Convegno ecclesiale di Verona |
« E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme ». ( Lc 24,33 )
Solo quando sperimentano che la presenza di Gesù era effettivamente reale, i due discepoli possono ritrovare il senso profondo della propria vocazione e riprendere con gioia ed entusiasmo la via della missione.
Vocazione e missione che consistono nell'attestare agli altri, in modo appassionato e contagioso, « ciò che è accaduto lungo la via » e che è stato decisivo per loro stessi.
Il riconoscimento di Gesù risorto avviene nella memoria della sua vicenda alla luce delle Scritture e nella condivisione del pane spezzato.
Il mistero di comunione dentro il quale il laico cristiano si trova vitalmente inserito, in forza del proprio Battesimo, lo porta a trasfigurare l'intera esistenza umana, in tutte le sue dimensioni di vita, personale, familiare, sociale; nelle diverse fasce di età, dall'infanzia alla giovinezza, alla maturità, alla vecchiaia; nelle molteplici esperienze esistenziali quali l'amore, il dolore, la gioia, il divertimento, la malattia, il lavoro, la cooperazione, la cultura, la politica.
La sequela di Cristo e la vita nel mondo, per il laico cristiano, non sono due strade separate - l'una sacra, l'altra profana - da percorrere in parallelo, come esperienze autosufficienti e impermeabili.
Sono invece l'espressione di una medesima chiamata alla santità, in cui ogni momento, collegato agli altri, consente la circolazione benefica di un unico flusso di amore, di grazia e di missione.
Sull'importanza di una corretta sintesi tra fedeltà al Vangelo e responsabilità personale nell'applicarlo alle scelte quotidiane nel dialogo tra Chiesa e mondo,47 dobbiamo tornare a riflettere insieme.
Se lo Spirito Santo è il protagonista ultimo della vita personale, così come lo è della vita della Chiesa, non si può ritenere che ci sia un'isola spirituale, cioè la comunità ecclesiale in cui affidarsi alla guida dei pastori, e uno spazio operativo, cioè il mondo, dove si è soli con la propria autodeterminazione.
La responsabilità laicale comincia nel partecipare attivamente là dove si assumono i grandi orientamenti delle scelte cristiane sotto la guida di pastori; la fedeltà a Cristo e alla Chiesa continua là dove si vive immersi nel mondo e nella relativa autonomia dei suoi ambiti.48
Parte integrante di questa sintesi di vita del laico è la capacità di raccordare sapientemente il suo essere e servire nella Chiesa, con il compito di animare cristianamente la realtà del mondo.
Tutto rientra sotto la luce dello Spirito.
Da parte della Chiesa, oggi più che mai, vi è una duplice attesa nei confronti dei laici.
Da un lato, essa ripropone gli ampi spazi di servizio in cui i laici possono e debbono dare il proprio specifico apporto, dall'evangelizzazione alle varie forme di educazione alla fede e alla preghiera, alla celebrazione dei sacramenti, alla carità fraterna, all'attenzione ai poveri, soprattutto attraverso iniziative di volontariato e scelte profetiche di condivisione e di solidarietà ecc.
Dall'altro lato, li esorta ad assumere in pieno la prossimità con tutti gli uomini e le donne del proprio tempo, con i loro problemi e i loro percorsi sociali e culturali.
Spetta al laico saper declinare nelle situazioni « secolari » l'annuncio cristiano.
Spetta a lui trovare le parole per comunicare, in modo vero ed efficace, l'unica Parola che salva, portare l'annuncio della misericordia e del perdono nella città degli uomini, inserendolo nelle sue leggi, dialogare con le culture in cui è immerso, imparare ad ascoltarle, a metterle in crisi, a rianimarle alla luce del Vangelo.
In questo modo il laico cristiano contribuisce a incarnare, nella storia e nel tessuto della vita umana, la missione della Chiesa, come « sacramento universale di salvezza ».49
In piena comunione con l'intera comunità cristiana è suo specifico compito adoperarsi per creare occasioni di testimonianza e di comunicazione del Vangelo « nella vita quotidiana, nel contatto giornaliero nei luoghi di lavoro e di vita sociale [ … ].
Qui si incontrano battezzati da risvegliare alla fede, ma anche sempre più numerosi uomini e donne, giovani e fanciulli non battezzati, eredi di situazioni di ateismo o agnosticismo o seguaci di altre religioni »50 cui offrire l'annuncio della Parola che salva.
