Del gran mezzo della preghiera |
L’orazione inoltre è l’arma più necessaria per difenderci dai nemici: chi di questa non s’avvale, dice S. Tommaso, è perduto.
Non dubita il Santo di ritenere che Adamo cadde perché non si raccomandò a Dio allora che fu tentato ( P. I. q. 94, a. 4 ).
E lo stesso scrisse S. Gelasio parlando degli angeli ribelli: Che cioè ricevendo invano la grazia di Dio, senza pregare non seppero rimanere fedeli ( Epist. adversus Pelag. haeret. ).
San Carlo Borromeo in una lettera Pastorale ( Litt. pastor. De or. in com. ) avverte, che tra tutti i mezzi che Gesù Cristo ci ha raccomandati nel Vangelo, ha dato il primo luogo alla preghiera: ed in ciò ha voluto che si distinguesse la sua Chiesa e Religione dalle altre sette, volendo che ella si chiamasse specialmente casa d’orazione.
La casa mia sarà chiamata casa d’orazione ( Mt 21,13 ).
Conclude S. Carlo nella suddetta lettera, che la preghiera è il principio, il progresso e il complemento di tutte le virtù.
Sicché nelle tenebre, nelle miserie e nei pericoli, in cui ci troviamo ( diceva re Giosafat ) non abbiamo in che altro fondare le nostre speranze, che in sollevare gli occhi a Dio e dalla sua misericordia impetrare colle preghiere la nostra salvezza ( 2 Cr 20,12 ).
E così anche praticava Davide; non trovando altro mezzo per non esser preda dei nemici, che pregare continuamente il Signore a liberarlo dalle loro insidie: Gli occhi miei sono sempre rivolti al Signore perché Egli trarrà dal laccio i miei piedi ( Sal 25,15 ).
Sicché altro egli non faceva che pregare dicendo: A me volgi il tuo sguardo, e abbi pietà di me, perché io son solo e son povero ( Sal 25,16 ).
Gridai a te: dammi salute affinché osservi i tuoi precetti ( Sal 119,146 ).
Signore, volgete a me gli occhi, abbiate pietà di me, e salvatemi: mentre io non posso niente, e fuori di Voi non ho chi possa aiutarmi.
Ed infatti come potremmo noi resistere alle forze dei nostri nemici, ed osservare i divini precetti, specialmente dopo il peccato di Adamo, che ci ha resi così deboli ed infermi, se non avessimo il mezzo dell’orazione, per cui possiamo già dal Signore impetrare la luce e la forza bastante per osservarli?
Fu già bestemmia quella che disse Lutero, cioè che dopo il peccato di Adamo sia assolutamente impossibile agli uomini l’osservanza della divina legge.
Giansenio ancora disse che alcuni precetti ai giusti erano impossibili secondo le presenti forze che hanno.
E sin qui la sua proposizione avrebbe potuto spiegarsi in buon senso; ma ella fu giustamente condannata dalla Chiesa per quello che poi vi aggiunse, dicendo che mancava ancora la grazia divina a renderli possibili.
É vero, dice S. Agostino, che l’uomo per la sua debolezza non può già adempiere alcuni precetti con le presenti forze e con la grazia ordinaria, ossia comune a tutti; ma ben può con la preghiera ottenere l’aiuto maggiore, che vi bisogna per osservarli: Iddio non comanda cose impossibili, ma nel comandare ti avvisa di fare quel che puoi, e chiedere quel che non puoi, ed aiuta affinché tu lo possa ( De nat. et grat. cap. XLIII ).
É celebre questo testo del Santo, che poi fu adottato e fatto dogma di fede dal Concilio di Trento ( Sess. VI, cap. II ).
Ed ivi immediatamente soggiunse il santo Dottore: Vediamo in che modo … ( cioè, come l’uomo può fare quel che non può ).
Per mezzo della medicina potrà quello che non può per la sua infermità ( Sess. VI, cap. LXIX ).
E vuol dire che con la preghiera otteniamo il rimedio alla nostra debolezza; poiché pregando noi, Iddio ci dona la forza di fare quel che noi non possiamo.
Non possiamo già credere, segue a parlare S. Agostino, che il Signore, abbia voluto imporci l’osservanza della legge, e che poi ci abbia imposto una legge impossibile; e perciò dice il Santo, che allorché Dio ci fa conoscere impotenti ad osservare tutti i suoi precetti, egli ci ammonisce di fare le cose difficili con l’aiuto maggiore che possiamo impetrare per mezzo della preghiera ( Sess. VI, cap. LXIX ).
Ma perché, dirà taluno, ci ha comandato Dio cose impossibili alle nostre forze?
Appunto per questo, dice il Santo, affinché noi attendiamo ad ottenere con l’orazione l’aiuto per fare ciò che non possiamo ( De gr. et lib. arb. c. 16 ).
