La formazione ecumenica nella Chiesa particolare

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Parte II - Principi Cattolici della Comunione Universale

Occorre tornare al concilio, per fare nostra la prospettiva di apertura pienamente « cattolica » della fede e della Chiesa.

1. L'universalità del disegno salvifico di Dio Trinità

La Chiesa va collocata dentro l'ottica della grandezza universale del piano di Dio, che abbraccia tutt'intera la storia e tutt'intera la creazione ( cf LG, nn. 2-3-4; AG, nn. 2-3-4 ).

All'origine di tutto sta il disegno d'amore salvifico universale, che dall'eternità era nascosto nel seno del Padre, e che si è manifestato e realizzato nella pienezza dei tempi con la missione del Figlio e la missione dello Spirito ( cf Ef 3,14; Rm 8,28-29 ).

La Chiesa, pertanto, viene generata da quella Parola che svela e attua quel piano di Dio; quindi essa vive in forza della fede, e nella misura in cui essa rimane sotto la parola di Dio.

2. La Chiesa vive nella storia

La riscoperta della tensione escatologica verso il Regno rafforza nella Chiesa l'impegno di vivere come Maria, la fede quale « pellegrinaggio » ( cf enciclica Redemptoris Mater ).

« Fino a che non vi saranno i nuovi cieli e la terra nuova … la Chiesa peregrinante, nei suoi sacramenti e nelle sue istituzioni, che appartengono all'età presente, porta la figura di questo mondo » ( LG, 48 ).

Certamente, la Chiesa cattolica non può rinunciare alla confessione di avere ricevuto in dono da Dio l'integralità dei doni di verità e di grazia che costituiscono il patrimonio cristiano ( cf LG, 8; UR, 3; UR, 4 ) ma non per questo i suoi figli hanno il diritto di considerarsi esenti da limiti e da peccato ( cf LG, 8 ), e quindi esonerati dall'obbligo di confessare umilmente il bisogno di conversione e di perdono ( UR, 4; UR, 6; UR, 7 ).

D'altra parte occorre valutare anzitutto la qualità dei doni che uniscono fra loro le Chiese.

Perciò la Chiesa cattolica valuta e stima con gioia e gratitudine a Dio la ricchezza di doni che le altre Chiese custodiscono e valorizzano.

E intende rafforzare in sé e in tutti gli altri, anzitutto col suo esempio, un processo di continua conversione all'unico Signore; sottoponendo ogni passo al giudizio della parola di Dio.

A tale scopo occorre, però, che le nostre comunità tengano veramente in considerazione i principi-guida offerti del concilio; due soprattutto.

Prima di tutto la Chiesa domanda la concentrazione della nostra fede sul nucleo fondamentale della rivelazione ( detto, anche, principio della « gerarchia delle verità »; UR, 11 ), senza per questo deprezzare, quasi non sia vincolante, ciò che può apparire periferico.

Dobbiamo, inoltre porre una particolare attenzione a non confondere la sostanza divina del dono ricevuto con i modi umani e storici attraverso i quali il dono di Dio viene rivestito, espresso, tradotto ( UR, 6; GS, 62 ); poichè l'unica tradizione può sussistere legittimamente in varie « tradizioni », come l'unica Parola in diverse parole.

3. Comunità di comunione e di dialogo

Poichè la Chiesa si presenta come « popolo adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo » ( LG, 4; cf S. Cipriano, De ouat. domin. 23 ) la sua forma ideale non può essere altro che la « comunione »; essa deve disegnare nella storia l'immagine della Trinità e realizzare il mistero della comunione col Padre, nel Figlio, a opera dello Spirito ( cf 1 Gv 1,1-4 ).

Perciò ogni comunità cristiana è chiamata a entrare nella mentalità dell'ecclesiologia della comunione e a esprimersi soprattutto come fraternità, nella reciproca comunicazione di carismi e servizi.8

Lo Spirito Santo, infatti, creatore della Chiesa, dispensa molti doni perchè ciascuno partecipi alla costruzione del « corpo di Cristo » ( cf 1 Cor 12 ), e la Chiesa così risplenda, in ogni singola sua comunità, anche qui in terra, come anticipata reale « comunione di santi ».

Per tale motivo, diventa importante il « luogo » della convocazione e della ricapitolazione dei doni dello Spirito; vale a dire la Chiesa particolare, e la comunità locale.9

Perché è qui che la Parola, il sacramento e ogni altro dono dello Spirito, diventano concretezza, ottengono risposta, fanno unità e sintesi.

È a questo livello che lo Spirito si mostra, al tempo stesso, principio di diversità e di unità.

Ogni cristiano dà il suo apporto alla costruzione della sua comunità; ogni comunità o Chiesa locale dà il suo dono alla Chiesa universale, aprendosi al dono delle altre.

È necessario, però, che ogni singolo membro di Chiesa e ogni singola Chiesa particolare non si chiudano in se stessi, ma abbiano cura dell'unità di tutto il popolo di Dio, collaborando effettivamente con coloro che hanno ricevuto dallo Spirito lo specifico ministero dell'unità della Chiesa: i pastori, e in particolar modo il Papa, cui è stato affidato il « servizio singolare di Pietro ».

La tensione verso l'unità attinge dal dinamismo che parte dal battesimo e culmina nell'eucaristia.