La peculiare diaconia del laico, nelle ordinarie condizioni di vita, deve aiutare la Chiesa a decifrare i segni di Dio sparsi nella storia e a irradiare i semi della sua Parola.
Come ricorda il Concilio Vaticano II, « bisogna che i laici assumano l'instaurazione dell'ordine temporale come compito proprio e in esso, guidati dalla luce del Vangelo e dal pensiero della Chiesa e mossi dalla carità cristiana, operino direttamente e in modo concreto ».51
A tal fine non basta un'analisi superficiale e affrettata della realtà; occorre un vero e proprio discernimento evangelico, che sappia fare sintesi fra il dono della fede e le risorse dell'intelligenza e che non sia fine a se stesso, ma aiuti a individuare e suggerire linee di priorità, indicazioni di metodo, prospettive di impegno attorno alle quali far crescere un nuovo progetto di vita cristiana, in cui fede e cultura tornino a darsi la mano.
Alle soglie del nuovo millennio cristiano, invitiamo il laicato delle nostre Chiese ad aiutarci a leggere la mappa del nostro tempo e a concorrere efficacemente per far crescere un nuovo modello di vita ispirato ai più alti valori umani e cristiani.
In tal modo potranno dare un grande contributo al progetto culturale della Chiesa italiana.
Con questa lettera ci limitiamo, ora, a segnalare quelle che, a nostro giudizio, sono le zone più delicate di questa mappa, dove l'assenza del Vangelo appare oggi più grave e la necessità di una nuova semina missionaria si rende più urgente.
Per comodità di sintesi, ci piace condensarle intorno alla categoria della « relazione », che trova nel mistero della comunione trinitaria la sua radice e la sua forma.
L'incontro con il mistero della comunione che c'è tra le tre divine Persone, da una parte ci rivela il senso unitario della vita e ci riscatta dal peccato, dall'altra fonda l'intera rete di relazioni che segnano la vita di ognuno di noi.
La relazione con Dio è il fondamento originario e il modello liberante di ogni altra relazione umana - dalla relazione con noi stessi, a quella con gli altri fratelli e sorelle e con la natura -, conferendole un senso pieno e un valore autentico.
Dobbiamo, pertanto, ritrovare il senso ultimo del nostro incontro con Dio in Cristo nel cuore stesso di ogni apertura relazionale, a cominciare da quella relazione riflessiva, dell'io con se stesso, dalla quale dipende la nostra identità personale, per arrivare alla relazione con gli altri nella fraternità universale e a quella con il creato affidato alle nostre mani.
Nel ritorno al più profondo del nostro io, possiamo incontrare colui che « è più interiore a me di me stesso ».52
Non possiamo incontrare Dio senza rientrare in noi stessi, senza riconoscere la nostra fragilità e confessare il nostro peccato e senza scendere ai risvolti più reconditi del nostro essere, dove nascono i pensieri e le decisioni e da dove scaturiscono gli orientamenti di vita.
Qui si va a toccare il rapporto che abbiamo con la coscienza e le scelte che da essa scaturiscono; con il corpo e la salute; la sessualità e gli affetti; l'intelligenza e la volontà; la fragilità somatica e la profondità spirituale.
Come non vedere quanto sia ardua, oggi, una sintesi armonica fra questi ambiti?
Il valore del corpo è spesso assimilato a quello di un puro strumento gratificante, da idolatrare o mortificare a seconda delle circostanze.
La sessualità rischia di essere misconosciuta nella sua profondità antropologica, che ne fa il linguaggio dell'amore umano, attraverso il quale il dialogo fra l'uomo e la donna può diventare dono integrale di sé, mistero di comunione e di vita, e - nella responsabilità liberamente assunta in un patto sponsale - indissolubile fondamento della cellula familiare.
Affettività e genitalità, invece, appaiono oggi sempre più come esperienze ludiche e incontrollabili, da consumarsi in modo spensierato nel circuito insindacabile e spontaneo degli affetti privati, con la conseguenza della fragilità e della precarietà dei legami affettivi coniugali e familiari.
Al contrario, all'esercizio « freddo » della razionalità e dell'intelligenza sono riservati gli spazi delle relazioni sociali anonime, entro i quali farsi largo con la logica utilitaristica del calcolo e della competizione.
