La speranza |
B229-A2
La condizione dell'uomo viatore su questa terra è per definizione uno stato di attesa e di ricerca: ricerca di verità, sempre difficile da scoprire fino in fondo, attesa di un bene che appaghi pienamente, ma che non si riesce mai a raggiungere, e spesso neanche a identificare con esattezza.
Eppure a questa ricerca l'uomo non si può sottrarre: facilmente egli sbaglia mira, ma il suo pungolo non cessa.
Questo pungolo è accompagnato, o addirittura si può identificare con un atteggiamento dell'animo che è la speranza.
Tutte le imprese umane, piccole e grandi sono sostenute dalla speranza.
Nessuno si muove se non ha la speranza di conseguire, e una vita senza speranza non ha più senso.
La speranza poi è accompagnata da alcune forze preziosissime, che si chiamano coraggio, fiducia, ardimento, ecc. le quali aiutano nella lotta contro le difficoltà, che immancabilmente si incontrano nella ricerca e nella pratica del bene.
Di qualunque bene, perché questa è purtroppo la condizione dell'uomo dopo il peccato originale: il male è facile e il bene è difficile.
Questo in generale, perché nei casi particolari concreti le situazioni possono essere molto diverse.
L'efficacia della grazia ottenuta da Gesù con il suo sacrificio sta appunto in un aiuto speciale per vincere il male e praticare il bene, ed in cui bisogna fermamente sperare.
La grazia non elimina la lotta e se l'uomo vuoi vincere sappia con certezza che può abbattere qualunque avversario dell'anima sua, ma a costo di impegnarsi con tutta la buona volontà.
« La vita dell'uomo su questa terra è una milizia » ( Gb 7,1 ), però una milizia speciale, in cui è garantita la vittoria a chi è davvero risoluto a vincere.
« Al vincitore darò una manna nascosta e un nome nuovo » ( Ap 2,17 ).
Vi sono molte cose nella vita, che non dipendono affatto dalla volontà dell'uomo.
Ma chi è deciso veramente a compiere in tutto la volontà di Dio, che è l'essenziale, può essere sicuro di riuscirvi con l'aiuto dall'alto, che non può mancare, e di giungere alla salvezza.
La certezza di poter riuscire a salvarsi è l'alimento della speranza, che, come si vede subito, è una virtù eminentemente combattiva.
Il discorso è valido nel campo della vita spirituale e soprannaturale, ma nell'ordine puramente naturale valgono in primo luogo le leggi naturali.
Però il cristiano in grazia di Dio vive costantemente sotto l'influsso della grazia, che lo illumina, lo aiuta, lo conduce in tutto.
La vita dei santi è una continua illustrazione di questa realtà, che non essendo percepita dai sensi, è purtroppo, largamente dimenticata dal popolo.
E con la dimenticanza si appanna, si attenua, si indebolisce la speranza, con tutto il corteo delle sue virtù aggiunte.
L'oggetto della speranza non è solamente la grazia di superare le difficoltà della vita, ma è principalmente quella di raggiungere la vita eterna, con la visione di Dio e in Lui, come si esprimeva il catechismo di S. Pio X, di « ogni altro bene, senza alcun male ».
Ci può essere una meta più lusinghiera?
« Benedetto Iddio, Padre del Signor nostro Gesù Cristo, il quale, per sua grande misericordia, ci fece rinascere, risuscitando Gesù Cristo da morte, ad una viva speranza, ad una eredità incorruttibile, incontaminata e immarcescìbile, riservata nei cieli per voi, i quali per virtù di Dio siete custoditi dalla fede per la salvezza, che è preparata per essere manifestata nell'ultimo tempo » ( 1 Pt 1,3-5 ).
Ma è proprio vero che i cristiani prendono sul serio queste cose?
La speranza è fondata sulla fede.
Se la fede è debole e incerta la speranza lo è più ancora.
Ma allora che cosa si prospetta all'orizzonte della vita?
Un nulla desolato, che conclude una vita di tribolazioni.
Non è certo questa la prospettiva che il Signore ci ha indicato, bensì il regno dei cieli, dove « la morte non sarà più, ne lutto, né grido, né dolore saranno più, che le cose di prima sono passate » ( Ap 21,4 ), dove, anzi la felicità supererà ogni aspettativa: « occhio non vide. orecchio non udì e in mente di uomo mai non venne, quello che Dio preparò per coloro che lo amano » ( 1 Cor 2,9 ).
S. Giuseppe Cafasso ricordava proprio queste cose ai delinquenti che egli andava a trovare in carcere per riconciliarli con Dio.
