Trattato dei miracoli |
[910] 88. In Romania accadde che un greco, servo di un certo signore, venisse falsamente accusato di furto.
Il principe della regione ordinò che fosse rinchiuso in un angusto carcere e pesantemente incatenato, ed infine con sentenza definitiva che gli fosse tagliato un piede.
La moglie implorò con insistenza il principe perché l'innocente fosse liberato; ma l'ostinata durezza di quell'uomo non si arrese alle implorazioni.
Allora la donna ricorse supplichevole a san Francesco, raccomandando alla sua compassione con un voto quell'innocente.
Si presentò il patrono degli infelici senza indugio e nell'istante in cui egli prese per mano il prigioniero, ne sciolse le catene, aprì il carcere, condusse fuori l'innocente mormorandogli: « Io sono colui, al quale la tua donna ti ha devotamente raccomandato ».
Il prigioniero era preso da gran terrore, e girava attorno per scendere dal precipizio dell'altissima rupe, ma all'improvviso, senza saper come, si trovò in basso; appena ritornato, riferì alla moglie la verità del prodigio.
Allora essa fece fare, secondo il voto, un'immagine di cera, che appese vicino all'immagine del Santo, perché fosse vista da tutti.
Ma il marito ingrato si irritò per questo e percosse la moglie.
Allora fu egli stesso colpito e si ammalò gravemente fino a quando, confessata la sua colpa, cominciò ad onorare con devozione il Santo di Dio, Francesco.
[911] 89. A Massa San Pietro, un poveretto era debitore di una somma ad un cavaliere; ma non potendo in alcun modo, a causa della sua miseria, pagarlo, fu imprigionato dal suo creditore.
Il poveretto implorava che gli usasse misericordia e pregava con insistenza per ottenere una dilazione per amore di san Francesco, poiché credeva che anche ii cavaliere avesse rispetto per il famoso Santo.
Ma quel cavaliere superbamente respinge le preghiere rivoltegli e follemente disprezza come cosa vana l'amore del Santo.
Infatti risponde caparbio: « Ti rinchiuderò in un posto, e in una prigione, ove né Francesco né alcun altro possano aiutarti ».
Mise in atto la sua minaccia; trovò una oscura prigione e vi gettò dentro l'uomo incatenato.
Poco dopo, si presentò san Francesco che, infranta la porta del carcere, spezzate le catene ai piedi del prigioniero, lo ricondusse sano e salvo a casa sua.
Egli, per mettere in evidenza il potere meraviglioso in quegli oggetti in cui aveva sperimentato la misericordia del Santo, portò le proprie catene alla chiesa del beato Francesco, presso Assisi.
Così la potenza di san Francesco, vinto il superbo cavaliere, liberò dal male il prigioniero, che a lui si era affidato.
[912] 90. Cinque ufficiali di un grande principe, catturati per sospetto, non solo vennero legati con pesanti catene ma anche rinchiusi in un duro carcere.
Avendo saputo dei miracoli operati da san Francesco, essi si affidano a lui con grande devozione.
Allora san Francesco apparve una notte ad uno di essi, promettendogli la grazia della liberazione.
Tutto esultante, egli raccontò ai compagni di prigionia la promessa liberazione.
Piansero e gioirono insieme e, nel buio della prigione, formularono voti e moltiplicarono le invocazioni.
Senza indugio, uno di essi cominciò a scalfire con un osso il muro della fortificatissima torre.
Il solido materiale gli cedeva con tanta facilità, come se si fosse trattato di una compagine di cenere.
Terminata l'apertura nel muro, provò ad uscire, e spezzate le catene, uno dopo l'altro tutti uscirono liberi.
Rimaneva da passare un profondo precipizio, se volevano fuggire; ma la loro guida, il coraggioso Francesco, diede loro il coraggio di scendere.
Poterono quindi allontanarsi con tutta sicurezza ed esaltarono con alti elogi la grandezza del Santo.
[913] 91. Alberto di Arezzo, duramente incatenato per debiti a lui ingiustamente attribuiti, raccomandò con umiltà la propria innocenza a san Francesco.
Amava moltissimo l'Ordine dei frati e venerava con speciale devozione il Santo, fra tutti gli altri santi.
Il suo creditore d'altro canto gli aveva detto con sfida blasfema che né Dio né Francesco, avrebbero potuto liberarlo dalle sue mani.
Avvenne dunque che nella vigilia del giorno dedicato a san Francesco, il prigioniero non aveva toccato cibo, anzi l'aveva donato, per amore del Santo, ad un poveretto.
San Francesco la notte seguente apparve a lui che vegliava, e al suo apparire le catene caddero dai piedi e dalle mani del prigioniero.
Si spalancarono da sole le porte e caddero giù le tavole dal soffitto, e l'uomo così liberato poté allontanarsi e ritornare a casa sua.
Da allora mantenne il voto, digiunando nella vigilia di san Francesco, e aggiungendo al cero, offerto annualmente, un'oncia in più ogni anno.
[914] 92. Un giovane della Città di Castello fu accusato di un incendio, e chiuso in un duro carcere; andò egli allora umilmente la propria difesa a san Francesco.
Una notte, mentre era incatenato e custodito, udì una voce che gli ingiungeva: « Alzati presto e va' dove vuoi, perché le tue catene sono sciolte! ».
