Specchio di perfezione |
[1789] 113. Francesco aveva un così grande fervore di amore e compassione verso i dolori e la passione di Cristo, e tanto ogni giorno se ne affliggeva intimamente ed esteriormente, che non faceva caso alle proprie malattie.
Per lunghi anni e fino alla morte ebbe a patire mali di stomaco, di fegato e di milza; inoltre, da quando era tornato d'oltremare, soffriva continuamente forti dolori agli occhi; mai volle pero darsi premura di farsi curare.
Il cardinale di Ostia, vedendo che Francesco era ed era stato sempre così duro verso il suo corpo e che ormai cominciava a perdere la vista e non voleva sottoporsi a cure lo esortò con viva pietà e compassione, dicendo: « Fratello non fai bene a non curarti, poiché la tua vita e la tua salute sono molto utili ai frati, alla gente e a tutta la Chiesa.
Se tu hai compassione dei tuoi fratelli ammalati, e sempre sei stato con loro affettuoso e compassionevole, non devi in questa tua grave infermità essere spietato con te stesso.
E quindi ti comando di farti curare e soccorrere ».
Infatti il padre santo ciò che era amaro al suo corpo, sempre l'accoglieva come fosse dolce, traendo dall'umiltà e dagli esempi del Figlio di Dio immensa incessante soavità.
[1790] 114. Una volta, poco tempo dopo la conversione, Francesco camminava solo per la via, nelle vicinanze della chiesa di Santa Maria della Porziuncola, e piangeva e gemeva ad alta voce.
Un uomo di viva spiritualità gli mosse incontro e, temendo soffrisse di qualche malattia, gli chiese: « Che hai, fratello? ».
Egli rispose: « Io dovrei percorrere così, senza vergogna, tutto il mondo, piangendo la passione del mio Signore ».
Allora quello cominciò a gemere e a lacrimare forte insieme con Francesco.
Noi abbiamo conosciuto quest'uomo, e abbiamo saputo l'episodio da lui stesso.
Egli fu di grande consolazione e usò bontà al beato Francesco e a noi suoi compagni.
[1791] 115. Inebriato d'amore per Cristo, la cui passione condivideva, Francesco faceva talvolta così: la dolcissima melodia che gli zampillava dal cuore, si esprimeva in lingua francese, e il ruscello della voce divina che gli sussurrava nell'intimo erompeva in cantici francesi.
A volte raccattava da terra un pezzo di legno, lo posava sul braccio sinistro, prendeva nella destra un altro bastoncino e lo passava su quello, a modo dell'archetto d'una viola o d'altro strumento, facendo gesti appropriati, e così accompagnava, cantandole in francese, le lodi del Signore Gesù.
Ma questo tripudio finiva in lacrime, e il giubilo si scioglieva in compianto per la passione di Cristo.
Tra le lacrime emetteva continui sospiri e, raddoppiando i gemiti, dimentico di quello che teneva tra le mani, era come rapito nel cielo.
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