L'ecumenismo impegna appunto a riscoprire e a valorizzare al massimo l'unità che già esiste per il battesimo, e in forza della quale molto si potrebbe « fare insieme » già ora, pur nella situazione attuale di comunione ancora imperfetta.

Ma non per questo è lecito attenuare l'esigenza di « pienezza » che deriva dall'eucaristia.

L'ecumenismo autentico da sempre sottolinea lo stretto legame che passa tra unità eucaristica e unità ecclesiale; perché, se è vero che, celebrando, la Chiesa fa l'Eucaristia, è ancor più vero che l'Eucaristia, che è dono di Cristo e grazia dello Spirito, fa la Chiesa.

Il cammino ecumenico ufficiale, allora, giustamente si propone come traguardo di raggiungiere la triplice integralità: nella fede, nei sacramenti, e nella struttura organica della chiesa.10

E tutto questo senza negare o minimizzare le divergenze, talora profonde, tuttora esistenti fra la Chiesa cattolica e le altre confessioni cristiane.

Ma è proprio per superare tali divergenze che è necessario instaurare un dialogo condotto con rispetto, umiltà, carità e sincerità.

Nel frattempo, la comunione che già esiste fra le Chiese deve stimolare a una crescita costante negli sforzi di reciproco riconoscimento e di mutua « recezione ».

Perché è necessario, sempre, ascoltare « lo Spirito che parla alle Chiese e attraverso di esse » ( cf Ap 2,7.1 1.17.29 … ); altrimenti c'è il rischio di « estinguere lo Spirito », ( cf 1 Ts 5,19 )

Il decreto UR sollecita appunto a una « fraterna emulazione » nel cammino verso la pienezza di Cristo ( n. 11 ).

4. L'ecumenismo e le « nuove fedi »

Sarebbe un grave errore confondere l'ecumenismo con l'atteggiamento da assumere nei confronti di un fenomeno nuovo e completamente diverso, quale è il diffondersi, anche nel nostro paese, di « nuove fedi », o - come si dice - di « nuovi movimenti religiosi o sette ».11

Sorgono problemi delicati.

Non è possibile livellare tutto il fenomeno, che è così complesso, riducendolo a una sola sua forma di espressione.

Inoltre, non è lecito confondere tali movimenti con le Chiese storiche o con le grandi religioni mondiali.

Al contrario, i problemi sollevati dall'impatto con questo nuovo fenomeno dovrebbero essere studiati con maggiore profondità, e anzi in collaborazione fra tutte le Chiese che si trovano ad affrontarlo.

In attesa di indicazioni pastorali più precise a tale riguardo, i fedeli cattolici sono invitati a tener desto l'interesse per questo problema, ma con atteggiamento di equilibrio, di fermezza e insieme di carità, soprattutto rafforzando la propria maturità di fede.

Urge una migliore informazione circa la propria tradizione di fede e circa quella degli altri; urge più ancora una solida formazione teologica.

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8 Cf Sinodo dei Vescovi 1985, Documento finale, La Chiesa, nella parola di Dio, celebra i misteri di Cristo per la salvezza del mondo.
« Basandosi sulla ecclesiologia di comunione, la Chiesa cattolica, al tempo del concilio Vaticano III, ha assunto pienamente la sua responsabilità ecumenica.
Dopo questi venti anni, possiamo affermare che l'ecumenismo si è iscritto profondamente e indelebilmente nella coscienza della Chiesa.
Noi Vescovi desideriamo ardentemente che la comunione incompleta già esistente con le Chiese e le comunità non cattoliche, giunga con la grazia di Dio, alla piena comunione.
Il dialogo ecumenico deve essere esercitato in modo diverso nei diversi gradi della Chiesa, sia dalla Chiesa universale, sia dalle Chiese particolari concrete.
Il dialogo deve essere spirituale e teologico.
Il movimento ecumenico si favorisce in modo particolare con la preghiera vicendevole.
Il dialogo è autentico e fruttuoso se presenta la verità con amore e fedeltà verso la Chiesa.
In questo modo il dialogo ecumenico fa sì che la Chiesa venga vista più chiaramente come sacramento di unità.
La comunione tra i cattolici e gli altri cristiani sebbene sia incompleta, chiama tutti alla collaborazione nei molteplici campi e rende così possibile una certa testimonianza comune dell'amore salvifico di Dio verso il mondo bisognoso di salvezza », Enchiridion Vaticanum, IX, 1808.
9 Cf Giovanni Paolo II, Discorso al Convegno ecclesiale di Loreto, il Papa dopo aver sostenuto « l'essenziale ruolo che sono chiamati a svolgere le Chiese particolari … » dichiara: « ogni ambiente ecclesiale, come anche ogni problema che in esso può sorgere, trova nella Chiesa particolare e nella concretezza delle sue strutture il luogo provvidenziale predisposto a cui far riferimento »,
Atti, Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini, AVE, p. 48 e p. 53.
10 Cf Unitatis redintegratio, n. 22.
11 Si può fare riferimento alla nota sui nuovi movimenti e sette, approntata insieme dai tre Segretariati romani del dialogo e dal Pontificio Consiglio per la cultura; cf il testo in Service d'Information, n. 61 ( 1986 ), pp 158-169
( in esso si tenta pure una distinzione fra sette e movimenti ).
Cf il testo anche in Regno Doc. 11 ( 1982 ), pp. 332-340.