Sermoni sul Cantico dei Cantici |
1. Voce del mio diletto ( Ct 2,8 ).
Vedendo la sposa la nuova verecondia e il timore delle giovanette, che cioè stranamente avessero cominciato a non osare intromettersi nel suo santo riposo, né come facevano di solito prima, osassero disturbarla mentre era nel riposo della contemplazione, riconosce che questo è l’effetto della cura sollecita dello Sposo; esultando nello spirito sia per il loro progresso, poiché le vede corrette dalla loro eccessiva e vana inquietudine, sia perché si sente più libera in futuro di godere del suo riposo, sia anche per la degnazione e favore del suo Sposo, così zelante per la sua quiete, e che con tanto amore ha preso le difese dei suoi soavissimi, anzi, ferventissimi ozi, dice che tutto questo è effetto della voce del diletto suo, che egli per questo appunto ha rivolto alle giovanette.
Infatti colui che con sollecitudine sta al comando, mai o raramente attende con sicurezza a se stesso, mentre sempre sta con il timore di non darsi abbastanza ai sudditi, e di non piacere a Dio per il fatto di preferire la dolcezza della propria quieta contemplazione all’utilità comune.
Talora a chi si trova in questo soave riposo arriva una non piccola gioia e sicurezza, quando cioè da un certo timore e riverenza verso di sé, immesso da Dio nel cuore dei sudditi, viene a capire che a Dio piace il suo riposo, perché fa in modo che i sudditi preferiscano sopportare le loro necessità con pace piuttosto che disturbare temerariamente i graditi ozi del padre spirituale.
La giusta trepidazione infatti dei pargoli: indica chiaramente che essi hanno udito di dentro una voce quasi minacciosa che li sgridava, la voce, senza dubbio, di colui che dice per mezzo del Profeta: Sono io che parlo con giustizia ( Is 63,1 ).
È voce di lui la sua ispirazione, l’infusione del suo timore.
2. Udita dunque questa voce, la sposa piena di gioia e di esultanza esclama: È la voce del mio diletto.
Essa è l’amica e gioisce grandemente per la voce dello Sposo.
E aggiunge: Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline ( Ct 2,8 ).
Conosciuta, per averne udita la voce, la presenza dello Sposo, subito fissa bene gli occhi curiosi per vedere colui che aveva udito.
L’udito conduce alla vista: la fede viene dall’udito, e per essa vengono mondati i cuori perché possa vedersi Dio; così infatti è scritto: Purificando con la fede i cuori ( At 15,9 ).
Vede dunque venire colui che aveva udito parlare, osservando anche qui lo Spirito Santo quell’ordine che presso il profeta è così descritto: Ascolta, o figlia, e vedi ( Sal 45,11 ).
E perché si noti con più certezza che non a caso né senza ragione, ma di proposito e con ragione ( quella ragione che prima abbiamo addotta ) in questo passo si pone l’udito prima della vista, guarda come questo stesso ordine si trova osservato da quel santo che dice a Dio: Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono ( Gb 42,5 ).
Ma anche dove si racconta come lo Spirito Santo nel giorno della Pentecoste discese sugli Apostoli, non si dice forse che l’udito ha prevenuto la vista?
Si dice infatti: Venne all’improvviso dal cielo un rombo come di vento che si abbatte gagliardo; e più sotto: Apparvero loro lingue come di fuoco ( At 2,2-3 ).
Anche qui dunque si dice che prima l’udito ha percepito la venuta dello Spirito Santo; e poi la vista.
E di questo basti, perché anche voi, se volete ricercare su questo argomento, potrete trovare in altri passi della Sacra Scrittura cose del genere.
3. Ma ora consideriamo quella cosa che richiede una più diligente ricerca, ed è assai difficile a comprendersi, per cui ho assolutamente bisogno, lo confesso, dell’aiuto dello Spirito Santo, perché possa mettere induce quali siano quei monti o quelle colline sulle quali la Chiesa ha contemplato con felice visione salire e saltare lo Sposo, credo quando veniva per operare la redenzione di colei della quale aveva anche desiderato la bellezza.
Io penserei in questo modo, e senza incertezze perché trovo qualcosa di simile nel Profeta, dove questi evidentemente, sotto l’azione dello Spirito, prevede e descrive l’avvento del Salvatore.
Nel sole ha posto la sua tenda, ed egli come Sposo che esce dalla stanza nuziale, esulta come un prode che percorre la via: egli sorge da un estremo del cielo, e la sua corsa raggiunge l’altro estremo ( Sal 19,6-7 ).
Questa corsa e questa rincorsa è conosciutissima; ed è pure molto noto da chi fu iniziata e terminata.
