Leggenda dei tre compagni |
[1415] 16. Gioioso per la visione e le parole del Crocifisso, Francesco si alzò, si fece il segno della croce, poi, salito a cavallo, andò alla città di Foligno portando un pacco di stoffe di diversi colori.
Qui vendette cavallo e merce e tornò subito a San Damiano.
Ritrovò qui il prete, che era molto povero, e dopo avergli baciato le mani con fede e devozione, gli consegnò il denaro.
Cominciò poi a raccontargli per ordine la sua vita.
Il prete stupefatto, meravigliandosi per una conversione così improvvisa, ricusava di credervi.
E, temendo di esser preso in giro, non volle ricevere quei soldi.
Francesco insisteva, sforzandosi di dare credibilità al proprio racconto e supplicando il sacerdote di lasciarlo abitare insieme con lui.
Finalmente quello si arrese alla seconda richiesta, ma, per timore dei parenti del giovane, non accettò il denaro.
Allora Francesco, da sincero disprezzatore della ricchezza, buttò sul davanzale d'una finestra quelle monete, come non fossero che una manciata di polvere.
[1416] Mentre prolungava il soggiorno in quel luogo, suo padre, preoccupato, andava cercando dove mai fosse finito il figlio.
Venne così a sapere che, completamente trasformato, abitava presso San Damiano.
L'uomo ne fu profondamente addolorato e, sconvolto da quell'incredibile voltafaccia del figlio, chiamò amici e vicini e in tutta furia si precipitò a San Damiano.
Francesco, divenuto ormai cavaliere di Cristo, com'ebbe appreso che i suoi lo minacciavano, presentendone l'irruzione, per schivare la violenta ira paterna, andò a rifugiarsi in una caverna segreta, che aveva appositamente preparato, e vi restò nascosto un mese intero.
La caverna era conosciuta da un solo membro della famiglia.
Costui portava di quando in quando al sequestrato volontario del cibo, che consumava senza farsi vedere.
E pregava con abbondanti lacrime che il Signore lo liberasse da quella persecuzione e amorevolmente lo aiutasse a realizzare le sue aspirazioni.
[1417] 17. In digiuno e pianto, supplicava con insistenza il Signore.
Diffidava delle sue virtù e risorse, abbandonando ogni sua speranza in Dio, il quale, in quel periodo ch'era come sepolto vivo, lo ricolmava di ineffabile gioia e lo illuminava con luci stupende.
Finché un giorno, infuocato di entusiasmo, lasciò la caverna e si mise in cammino verso Assisi, vivace, lesto e gaio.
Armato di fiducia in Cristo e acceso di amore celeste, rinfacciava a se stesso la codardia e la vana trepidazione, e con audacia decise di esporsi alle mani e ai colpi dei persecutori.
Al primo vederlo, quelli che lo conoscevano com'era prima, presero a insultarlo, gridando ch'era un pazzo e un insensato, gettandogli fango e sassi.
Vedendolo così mutato, sfinito dalle penitenze, attribuivano ad esaurimento e demenza il suo cambiamento.
Ma il cavaliere di Cristo passava in mezzo a quella tempesta senza farci caso, non lasciandosi colpire e agitare dalle ingiurie, rendendo invece grazie a Dio.
Si diffuse per le piazze e le vie della città la notizia di quanto succedeva, finché venne agli orecchi del padre.
Sentito come lo maltrattavano, egli uscì immediatamente a prenderlo, con l'intenzione non di liberarlo, ma di finirla.
Fuori di sé, gli si avventò contro come un lupo sulla pecora, e fissandolo con occhio torvo e con la faccia contratta dal furore, lo afferrò e trascinò fino a casa.
Qui lo rinchiuse in un bugigattolo oscuro per più giorni, facendo di tutto, a parole e a botte, per ricondurlo alla vanità mondana.
[1418] 18. Francesco non si lasciò smuovere né dalle parole, né dalle catene, né dalle percosse.
Sopportava tutto con pazienza, diventando anzi più agile e forte nel seguire il suo ideale.