« Due dita di paradiso » diceva scherzosamente, « aggiustano tutto ».
Egli voleva infondere coraggio ai carcerati, molti dei quali condannati a morte, per i quali non poteva più esserci alcun oggetto di speranza in questo mondo, e riuscì ad evitare a tutti la disperazione.
I santi sono tutti ottimisti, e a ragion veduta. I pessimisti alla Leopardi, gli eterni malinconici, immusoniti non sentono cristianamente, e più degli altri sono esposti a far male.
Per questo S. Filippo Neri usava esclamare; scrupoli e malinconia, fuori di casa mia.
Ma è la stessa S. Scrittura che ci esorta: « gaudete in Domino semper: ìterum dico, gaudete » ( Fil 4,4 ).
Gaudete di che cosa? di un bene certo, ma futuro.
Dunque nella speranza.
Chi ha capito bene il messaggio cristiano e si sforza di esservi fedele non può essere triste: « sovrabbondo di gioia in mezzo a tutte le mie tribolazioni » scrive S. Paolo.
Certo, la vita è difficile, e può presentare delle circostanze addirittura tragiche.
Ma è appunto allora che la speranza deve sostenere.
Nessuna difficoltà deve far perdere la speranza, la fiducia, il coraggio, che Dio non manca di infondere a chi si rivolge a Lui di cuore.
Bisogna imitare gli uccelli che fanno il nido sulla cima degli alberi.
Chi colloca il proprio nido in ciclo è solo sfiorato dalle tempeste, le quali non possono mai superare una certa altezza.
Chi invece fa il nido in terra, sia pure nei luoghi più reconditi è esposto a tutti i pericoli.
Vi sono delle verità tanto note, che paiono perfino ovvie, ma che nella pratica della vita, per la gran parte degli uomini, esercitano una scarsa influenza.
Ricordiamone qualcuno: Dio è infinitamente buono, anzi è la bontà stessa.
Ci ha creati per farci partecipi della sua felicità infinita.
Che cosa dobbiamo temere?
Sì, abbiamo ragione di temere per le nostre responsabilità.
Ma anche a questo Egli ha provveduto, addossando addirittura queste responsabilità al suo Figlio Unigenito, che ha pagato per noi in modo terribile e assai al di là del necessario.
Lo stato attuale dell'umanità, benché drammatico, è superiore allo stato primitivo di innocenza.
Iddio si è manifestato al di là di ogni aspettativa, e la condizione dell'uomo è assai più nobile.
O felix culpa, canta audacemente la liturgia.
Dal male è scaturito indirettamente un gran bene.
È questa la filosofia dei tempi nuovi.
E questa dev'essere la grande speranza dei seguaci di Gesù, non certo per essere meno attenti ad evitare il male, anzi per essere più attenti, perché l'amore è più forte e più efficace del timore.
Bisogna leggere più frequentemente il Vangelo.
Bisogna aver fame della parola di Dio e pregare il Signore perché i suoi banditori siano fedeli e ben preparati.
E in tutte le cose bisogna confidare soprattutto nella Provvidenza di Dio, come faceva il Santo Cottolengo, la cui opera è un monumento vivo, anzi un richiamo perenne alla Divina Provvidenza.
Iddio non interviene solamente nei grandi avvenimenti e non c'è nulla in cui Egli non sia presente.
Egli ha cura persino del filo d'erba, che nessuno avverte.
In Dio viviamo, ci muoviamo e siamo ( At 17,28 ).
Siamo nelle mani di Dio e quindi in buone mani, diceva spesso il Papa Pio XI, che ebbe un pontificato travagliatissimo.
Ecco la ragione.
Il fondamento saldo della nostra speranza.
Chi si perde d'animo e dispera fa torto al Padre nostro che è nei cieli e può perfino esserne colpevole.
Non c'è condizione di miseria morale o materiale che giustifichi la diffidenza verso la misericordia di Dio e la disperazione.
Le prove però possono essere terribili e bisogna essere vicini a chi soffre: è un'opera di misericordia e di apostolato allo stesso tempo, che può evitare gesti inconsulti e recare molto conforto.
Ma tutti coloro che soffrono ricordino le parole della S. Scrittura: « Aspetta il Signore - agisci virilmente - si rinfranchi il tuo cuore - e appoggiati al Signore » ( Sal 27,14 ).
Chi confida nel Signore non può rimanere deluso: si rinfranchi dunque la nostra speranza e seguitiamo la nostra via in pace.
« O Dio delle virtù, beato l'uomo che confida in te » ( Sal 85,13 ).