preghiera e nell'amore.
Il Signore, al termine della nostra esistenza e della storia, possa riconoscerci come servi buoni e fedeli. Grazie”.
( seconda parte - continua da: )
Isaia, in 7,2, ci mostra Achaz e il suo popolo "scossi come gli alberi della foresta agitati dal vento" e in Efesini 4,14 si parla di “fanciulli trascinati da ogni vento di dottrina".
Quante volte siamo agitati, sballottati, sconvolti da ogni sorta di preoccupazioni di lavoro, di famiglia, o altro e non troviamo più il tempo di pregare; e se lo troviamo preghiamo distrattamente, senza un vero contatto con Dio, per cui la rugiada non scende.
La S. Scrittura ci dice che occorre far silenzio davanti all'Eterno e ci dice che Daniele tre volte al giorno si raccoglieva in preghiera ( Dn 6,10 ).
Di Maria é scritto che stava ai piedi di Gesù per ascoltarlo ( Lc 10,39 ) e negli Atti 16,14 si parla di Lidia che venne ad ascoltare S. Paolo e per questo Dio le aperse il cuore.
La vita moderna é un turbine ed é sempre più difficile far silenzio.
Eppure senza questo non potremo essere trasformati a Sua immagine ( 2 Cor 3,18; Gv 1,14; 1 Gv 1,1; Sal 8,4; Sal 27,4; Sal 119,18 ).
Purtroppo il lavoro, l'andamento familiare, i doveri quotidiani, la scuola, riempiono la nostra vita.
Ma accanto a questo quante cose inutili si accaparrano i nostri momenti di libertà: i giochi, gli sport, le letture, le riunioni, i circoli, oltre alla radio, la televisione e i giornali.
Veramente il principe di questo mondo é molto abile nell'occupare i nostri pensieri dal mattino alla sera con ogni sorta di cose che sembrano necessarie e perfettamente legittime, ma che ci impediscono di ascoltare e contemplare Dio nella Natura e nella Sua Parola.
In questo modo i nostri cuori inaridiscono non conoscendo i benefici della rugiada e non si rendono nemmeno conto della loro situazione.
Invece dovremmo ogni mattina consacrare il tempo necessario alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, lasciare per così dire "la pianura" con le sue agitazioni, e salire sulla montagna, come faceva Gesù e come fece anche Mosè.
É in alto che la rugiada é più abbondante ed è lì che riceveremo dal Signore l'armatura divina per abbattere anche le fortezze ( 2 Cor 10,4 ).
( fine seconda parte: continua )
Come più volte vi è stato accennato, abbiamo già avviato, sia pure timidamente, l’intronizzazione del Crocifisso nelle famiglie.
La gente purtroppo, anche se credente e amante del Crocifisso, è un po’ restia ad accogliere questa iniziativa, influenzata, forse, dal clima di indifferenza religiosa che si respira, dal timore che questo affidamento al Crocifisso non venga accolto da qualche famigliare e soprattutto dal rispetto umano per cui si vuole e si è particolarmente attenti che questa iniziativa non venga a conoscenza della gente.
Per questo chi è invitato spesso tergiversa e, volendo prendere tempo, rimanda la decisione sempre più avanti.
Mi auguro che, superati questi timori iniziali, si possa in futuro procedere più spediti.
Preciso ancora che la finalità di questa iniziativa è quella di mettere Gesù al centro della propria famiglia e come punto di riferimento per tutti i suoi membri.
Come già detto in passato, questo incontro non è finalizzato a radunare più famiglie, ma è riservato alla sola famiglia che ne fa richiesta; ciò non toglie che chi lo desidera possa invitare a questo intenso momento di preghiera parenti o persone amiche.
Concezione di Maria, l’Unione Catechisti celebra la propria festa annuale
Alla luce dei preziosi insegnamenti del Papa, prepariamoci a vivere con intenso amore la festa del nostro Istituto che, come ogni anno, celebreremo nella solennità dell’Immacolata, contitolare dell’Unione Catechisti, congiuntamente al Ritiro Spirituale mensile, durante il quale, la Fraternità di Torino rinnoverà il proprio impegno e la propria fedeltà al Signore, facendo tutto quello che essi ci chiedono.
Giunga a tutti voi, carissimi membri e amici dell’Unione Catechisti, il mio fraterno e affettuoso saluto.
Leandro Pierbattisti