E in altro luogo: La legge fu data affinché domandassimo la grazia; la grazia fu donata, affinché fosse adempita la legge ( De sp. et lit. c. 19 ).
La legge non può osservarsi senza la grazia; e Dio a questo fine ha dato la legge, affinché noi sempre lo supplicassimo a donarci la grazia per osservarla.
In altro luogo dice: La legge è buona per chi ne usa legittimamente.
Che vuol dire dunque servirsi legittimamente della legge? ( Serm. 156 ).
E risponde: riconoscere per mezzo della legge la propria infermità e domandare il divino aiuto onde conseguire la salute ( Serm. 156 ).
Dice dunque S. Agostino, che noi dobbiamo servirci della legge, ma a che cosa? a conoscere per mezzo della legge ( a noi impossibile ) la nostra impotenza ad osservarla, affinché poi impetriamo, col pregare, l’aiuto divino che sana la nostra debolezza.
Lo stesso scrisse S. Bernardo, dicendo: Chi siamo noi, e qual è la nostra forza che possiamo resistere a tante tentazioni?
Questo certamente ricercava Iddio che, vedendo noi la nostra debolezza, e che non abbiamo in pronto altro aiuto, ricorressimo con tutta umiltà alla sua misericordia ( Serm. v. De Quadrag. ).
Conosce il Signore, quanto utile sia a noi la necessità di pregare, per conservarci umili e per esercitarci alla confidenza: e perciò permette che ci assaltino nemici insuperabili dalle nostre forze, affinché noi con la preghiera otteniamo dalla sua misericordia l’aiuto a resistere.
Specialmente, si avverta che niuno può resistere alle tentazioni impure della carne, se non si raccomanda a Dio quando è tentato.
Questa nemica è sì terribile, che quando ci combatte, quasi ci toglie ogni luce: ci fa scordare di tutte le meditazioni e buoni propositi fatti e ci fa vilipendere ancora le verità della fede, quasi perdere anche il timore dei castighi divini: poiché ella si congiura con l’inclinazione naturale, che con somma violenza ne spinge ai piaceri sensuali.
Chi allora non ricorre a Dio, è perduto.
L’unica difesa contro questa tentazione è la preghiera; dice S. Gregorio Nisseno: L’orazione è il presidio della pudicizia ( De or. Dom. I. ).
E lo disse prima Salomone: ‘Tosto ch’io seppi come non poteva essere continente se Dio non mel concedeva, io mi presentai al Signore, e lo pregai" ( Sap 8,21 ).
La castità è una virtù che non abbiamo forza di osservare se Dio non ce la concede, e Dio non concede questa forza, se non a chi la domanda.
Ma chi la domanda certamente l’otterrà.
Pertanto dice S. Tommaso contro Giansenio, che non dobbiamo dire essere a noi impossibile il precetto, poiché quantunque non possiamo noi osservarlo con le nostre forze, lo possiamo nondimeno con l’aiuto divino ( 1, 2, q. 109, a. 4, ad 2 ).
Né dicasi, che sembra un’ingiustizia il comandare ad uno zoppo che cammini diritto; no, dice S. Agostino, non è ingiustizia, sempre che gli sia dato il modo di trovare rimedio al suo difetto; onde se egli poi segue a zoppicare, la colpa è sua ( De perfect. iust. c. III ).
Insomma, dice lo stesso santo Dottore, che non saprà mai vivere bene chi non saprà ben pregare ( S. 55. in app. ).
Ed all’incontro, dice S. Francesco d’Assisi, che senza orazione non può sperarsi mai alcun buon frutto in un’anima.
A torto dunque si scusano quei peccatori che dicono di non aver forza di resistere alla tentazione.
Ma se voi, li rimprovera S. Giacomo, non avete questa forza, perché non la domandate?
Voi non l’avete, perché non la cercate ( Gc 4,2 ).
Non vi è dubbio, che noi siamo troppo deboli per resistere agli assalti dei nostri nemici, ma è certo ancora, che Dio è fedele, come dice l’Apostolo, e non permette che noi siamo tentati oltre le nostre forze: "Ma fedele è Dio, il quale non permetterà che voi siate tentati oltre il vostro potere, ma darà con la tentazione il profitto, affinché possiate sostenere" ( 1 Cr 10,13 ).
Commenta Primasio: Con l’aiuto della grazia farà provenire questo, che possiate sopportare la tentazione.
Noi siamo deboli, ma Iddio è forte: quando noi gli domandiamo l’aiuto, allora egli ci comunica la sua fortezza, e potremo tutto, come giustamente vi prometteva lo stesso Apostolo dicendo: "Tutte le cose mi sono possibili in Colui che è mio conforto" ( Fil 4,13 ).
Non ha scusa dunque, dice S. Giovanni Crisostomo, chi cade perché trascura di pregare, poiché se avesse pregato, non sarebbe restato vinto dai nemici ( Serm. De Moyse ).
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