Che dunque? Ci dipingeremo, leggendo queste cose sia nel Salmo sia nel presente Cantico, un uomo gigante, di alta statura, preso d’amore per una certa donnetta assente, e mentre si affretta ai desiderati amplessi, sorpassa questi monti e queste colline che vediamo innalzarsi a tanta altezza con la loro mole materiale sopra le pianure della terra, e di cui alcuni innalzano le loro vette fin sopra le nubi!
Ma non è cosa decente fermarsi su immaginazioni corporee del genere, specialmente trattandosi qui di un cantico spirituale; e questo non è neppure lecito a noi che ricordiamo di avere letto nel Vangelo che Dio è spirito e che coloro che lo adorano lo devono adorare nello spirito ( Gv 4,24 ).
4. Chi sono pertanto quei monti e colli spirituali, perché poi conseguentemente li conosciamo e quali salti lo Sposo, che è Dio, e perciò spirito, faceva in essi e sopra di essi, e di che specie?
Se pensiamo che siano quei monti sui quali il Vangelo riferisce che una volta furono lasciate le novantanove pecore, mentre il loro Pastore è venuto sulla terra a cercare quella che si era perduta, la cosa rimane ancora oscura, e non si capacita l’intelletto, dato che non è facile trovare quelle spirituali e sopracelesti beatitudini, quali sono certamente le pecore che, là hanno dimorato, quali monti e quali colli similmente spirituali e di che natura abbiano per abitazione o per pascolare in essi.
Tuttavia se non esistessero la Verità non ne avrebbe parlato.
E neppure il Profeta, molto tempo prima avrebbe detto della suprema città Gerusalemme che le sue fondamenta sono sui monti santi ( Sal 87,1 ), se veramente là non vi fossero dei monti santi.
Infine, che quella celeste abitazione abbia dei monti e dei colli spirituali non solo, ma vivi e ragionevoli, sentilo da Isaia: I monti e le colline canteranno lodi davanti a Dio ( Is 55,12 ).
5. Chi pertanto sono questi se non gli stessi spiriti che abitano nei cieli, che la voce del Signore abbiamo detto chiamare pecore, di modo che sono la stessa cosa i monti e le pecore, a meno che in modo assurdo si voglia significare che i monti pascolano sui monti e le pecore nelle pecore.
E secondo la lettera il senso suona duro; secondo lo Spirito invece il senso suona dolce se avvertiamo sottilmente come il Pastore di entrambi i greggi, cioè Cristo Sapienza di Dio provvede un solo e medesimo pascolo di verità in modo diverso ai greggi celesti e a quelli della terra.
Noi infatti uomini mortali, finché siamo nel luogo del nostro pellegrinaggio, dobbiamo mangiare il nostro pane con il sudore del nostro volto, mendicandolo fuori nella fatica e nel dolore, o dagli uomini dotti o dai libri sacri, o guardando gli attributi invisibili di Dio resi intelligibili attraverso le creature; gli Angeli, invece, vivono beati in ogni pienezza, sia pure non da se stessi, con tanta facilità quanta ne è loro donata.
Sono infatti tutti istruiti da Dio: questo è promesso con verità certa, che conseguiranno un giorno gli eletti degli uomini, ma non è dato ancora di sperimentarlo con felicità sicura.
6. Pascolano pertanto i monti sui monti, o le pecore nelle pecore, quando quelle superiori sostanze spirituali ricevono abbondantemente dentro a se stesse, dal Verbo di vita, quanto è necessario per vivere senza fine la loro vita, la stessa cosa sia monti che pecore, monti per la pienezza e l’altezza, pecore per la mansuetudine.
Pieni infatti di Dio, sublimi per i meriti, arricchiti di virtù, tuttavia essi sottomettono le alte cime con tutta e umile obbedienza e si inclinano con le loro vertiginose altezze al comando della maestà, come pecore mansuetissime che camminano in tutto al cenno del loro padrone, e lo seguono dovunque va.
In questi monti, veramente santi, secondo il Profeta Davide, come la sapienza creata prima di tutte le cose, sono poste all’inizio le solite fondamenta della città del Signore; la quale è unica in cielo e sulla terra, sebbene in parte ancora pellegrinante, e in parte già regnante.
E da questi, secondo Isaia, come da cembali, sonori, risuona di continuo il ringraziamento e la voce di lode, adempiendo così essi con soave ed incessante voce quello che abbiamo or ora ricordato del medesimo Profeta, che cioè i monti e le colline canteranno lodi davanti a Dio ( Is 55,12 ), essi pure ciò che quell’altro, parlando al Signore Dio disse: Beati coloro che abitano nella tua casa o Signore!
Ti loderanno nei secoli dei secoli ( Sal 84,5 ).
7. Questi dunque per tornare a ciò da cui ci siamo un poco allontanati, ma penso fosse necessario sono quei monti e quei colli sui quali la Chiesa vide il celeste Sposo con mirabile agilità salire quando si affrettava verso i suoi amplessi: e non solo salire, ma valicarli.
