Trattato dei miracoli |
[917] 95. Una contessa di Schiavonia, illustre per nobiltà e amante del bene, ardeva di devozione verso san Francesco, e nutriva grande affetto per i frati.
Mentre stava partorendo, presa da atroci dolori, si aggravò al punto da far pensare che l'imminente nascita del figlio segnasse la fine della madre.
Non sembrava che il bambino potesse essere dato alla vita senza che la madre uscisse dalla vita e in tale sforzo partorire, ma perire.
Ricordò allora in cuore suo la fama di Francesco e la di lui potenza e gloria: si vivifica la sua fede, si accende la sua devozione.
La donna si rivolse allora all'aiuto efficace, all'amico fedele, al sollievo dei devoti, al rifugio degli afflitti.
« San Francesco - esclamò - ogni mia viscera supplica la tua pietà, e con lo spirito faccio un voto che non riesco ad esprimere ».
Straordinario effetto della preghiera!
Appena ebbe finito di parlare, finirono i suoi dolori, finirono le doglie e cominciò il parto.
Cessata ogni apprensione, diede felicemente alla luce la sua creatura.
Non si dimenticò poi del voto, né della promessa.
Fece costruire una bellissima chiesa e quando fu edificata, la donò ai frati dell'Ordine del Santo.
[918] 96. Nelle vicinanze di Roma, c'era una donna di nome Beatrice, ormai vicina al parto; essa portava in seno già da quattro giorni il feto morto ed era tormentata da infinite sofferenze e da lancinanti dolori.
Il feto morto conduceva anche la madre alla morte, e non essendo ancora stato espulso, metteva in pericolo la madre.
La donna si affidò all'aiuto dei medici, ma ogni tentativo fallì e ogni umano rimedio si rivelò inutile.
In tal modo l'antica maledizione del peccato ricadeva gravemente su di lei e, divenuta tomba della sua creatura, essa stessa si avvicinava alla tomba.
Ma essa mandò qualcuno a raccomandarla devotamente ai frati minori e piena di speranza, domandò supplicando qualche reliquia di san Francesco.
Avvenne per divino volere che si trovasse un pezzetto del cordone, di cui talvolta il Santo si era cinto.
Appena la corda fu data alla sofferente, ogni dolore disparve come d'incanto; il feto morto, causa di morte, fu espulso, e tornò la primitiva salute.
[919] 97. La moglie di un nobiluomo di Calvi, di nome Giuliana, viveva piena di tristezza per la morte dei figli e di continuo piangeva la sua infelicità.
Tutti i suoi figli erano morti, e i nuovi rampolli erano presto recisi dalla scure.
Era incinta di quattro mesi, ma era presa più dal dolore che dalla gioia, nel timore di una ingannevole letizia di una nascita presto frustrata dalla tristezza di un tramonto.
Ma una notte, mentre dormiva, le apparve in sogno una donna che recava sulle mani uno splendido bambino e affidandoglielo con soave sorriso, le diceva: « Prendi, o donna, questo fanciullo che ti manda san Francesco! ».
Ma essa, quasi rifiutando di ricevere colui che avrebbe dovuto presto perdere, ricusava dicendo: « Perché mai dovrei volere questo bambino che so presto dovrà morire al pari degli altri? ».
E l'altra « Prendilo, perché quello che ti manda san Francesco resterà in vita ».
Avendo ripetuto queste parole fra loro per tre volte, la donna infine accolse il bambino fra le braccia.
Subito essa si svegliò e narrò il sogno al marito.
Gioirono insieme, di grande gaudio e moltiplicarono i loro voti per ottenere il figlio.
Compiuto il tempo del parto, finalmente la donna diede alla luce un maschietto, che fiorendo sino al vigore dell'età, compensò i lutti delle precedenti perdite.
[920] 98. Dalle parti di Viterbo c'era una donna, vicina al parto, ma ancor più vicina alla morte, tormentata com'era da dolori viscerali e da ogni genere di disturbi muliebri.
Vennero consultati i medici e chiamate le levatrici, ma poiché costoro non ottenevano nessun risultato, rimaneva sola la disperazione.
La poveretta allora invoca il beato Francesco e tra l'altro promette di celebrare solennemente la sua festa per tutta la vita.
La donna fu subito alleviata nel dolore e portò a termine felicemente il parto.
Ma, ottenuto quanto desiderava, non mantenne la promessa.
Il giorno di san Francesco si recò a lavare i panni, non dimentica, ma piuttosto sprezzante del voto fatto da poco.
All'improvviso fu presa da insolito dolore, e capito il castigo ritornò a casa.
Ma cessato il dolore, essendo essa di quelle che mutano parere dieci volte in un'ora, quando scorge le vicine che accudiscono alle faccende, con temeraria emulazione osa fare peggio di prima.
All'improvviso non riesce più a piegare il braccio destro intento al lavoro, lo sente diventare rigido e paralizzato.
Cerca di sollevarlo con l'altro, ma per eguale maledizione anche quello si paralizza.
La poveretta veniva per ciò alimentata dal figlio, né poteva da sola far nulla.