La possibilità di incontrare il Signore della vita, nel cuore della mia più profonda interiorità in cui io incontro me stesso, distingue la fede da qualsiasi evasione alienante e ne fa uno straordinario « valore aggiunto » recato dal cristianesimo, che consente di unificare il vissuto umano, nel segno di un'autentica integrità antropologica.
I cristiani hanno molto da dire al riguardo.
Anche la sfera delle relazioni interumane richiede di essere rapportata a Dio.
Il Padre di tutti non può essere estraneo a ogni relazione dell'io con l'altro.
La relazione uomo-donna, ad esempio, alla quale il Creatore ha impresso lineamenti originali « divini », viene banalizzata o distorta da concezioni e prassi odierne ampiamente divulgate.
Lo stesso accade per la relazione con il prossimo e con lo straniero; con chi incontro occasionalmente e con coloro con i quali condivido una storia, una cultura, un ethos, fatto di comportamenti solidali e sostenuti da istituzioni al servizio del bene comune.
La differenza fra l'io e l'altra persona è caratterizzata da una molteplicità di atteggiamenti: l'egoismo la trasforma in distanza indifferente o, peggio, in fonte di contrasto e ostilità insuperabile; la giustizia cerca di presidiarne in modo imparziale i confini, stendendovi una rete di diritti e di doveri; l'amore invita a oltrepassarla, in nome di una generosa gratuità oblativa.
La fede in Gesù Cristo non può lasciarci indifferenti rispetto a questi diversi modi di vivere la relazione, ne può mai rassegnarsi a chiusure settarie o ad aperture strumentali.
In lui scopriamo la radice ultima della nostra comune umanità, che ci fa vedere in ogni persona un nostro fratello.
In un mondo globalizzato, continuamente in bilico tra il sogno di un nuovo ordine mondiale e feroci sussulti di violenza terroristica, questo richiamo pacificante alla fraternità è particolarmente attuale e urgente.
Esso da un fondamento legittimo all'appello, volto alla solidarietà fra i popoli e le nazioni, e contiene una condanna severa e inequivocabile nei confronti di ogni forma di mortificazione e distruzione della vita umana: da quelle che sono frutto di una ferocia cieca e inconsulta, a quelle che cercano un'ambigua e discutibile copertura giuridica, come - a livelli diversi - l'aborto, l'eutanasia, la manipolazione genetica, la pena di morte e la guerra legittimata come strumento preventivo di soluzione dei conflitti.
In una convivenza umana, ferita dal peccato personale e mortificata da vere e proprie « strutture di peccato »,53 il cristiano deve alimentare la profezia evangelica di una civiltà fraterna, traducendola in una nuova sintesi di giustizia e amore, capace di mettere in equilibrio, nella città degli uomini, l'obbedienza alla legge e la gratuità del dono.
Come possiamo abitare il mondo dell'economia e della politica, dei mass-media e della cultura, della scienza e della tecnologia, riconoscendone le leggi costitutive, ma nello stesso tempo professandovi, in modo non retorico o indolore, il messaggio liberante del Vangelo?
Questa sintesi non riguarda soltanto l'ambito immediato della testimonianza personale, ma deve attraversare in modo benefico tutti gli orizzonti più ampi della convivenza, per i quali la mediazione della politica appare come una forma alta e irrinunciabile di servizio alla persona umana e di promozione del bene comune.
La società ha oggi bisogno di una rinnovata dedizione cristiana alla politica, che sappia porsi in ascolto della dottrina sociale della Chiesa, levando la sua voce - in modo realmente libero e profetico - in difesa della partecipazione e delle istituzioni democratiche, e progettando nuove forme di incontro fra etica ed economia, per sconfiggere la grande tentazione dell'individualismo.54
Nel creato, infine, possiamo ritrovare le tracce indelebili dell'opera di Dio: sia quando l'occhio si spinge oltre i confini del nostro mondo abitato, verso gli spazi siderali più remoti e inaccessibili, circa i quali le domande sull'origine del cosmo e della vita diventano ineludibili e affascinanti; sia quando riusciamo a scandagliare le strutture elementari dell'atomo e della cellula, sospinti dalla nobile aspirazione di risanare anomalie e alterazioni della vita biologica ma anche in pericolo di cedere all'antica tentazione di «essere come Dio ».
L'uomo può incappare nel delirio di onnipotenza oppure ritrovare l'equilibrio con il mondo naturale, dietro al quale s'intravede il mistero di un cosmo ordinato, che custodisce e attesta la misura della nostra grandezza e finitezza.