Ubbidì senza indugio a quell'ordine, e uscito fuori dal carcere, si incamminò verso Assisi per offrire al suo liberatore un sacrificio di lode.
[915] 93. Mentre era papa Gregorio IX, fu necessario che sorgesse in diverse parti la persecuzione contro gli eretici.
In quel periodo un uomo di nome Pietro, di Castello di Alife ( Caserta ), fu accusato di eresia, e con gli altri imprigionato a Roma.
Fu consegnato dal Papa al vescovo di Tivoli perché fosse tenuto in custodia.
Il vescovo ricevutolo sotto pena di perdere l'episcopato, lo fece incatenare.
Tuttavia, poiché la semplicità dei modi dell'accusato dimostrava la sua innocenza, fu trattato con minor rigore.
Si narra che alcuni nobili della città, volendo, per odio inveterato contro il vescovo, che egli incorresse nella pena minacciata dal Papa, offersero a Pietro un piano nascosto di fuga.
Egli acconsentì e evase di notte, fuggendo in fretta lontano.
Conosciuto il fatto, il vescovo ne fu molto preoccupato e aspettando la pena, non meno si rammaricò che il piano degli avversari fosse riuscito.
Quindi con il più grande impegno possibile mandò spie da ogni parte, perché scoprissero il poveretto; catturatolo, lo fece rinchiudere in una severissima custodia, a pena della sua ingratitudine.
Il vescovo fece preparare un'oscura prigione, circondata da robuste mura; in più, dentro, fece stringere il poveretto tra grosse tavole, legate con chiavi di ferro.
Ordinò che il prigioniero fosse incatenato ai piedi con ceppi di ferro pesanti molte libbra, e gli fossero somministrati vitto e bevanda solo in piccola quantità.
Era perduta ormai per lui ogni speranza di liberazione, ma Dio, che non permette che l'innocente perisca, nella sua pietà gli venne prontamente in aiuto.
Il prigioniero cominciò a implorare il beato Francesco con pianti e preghiere perché gli venisse in aiuto, avendo udito che era la vigilia della sua festa.
Aveva egli molta fiducia in san Francesco, poiché, così affermava, aveva saputo che gli eretici avevano latrato a lungo contro san Francesco.
Nella notte della sua festa, verso il crepuscolo, il beato Francesco discese pietoso nel carcere e chiamando per nome il prigioniero, gli ordinò di alzarsi.
Costui, terrorizzato, domandandogli chi fosse, si sentì dire che colui che gli si presentava era san Francesco.
Allora il prigioniero chiamò una guardia e le disse: « Sono molto spaventato, giacché ho qui davanti a me uno che mi ordina di alzarmi dicendo di essere san Francesco ».
Ma gli rispose la guardia: « Giaci, in pace, poveretto, e dormi!
Tu infatti sragioni, non avendo oggi mangiato abbastanza ».
Ma poiché il Santo di Dio gli ripeté il comando di alzarsi, circa l'ora di mezzogiorno, il poveretto si accorse che le catene dei piedi erano cadute a terra spezzate.
Si accorse che le tavole della prigione si aprivano, mentre i chiodi saltavano via, offrendogli in tal modo un passaggio per uscire.
Slegato, non sapeva, stordito come era, in qual modo fuggire, e, gridando, spaventò tutte le guardie.
Esse comunicarono al vescovo che l'uomo si era liberato dalle catene.
Il vescovo allora pensando che quegli fosse fuggito, e non sapendo che si trattava di un prodigio, pieno di paura, poiché era infermo, cadde a terra dal luogo ove sedeva.
Avvertito poi dello svolgersi dei fatti andò devotamente al carcere e comprendendo la potenza di Dio adorò il Signore.
Le catene furono poi recate alla presenza del Papa e dei cardinali.
Essi saputo l'accaduto, pieni di meraviglia, benedissero Iddio.
[916] 94. Guidalotto da San Gimignano venne falsamente accusato di aver ucciso un uomo con il veleno e di aver intenzione di uccidere nello stesso modo il figlio di quell'uomo e tutta la famiglia.
Catturato perciò dal podestà del luogo, legato con pesanti catene, viene gettato in una torre in rovina.
Il podestà pensava con quali torture estenuarlo per estorcergli la confessione del crimine imputatogli e ordinò infine che venisse sospeso ad un cavalletto girevole.
Furono posti inoltre sopra di lui molti pesi di ferro sí che egli perse i sensi.
Più volte il podestà ordinò di abbassarlo e di sospenderlo di nuovo, perché tra tanti tormenti fosse indotto alla confessione del delitto.
Ma il prigioniero, sorretto dalla sua innocenza, mostrava letizia in volto, anche con l'aggravarsi dei tormenti.
In seguito fu acceso un gran fuoco sotto di lui, e benché il suo capo pendesse verso terra nemmeno un capello gli fu bruciato.
Infine fu cosparso d'olio bollente, ma poiché era innocente e fin dall'inizio si era raccomandato al beato Francesco, superò ogni tortura col sorriso sulle labbra.
Infatti nella notte, antecedente l'esecuzione della pena, fu visitato dalla presenza del beato Francesco, e circondato da una nube meravigliosa di splendore, vi rimase avvolto sino al mattino, ripieno di gaudio e di immensa fiducia.
Benedetto Iddio che non permette che gli innocenti periscano e nel diluvio di molte acque aiuta sollecito chi spera in lui.
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