Si stupì il marito, e riflettendo su quale poteva essere la causa, apprese che la mancata fedeltà a san Francesco era la ragione del tormento.
Allora moglie e marito, presi dal timore, rifecero subito il voto.
Il Santo si impietosì, poiché sempre era misericordioso, e restituì alla donna pentita l'uso delle membra di cui era stata privata quando aveva mancato all'impegno.
In tal maniera, la pena rese nota la colpa e fece sì che la donna divenisse un esempio per tutti coloro che non mantengono i voti, e un ammonimento per coloro che pretendono di violare le feste dei Santi.
[921] 99. Nella città di Tivoli, la moglie di un giudice, dopo aver partorito sei figlie, turbata da eccessivo furore, decise di non avere in futuro rapporti col marito, per non continuare ad avere da questa relazione frutti non graditi.
Non piaceva alla donna mettere al mondo sempre femmine, e delusa nel suo desiderio di un maschio, se la prendeva persino con la volontà di Dio.
Non ci si deve ribellare al giudizio, che per legge di Dio onnipotente, cade sugli uomini.
Essa con indignazione per un anno non si accostò al marito.
Poco dopo ridotta a pentimento, le viene comandato dal suo confessore di riconciliarsi col marito e di domandare al beato Francesco un figlio, a cui avrebbe poi imposto il nome di Francesco, poiché ricevuto grazie ai suoi meriti.
Poco tempo dopo, quella donna concepì, e il Santo che era stato invocato per ottenere un figlio solo le concesse di partorire due gemelli.
Di essi uno fu chiamato Francesco, l'altro Biagio.
[922] 100. Nella città di Le Mans, una signora molto nobile aveva una serva non nobile che, anche nella festa di san Francesco, per ordine della padrona doveva fare i servizi.
La poveretta, più nobile di spirito, rifiutava di lavorare, per rispetto al santo giorno.
Ma prevalse l'umana paura al timore di Dio, e la serva, benché malvolentieri, ubbidì.
Stende le mani alla conocchia, e le dita stringono il fuso; ma subito le mani si irrigidiscono per il dolore e le dita sembrano bruciare per un forte calore.
La colpa fu così resa pubblica attraverso la pena, poiché le dure sofferenze non permisero certo il silenzio.
Si precipitò la serva dai figli di san Francesco, confessò la colpa, mostrò il castigo, e chiese il perdono.
Allora i frati si recarono in processione alla chiesa, implorando la clemenza di san Francesco per la sua salvezza.
All'improvviso, mentre i figli imploravano il Padre, essa guarì, ma nelle sue mani restò il segno della bruciatura.
[923] 101. Nella Campania, avvenne qualcosa di simile.
Una donna, nella vigilia della festa di san Francesco, benché fosse molto spesso rimproverata dalle vicine, perché nemmeno quella festa si asteneva dal lavoro, con ostinazione continuò la sua opera senza tregua, fino alla sera.
Ma dopo la fatica, all'improvviso fu paralizzata alle mani e resa inabile al lavoro.
Si stupisce e si addolora.
Immediatamente si alza e dichiarando che si doveva rispettare la festa solenne che essa aveva disprezzato, fa voto alla presenza di un sacerdote che per sempre avrebbe osservato la festa del Santo.
Fatto questo voto, fu accompagnata ad una chiesa dedicata a san Francesco, ove, fra le lacrime, ricuperò la salute.
102. Nella città Olite una donna, ammonita da una vicina perché rispettasse la festa di san Francesco astenendosi dal lavoro, con eccessiva arroganza rispose: « Se per qualsiasi arte, ci fosse un santo, il numero dei santi sarebbe superiore a quello dei giorni ».
Appena pronunciata la frase, per divino intervento, subito impazzì rimanendo priva della ragione e della memoria per molti giorni, finché per le preghiere elevate a san Francesco da alcuni devoti sparì la sua insania.
[924] 103. Nel paese di Piglio, nella Campania ( di Roma ), nella festa di san Francesco, una donna eseguiva in fretta un suo lavoro.
Rimproverata da una nobildonna, essendo tale festa osservata da tutti con religiosa venerazione, rispose: « Mi manca poco a finire il mio lavoro.
Veda il Signore se commetto una colpa! ».
Subito vide nella figlia, che le sedeva appresso, avverarsi il grave giudizio.
La bocca della bambina si era storta fino alle orecchie e gli occhi uscivano dalle orbite stravolti in modo orribile.
Accorrono donne da ogni parte e imprecano contro l'empietà della madre, causa di disgrazia alla figlia innocente.
Senza indugio essa si getta a terra accasciata dal dolore promettendo di osservare ogni anno il giorno del Santo, e di dar da mangiare, in tale occasione, ai poveri per riverenza a questo Santo.
All'istante cessò il tormento della figlia, quando la madre che aveva peccato, si pentì della sua colpa.
[925] 104. Matteo da Tolentino aveva una figlia di nome Francesca.
Egli, adiratosi non poco perché i frati si trasferivano altrove, decise di chiamare la figlia Mattea, spogliandola del nome di Francesca.
