Specchio di perfezione

Parte decima - Come la divina Provvidenza lo aiutò nelle necessità esteriori

111. Come il Signore provvide ai frati che sedevano a povera mensa con il medico

[1810] 134. Francesco dimorava nell'eremo di Fonte Colombo, presso Rieti, ed essendo malato di occhi, un medico venne un giorno a visitarlo.

L'oculista si trattenne un certo tempo e, al momento che stava per andarsene, Francesco si rivolse a uno dei compagni: « Andate e date da mangiare bene al medico ».

Gli rispose: « Padre, ci dispiace dirtelo: ma siamo adesso tanto poveri, che ci vergogniamo di invitarlo a mangiare ».

Rispose il Santo ai compagni: « O uomini di poca fede, non me lo fate ripetere! ».

Intervenne il medico: « Fratello, per il fatto che sono poveri frati, più volentieri ci tengo a mangiare con loro ».

Quel medico era molto ricco, e, sebbene fosse stato varie volte invitato da Francesco e dai compagni, non aveva mai voluto mangiare con loro.

I frati andarono a preparare la mensa e, vergognandosi, vi posero un po' di pane e vino e dei legumi che avevano preparato per sé.

Sedutisi alla mensa poverella, avevano appena cominciato a mangiare, che sentirono bussare alla porta del luogo.

Uno dei frati si alzò e andò ad aprire: c'era una donna con un canestro pieno di bel pane e pesce, un pasticcio di gamberi, miele e uva, che la signora di un castello distante da quel luogo quasi sette miglia, mandava in dono a Francesco.

Vedendo questo, i frati e il medico rimasero attoniti, e si rallegrarono considerando la santità di Francesco, tutto attribuendo ai meriti di lui.

Disse il medico: « Cari fratelli né voi, come pur dovreste, né noi conosciamo la santità di quest'uomo ».

112. Del pesce che desiderava durante la sua malattia

[1811] 135. In altra occasione, quando era gravemente infermo nel palazzo vescovile di Assisi, i frati lo pregavano di mangiare.

Francesco rispose: « Non ho voglia di mangiare; se però avessi di quel pesce che si chiama squalo, forse lo mangerei ».

Ebbe appena espresso questo desiderio, che si fece avanti un tale con un canestro dove erano, ben cucinati, tre grandi squali, e pasticci di gamberi, che il Santo mangiava volentieri.

Glieli inviava frate Gerardo, ministro a Rieti.

I frati ammirarono la divina Provvidenza, lodando il Signore che aveva provveduto al suo servo un alimento che, essendo inverno, non era possibile trovare in Assisi.

113. Del cibo e del panno che, presso a morire, egli desiderava

[1812] 136. Stava il Santo, infermo dell'ultima malattia che lo portò a morte, nel luogo di Santa Maria degli Angeli.

Un giorno chiamò i suoi compagni e disse loro: « Voi sapete come Donna Jacopa de Settesoli è vivamente devota a me e al nostro Ordine.

Credo perciò ch'ella considererà grande favore e consolazione se la informiamo del mio stato.

Domandatele specialmente che mi faccia avere del panno monacale color cenere e, insieme, mi mandi anche di quel dolce che a Roma preparò per me più volte ».

I romani chiamano quel dolce: mostaccioli, ed è fatto di mandorle, zucchero e altri ingredienti.

Quella nobildonna era molto religiosa, una delle vedove più nobili e ricche di Roma.

Per i meriti e la predicazione di Francesco, aveva ricevuto dal Signore la grazia di emulare, nelle lacrime e nel fervore, nell'amore e nell'appassionata dedizione a Cristo, Maria Maddalena.

Scrissero dunque una lettera come aveva detto il Santo; e un frate andava cercando un compagno che recapitasse alla nobildonna la lettera, quando fu picchiato alla porta del luogo.

Un frate aprì, ed ecco, lì in persona, Donna Jacopa, venuta con gran fretta a visitare Francesco.

Un frate la riconobbe e si recò immediatamente da Francesco, annunziandogli con grande gioia che Donna Jacopa era venuta da Roma con suo figlio e molto seguito a fargli visita.

Soggiunse: « Cosa facciamo, padre? Possiamo lasciarla entrare da te? ».

Disse questo, perché per volontà di Francesco era stato deciso che in quel luogo, per preservarne il decoro e il raccoglimento, non vi entrasse alcuna donna.

Ma il Santo disse: « Tale regola non va osservata per questa nobildonna, che una grande fede e devozione ha fatto accorrere qui da tanto lontano ».

Così Donna Jacopa entrò dal beato Francesco, scoppiando in lacrime davanti a lui.

E, cosa mirabile, portava con sé il panno mortuario, color cenere, per fare una tonaca, e le altre cose contenute nella lettera, come se l'avesse ricevuta in antecedenza.

La signora disse ai frati: « Fratelli miei, mentre pregavo ebbi questa ispirazione: – Va' a visitare il tuo padre Francesco; affrettati, non indugiare; ché, tardando, non lo troveresti più vivo.

E portagli il tale panno per la tonaca e tali altre cose, per fargli quel dolce.

Inoltre, porta con te gran quantità di cera per farne delle candele, e anche dell'incenso – ».

Questo, tranne che l'incenso, era annotato nella lettera che si stava per recapitarle.

E così avvenne che Colui, il quale ispirò ai re Magi di andare con doni a onorare il Figlio suo nel giorno della sua nascita, ispirò anche a quella nobile e santa signora di recarsi con doni a onorare il suo dilettissimo servo nei giorni della sua morte, o meglio della sua vera nascita.

Preparò quella signora il cibo che il Santo desiderava mangiare, ma egli ne mangiò ben poco, perché sempre più gli mancavano le forze e si avvicinava alla morte.

Fece fare anche molte candele che, dopo la morte del Santo, ardessero intorno alla sua salma; e con il panno, i frati confezionarono la tonaca con la quale venne sepolto.

Francesco stesso ordinò ai frati di cucirgli del sacco sulla veste che portava, in segno ed esempio di umiltà e di sovrana povertà.

E in quella settimana in cui era venuta Donna Jacopa, il nostro santissimo padre migrò al Signore.

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