Eppure, a volte, si ha l'impressione che per l'uomo contemporaneo il mondo sia muto, ridotto a uno strumento inerte nelle sue mani, e che questa presunta neutralità possa autorizzare qualsiasi arbitrio manipolativo, in cui i termini corretti del rapporto tra scienza e tecnica, tra etica ed economia rischiano di essere stravolti.
Crediamo che spetti al laico il compito di adoperarsi concretamente per spingere in profondità la sonda dell'umana intelligenza e ridisegnare continuamente i termini di un corretto equilibrio fra azione e contemplazione nel nostro rapporto con il creato.
Il mistero di Dio non teme la ricerca dell'uomo, quando essa è veramente libera e genuina, e non esige mai di mortificarla o di bloccarla: al contrario, la orienta e l'arricchisce, dilatando continuamente i suoi confini troppo angusti.
« La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità ».55
« Con lo sguardo fisso al mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio, la Chiesa si appresta a varcare la soglia del terzo millennio ».56
Con lo sguardo rivolto al Signore Gesù, il Papa ci ha invitati a prendere il largo, a disegnare un grande progetto cristiano per il nuovo millennio: « Il cristianesimo è grazia, è la sorpresa di un Dio che, non pago di creare il mondo e l'uomo, si è messo al passo con la sua creatura, e dopo aver parlato a più riprese e in diversi modi "per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio" ( Eb 1,1-2 ) ».57
Questa sorpresa di Dio, tenuta in serbo dalla comunità cristiana come un dono assolutamente gratuito e sorgente di stupore, è affidata a noi tutti; a voi laici soprattutto, che sperimentate ogni giorno il miracolo della vita e la fragilità dell'esistere, la gioia degli affetti e la fatica del lavoro, la sete di felicità e lo scandalo del male.
Anche voi siete chiamati a comunicare questa sorpresa di Dio, nelle forme dirette dell'annuncio e del dialogo, e in quelle - più discrete, ma non meno eloquenti - della condivisione e della testimonianza.
Nella vostra vita parla, in un certo senso, tutta la comunità cristiana, che, proprio per questo, ha bisogno delle vostre parole e delle vostre mani, della vostra intelligenza e del vostro cuore.
In questo momento storico, in cui si va plasmando la complessa fisionomia di una nuova civiltà planetaria, mentre la comunità cristiana italiana si prepara a celebrare nel 2006 a Verona il suo quarto Convegno Ecclesiale nazionale, che ruoterà intorno a tali problemi, c'è bisogno di una nuova primavera del laicato, che possa letteralmente rianimare, in forme significative e comunicabili, tutti gli ambiti di vita in cui un fedele laico può essere apostolo: nell'evangelizzazione e santificazione, nell'animazione cristiana della società, nell'opera caritativa; nell'azione pastorale della Chiesa, così come nella famiglia e nella vita pubblica; in forme individuali e associate; delineando un nuovo stile di vita, segnato dalla conversione dell'intelligenza e degli affetti, in cui l'intera rete delle relazioni con se stesso, con gli altri e con il creato sia abitata dal soffio dello Spirito.
Ma per fare ciò bisogna ovviamente pregare, riflettere, estrarre dal nostro tesoro « cose nuove e cose antiche » ( Mt 13,52 ): essere cioè veri cristiani.
Facendoci eco della voce del Signore, chiediamo al laicato delle nostre Chiese di « venire nella vigna », operosi e missionari, così che questa nazione, la quale ebbe la grazia di ricevere il Vangelo nella prima ora dell'era cristiana, sia in grado di custodirlo e di irradiarlo nel nuovo millennio.
Il mondo e la Chiesa hanno bisogno di cristiani autentici, che sappiano essere « testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo ».
Indice |
47 | Gaudium et Spes 40 |
48 | Gaudium et Spes 36 |
49 | Lumen Gentium 48 |
50 | Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 58: « Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana » 2001,168 |
51 | Apostolicam Actuositatem 7 |
52 | Sant'Agostino, Confessioni, 3,6,11 |
53 | Giovanni Paolo II, Sollicitudo Rei Socialis 36 |
54 | Gaudium et Spes 30 |
55 | Giovanni Paolo II, Fides et ratio Preambolo |
56 | Giovanni Paolo II, Incarnationis Mysterium 1 |
57 | Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte 4 |