Ma appena privata del nome, la figlia fu privata anche della salute.
Infatti poiché ciò era avvenuto per disprezzo del Padre e per odio dei figli, la giovinetta si ammalò in modo gravissimo tanto da essere in pericolo di morte.
Quell'uomo, tormentato da profondo dolore per le condizioni disperate della figlia e rimproverato dalla moglie per l'odio verso i servi di Dio e per il disprezzo al nome del Santo, per prima cosa ricorse al nome con sollecita devozione e rivestì la figlia del primo titolo, di cui l'aveva spogliata.
Finalmente, portata dal padre in lacrime al luogo dei frati, la fanciulla riebbe insieme al proprio nome anche la salute.
[926] 105. Una donna di Pisa, che non sapeva di essere incinta, mentre nella sua città si cominciava la costruzione di una chiesa dedicata a san Francesco, per tutto il giorno collaborò attivamente all'opera.
Ad essa san Francesco apparve di notte, accompagnato da due frati che camminavano presso di lui, portando due ceri, e le disse: « Ecco, figliola, tu hai concepito e partorirai un figlio.
Sarai assai felice di lui, se gli darai il mio nome ».
Giunse quindi il tempo del parto e generò un figlio.
La suocera allora disse: a Si chiamerà Enrico, in ricordo di quel nostro parente ».
« No, assolutamente, - insisté la madre -, ma si chiamerà invece Francesco! ».
La suocera schernì quel nobile nome, come se fosse volgare.
Passati quindi pochi giorni, il bambino ormai prossimo al battesimo, si indebolì all'improvviso fino quasi a morire
Tutta la famiglia fu presa dal dolore e la gioia si trasformò per loro in angoscia.
La notte però mentre la madre non riusciva a dormire per il dolore, venne come la prima volta san Francesco con due frati e come turbato si rivolse alla donna dicendole: « Non ti avevo detto che non avresti goduto di tuo figlio, se non gli avessi imposto il mio nome? ».
Allora quella incominciò a gridare che non avrebbe imposto al figlio nessun altro nome.
Infine il piccolo guarì, e fu battezzato col nome di Francesco.
Al fanciullino fu pure data la grazia di non piangere e di passare lietamente i suoi anni puerili.
[927] 106. Una donna delle parti di Arezzo in Toscana, dopo aver sopportato per sette giorni il travaglio del parto, ormai livida e disperata da tutti, formulò un voto a san Francesco e la morente incominciò a chiederne l'aiuto.
Appena fatto il voto, subito si addormentò e le apparve san Francesco che chiamandola per nome, Adelasia, le domandava se conoscesse il suo volto.
Essa rispose: « Certo che ti riconosco, Padre ».
Soggiunse il Santo: « Sai recitare "Salve, Regina di misericordia "? ».
Al che essa rispose: « Sì, Padre ».
« Incomincia allora, continuò il Santo, e, prima che finisca, partorirai felicemente ».
Detto ciò il Santo gridò a gran voce e gridando disparve.
A tal grido si sveglia la donna, che tremante cominciò a recitare: Salve Regina.
Arrivata alle parole « quegli occhi tuoi misericordiosi », tosto, non ancora finita l'invocazione, dette alla luce un grazioso bambino, con grande gioia e salute.
[928] 107. In Sicilia, una donna benché sapesse che la festa solenne di san Francesco era imminente, non si curava comunque di astenersi dal lavoro, anzi preparò dinnanzi a sé un mortaio.
Vi mise della farina e cominciò a manipolarla a braccia nude, ma ad un tratto la farina apparve tutta intrisa di sangue.
Vedendo ciò, stupita la donna chiamò le vicine.
Quanto più esse accorrevano a veder lo spettacolo, tanto più aumentava nella massa della farina il fluire del sangue.
Si pentì la donna di quello che aveva fatto e formulò il voto di non iniziare più in avvenire un lavoro manuale nella festa consacrata al Santo.
Confermata così la promessa, il fluire del sangue nella farina cessò.
[929] 108. Mentre era ancora vivo il Santo, una donna incinta che viveva dalle parti di Arezzo, giunto il tempo del parto, era in preda ad un terribile spasimo e rimase per parecchi giorni in questo travaglio.
Il beato Francesco proprio in quel tempo passava di là, diretto verso un eremo, a cavallo, poiché era ammalato.
Mentre tutti aspettavano il suo passaggio per quel luogo, dove si trovava la donna sofferente, il Santo invece era già arrivato all'eremo.
Un frate si trovò a passare, con il cavallo su cui era stato seduto il Santo, proprio per quel villaggio.
Allora gli abitanti, accorgendosi che questi non era san Francesco, rattristati, cominciarono a chiedersi se ci fosse qualcosa che il servo del Signore avesse stretto nella propria mano.
Trovando le briglie del morso, che il Santo aveva stretto in mano, tolsero velocemente il morso dalla bocca del cavallo.
Appena le briglie furono poste sopra la donna, si allontanò ogni pericolo, ed ella partorì con gioia e salute.
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