Senonché il padre fu costretto a partire da casa per un affare urgente, sicché il prigioniero restava solo con sua madre.
Questa, non approvando il modo di fare del marito, rivolgeva al figlio discorsi affettuosi, senza pero riuscire a stornarlo dai suoi propositi.
Vinta dall'amore materno, un giorno essa ruppe le catene e gli permise di andar via libero.
Francesco rese grazie a Dio onnipotente, e tornò al luogo dove era stato prima.
Si muoveva adesso con più libertà, dopo essere stato allenato dalle tentazioni dei demoni e ammaestrato dalle avversità; le malversazioni lo avevano reso più sicuro, più libero, più magnanimo.
Quando il padre rincasò, non trovandovi più il figlio, se la prese con la moglie, aggiungendo in tal modo peccato a peccato.
[1419] 19. Pietro andò di corsa al palazzo del comune a protestare contro il figlio davanti ai consoli, chiedendo il loro intervento per obbligare Francesco a restituire il denaro preso in casa.
I consoli, vedendolo così sottosopra, per mezzo di un araldo inviarono al giovane un mandato di comparizione.
Ma lui rispose all'araldo di essere libero per grazia di Dio, e di non essere più sotto la giurisdizione dei consoli, dal momento ch'era servo del solo Dio altissimo.
Non volendo ricorrere alla violenza, i consoli dissero a Pietro: " Dato che tuo figlio si è consacrato al servizio di Dio, non è più sotto la nostra giurisdizione ".
Constatando che il suo ricorso ai consoli si concludeva in un nulla, egli andò a sporgere querela davanti al vescovo della città.
Questi, da persona discreta e saggia, chiamò Francesco con i modi dovuti, affinché venisse a rispondere alla querela del genitore.
Il giovane rispose al messaggero: "Da messer vescovo ci vengo, poiché egli è padre e signore delle anime".
Venne dunque all'episcopio, e fu ricevuto dal pastore con grande gioia.
Il vescovo gli disse: "Tuo padre è arrabbiato con te e molto alterato per causa tua.
Se vuoi essere servo di Dio, restituiscigli i soldi che hai, oltretutto è ricchezza forse di mal acquisto, e Dio non vuole che tu spenda a beneficio della Chiesa i guadagni del padre tuo.
La sua collera sbollirà, se recupera il denaro.
Abbi fiducia nel Signore, figlio mio, e agisci con coraggio.
Non temere, poiché l'Altissimo sarà tuo soccorritore, e ti largirà in abbondanza quanto sarà necessario per la sua Chiesa".
20. L'uomo di Dio si alzò, lieto e confortato dalle parole del vescovo, e traendo fuori i soldi, disse: "Messere, non soltanto il denaro ricavato vendendo la sua roba, ma gli restituirò di tutto cuore anche i vestiti".
Entrò in una camera, si spogliò completamente, depose sui vestiti il gruzzolo, e uscendo nudo alla presenza del vescovo, del padre e degli astanti, disse: "Ascoltate tutti e cercate di capirmi.
Finora ho chiamato Pietro di Bernardone padre mio.
Ma dal momento che ho deciso di servire Dio, gli rendo il denaro che tanto lo tormenta e tutti gl'indumenti avuti da lui.
'ora in poi voglio dire: "Padre nostro, che sei nei cieli", non più "padre mio Pietro di Bernardone"
I presenti videro che l'uomo di Dio portava sulla carne, sotto begli abiti colorati, un cilicio.
Addolorato e infuriato, Pietro si alzò, prese denari e vestiti, e se li portò a casa.
Quelli che assistevano alla scena, rimasero indignati contro di lui, che non lasciava al figlio nemmeno di che vestirsi.
E presi da compassione, piangevano su Francesco.
Il vescovo, considerando attentamente l'uomo santo e ammirando tanto slancio e intrepidezza, aprì le braccia e lo coprì con il suo mantello.
Aveva capito chiaramente ch'egli agiva per ispirazione divina e che l'accaduto conteneva un presagio misterioso.
Da quel giorno diventò suo protettore.
Lo esortava e incitava, lo dirigeva e amava con affetto grande.
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