Vuoi che ti dimostri questi salti dagli scritti dei Profeti o degli Apostoli?
Non comincerò a riportare qui tutte le testimonianze che si possono desumere da essi su questo argomento da parte di chi ne ha il tempo: questo infatti sarebbe lungo, e non è il caso di farlo.
Ma riferisco soltanto quelle cose che brevemente e apertamente sembrano dimostrare ciò che viene detto dei salti dello Sposo.
Dice di lui Davide che pose nel sole la sua tenda, ed egli come uno sposo che esce dalla stanza nuziale, esulta come un gigante che percorre la via, egli sorge da un estremo del cielo ( Sal 19,6-7 ).
Ecco che grande salto ha fatto, dalla sommità del cielo fino alla terra.
Non trovo in verità dove altro abbia posto nel sole la sua tenda, cioè nella luce e nella chiarezza si sia degnato di mostrare la sua presenza, lui che abita nella luce inaccessibile, se non sulla terra.
Infine: Fu veduto sulla terra, e abitò tra gli uomini ( Bar 3,38 ) sulla terra, ho detto, palesemente; perché ha posto nel sole la sua tenda, vale a dire nel corpo che si è degnato di prendere dal corpo della Vergine a questo fine, di mostrarsi in esso visibile lui che per sé è invisibile; e così ogni uomo potesse vedere la salvezza di Dio venuta a noi nella carne.
8. Sali dunque sui monti, vale a dire in quei supremi spiriti quando discese fino ad essi, degnandosi di spiegare loro il sacramento nascosto da secoli e il mistero grande della pietà.
Ma oltrepassando questi superiori e più eminenti monti, vale a dire, i Cherubini e Serafini, nonché le Dominazioni, i Principati e le Potestà e le Virtù, si è degnato di scendere fino all’ordine inferiore degli Angeli, rappresentati dalle colline.
Ma non si è fermato neppure in essi, ha valicato anche i colli.
Egli infatti non si prese cura degli Angeli, ma del seme di Abramo si prese cura ( Eb 2,16 ), che è inferiore agli Angeli, perché si adempisse la parola del ricordato Profeta, che così parla al Padre del Figlio: L’hai fatto poco meno degli Angeli ( Sal 8,6 ).
Questo in verità si può capire come detto a lode dell’umana natura per il fatto che l’uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, e dotato di ragione come gli Angeli, di poco tuttavia è inferiore all’Angelo a causa del suo corpo che viene dalla terra.
Ma ascolta l’Apostolo Paolo che parla apertamente di lui: il quale pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio: ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini ( Fil 2,6 ) e ancora: Quando venne la pienezza del tempo Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge ( Gal 4,4-5 ).
Colui dunque che fu fatto da donna, che fu fatto anche sotto la legge, non solo scendendo travalicò i monti, cioè le maggiori e superiori beatitudini, ma anche i minori Angeli i quali, in paragone dei superiori, a ragione vengono designati con il nome di colline.
Del resto chi è minimo nel regno dei cieli, è più grande di chiunque è composto di carne sulla terra, fosse pure quel grande Giovanni Battista.
Poiché anche se in verità diciamo che il Dio uomo supera di gran lunga anche come uomo tutti i Principati e le Potestà, è tuttavia certo che se li sorpassa in maestà, è loro inferiore riguardo alla infermità della carne.
Così dunque salì sui monti e valicò i colli quando si mostrò con somma degnazione inferiore non solo ai superiori, ma anche agli spiriti inferiori, e non solo a quegli spiriti superni, ma a quelli stessi che vivevano ancora nella carne, superando se stesso, e vincendo con la sua umiltà anche l’umiltà degli uomini.
Era infatti soggetto a Maria e Giuseppe quand’era bambino a Nazareth, e già fatto giovane si chinò sotto le mani di Giovanni Battista.
Ma il giorno è già avanzato, né d’altronde vogliamo scendere del tutto da questi monti.
9. Del resto se volessimo questa volta, come ci piace, esplorare tutte le cose amene, scrutare le oscure, c’è da temere che il sermone manchi della sua grata brevità, oppure che l’abbondante ed eccellente materia per la fretta non venga trattata con la dovuta diligenza.
Fermiamoci qui per oggi, se vi piace, su questi monti, perché è cosa buona per noi lo stare qui, dove da Cristo pastore, collocati insieme ai santi Angeli in luogo di pascoli, ci nutriamo con maggior gaudio e abbondanza.
Siamo infatti anche noi gregge del suo pascolo.
Ruminiamo dunque come animali mondi le cose riguardanti il buon Pastore che abbiamo ingerito con avidità nell’odierno sermone, per ricevere con più attenzione in un altro sermone ciò che resta dello stesso capitolo, secondo che lo concederà lo Sposo della Chiesa Gesù Cristo nostro Signore, che è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli.
Amen.
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